LA FEDE FONDAMENTO DELLA SANTITÀ

17 novembre 1918
Quad. XIV, 12-13
Fede fondamento della santità
La S. Volontà di Dio a nostro riguardo vuole che ci facciamo san­ti: Haec est voluntas Dei sanctificatio vestra; — Sancti estote quia ego sanctus sum: - Estote perfecti...
È questo il fine primario del nostro istituto. Non siete qui venuti per ...; ma per farvi santi; allora e solamente allora adempirete bene al secondo fine di...
Ora la Santità, dice S. Agostino, è simile ad una casa materiale, che chi vuol fabbricare, deve porvi un buon fondamento, poi su di esso con materiale ben ordinato porvi un piano, due ecc., finché si giunga al tetto; allora si copre e si perfeziona tutto l'edifizio da basso in alto. Co­sì nella nostra santità e perfezione. Fondamento è la virtù della fede, si erige colla speranza e si perfeziona colla carità: Domus Dei credendo fundatur, sperando erigitur, diligendo solidatur (V. Quad. VIII, p. 4).
La virtù della fede è necessaria per piacere a Dio e salvarci: Sine fi­de impossibile est placere Deo. Questa fede senza alcun nostro merito la ricevemmo nel S. Battesimo, che ci ricostituì nell'ordine soprannatu­rale, in cui erano i nostri primi padri prima del peccato originale. Que­sta fede dovrete infondere in tanti milioni di pagani che ancor non l'hanno, e quindi non entrati nell'ordine soprannaturale, restano esclu­si dal paradiso: Nisi quis renatus fueritecc. Vedete preziosità della S. Fede per noi e per gli altri; e voi fortunati per questa missione.
Ma specialmente per noi è necessaria la Fede, non solo come abito ricevuto nel S. Battesimo; ma perfezionata cogli atti che rendono ognor più formata la virtù. S. Paolo, raccomandava la fede al suo Timoteo:
Tu, o homo Dei sectare fidem; mantenerla e perfezionarla.
Come possiamo ciò fare in noi? Con due mezzi:
1) Essendo la fede un dono di Dio, dobbiamo domandarla frequentemente a Dio: Adauge fidem: ... da fidei augmentum... Credo Domine, sed adjuva incredulitatem meam (l.cit.). Es. S. Pietro M. S. Agostino esorta a recitare spesso e bene il Credo, che contiene le verità della fede come tante perle preziose (Bruno p. 5). S. Antonio abate mo­rendo a' suoi discepoli che si aspettavano tanti ricordi, raccomandava di stare fermi nella fede.
2) Amare le verità della fede, studiarne la bellezza, la ragionevolez­za, i benefici che ne derivano pel tempo e per l'eternità (l. cit.). Ma stu­diare queste verità con umiltà, con semplicità e sotto la guida della S. Chiesa.- Per mancanza a)l’umiltà abbandonarono la fede gli eretici di tutti i tempi fino ai modernisti (V. Quad. IV p. 9).
L'infelice Lamenais [= Lamennais] diceva: La Chiesa ha bisogno di me! Ben dice l'Imitazione: Quid prodest tibi alta de Trinitate... (V. i tre principi), b) Semplicità. S. Agostino:Surgunt indocti, et rapiunt regnum coelorum, et nobis cum nostra doctrina relinquitur terra. Fidei obbiectum est in intellectu uti verum; sed in voluntate ut imperante. Non la ragione, ma la volontà ci determina a credere (S. Tomm.). S. Anselmo: non bramo intendere per credere, ma credo per intendere. Ed Isaia: Nisi credideritis, non intelligetis. Non erano semplici gli scribi ed i farisei, che volevano prendere in parola il Divin Redentore e non pote­rono credere. Es. della vecchia di S. Bonaventura, e del fanciullo di S. Agostino. I giovani mancano per lo più di questa semplicità col prurito di sofisticare, disputare, e tutto capire delle verità della fede. Si studii pure e profondamente, ma non si voglia scrutare l'essenza dei misteri:
bastano i motivi di credibilità, e specialmente l'autorità della S. Chiesa. - c) Il nostro studio potrà fornirci una fede teologica, ma non cattolica, se non crediamo perché propostaci dalla Chiesa (V. Schouppe, De fide). S. Ignazio ne' suoi Esercizi dà le norme per sentire colla Chiesa. Le nostre Costituzioni al N. 36 ci dicon come dobbiamo essere osse­quenti al Papa. Non così fanno tanti laici ed anche preti in riguardo al Sommo Pontefice. Imbevuti da giornali liberali, da libri infetti di mo­dernismo, rimproverano al Papa di occuparsi di politica, quasi questa pure non dovesse essere regolata dalla giustizia e dalla carità, quindi dalla religione e da chi n 'è il capo. Costoro trovano pure a ridire sulle speciali devozioni lodate dalla Chiesa e sulle prescrizioni del S. Pontefi­ce.Hos devita... Nec ave dixeritis.
P.P. Albertone, quad. VII, 67-69
Conferenza del 17 Novembre 1918 ai Chierici
Fuori fanno l'obbiezione se il Papa possa mischiarsi in politica; dicono il Papa ha il potere spirituale, dunque si occupi solo di quello, e lasci al Governo il potere temporale. Leggerete qualche pezzo su questo giornale (La voce dell'operaio) risponde molto bene alle obbiezioni che fanno.
Parliamo un momentino di cose che ci facciano del bene. Vedete, noi bi­sogna che pensiamo a farci santi, e abbiamo poco tempo; tempus breve est. Bisogna proprio che ci mettiamo di buona lena, e che ci aiutiamo a farci santi.
Vi ho già detto in che cosa consiste fare la volontà di Dio, e come faccia­mo a conoscere se adempiamo la volontà di Dio (adesso vediamo quale sia la volontà di Dio) a nostro riguardo. Haec est voluntas Dei sanctificatio vestra; e il Signore dice in un altro posto: «Estote sancti sicut ego» e altrove: «Estote perfecti sicut Pater vester perfectus est». Con questo vuole davvero che ci fac­ciamo santi. Questa santità S. Agostino la paragona ad una casa. Dice così:
Per fabbricare una casa bisogna che si pensi prima alle fondamenta, al mate­riale per costruirla, alle finestre, ecc... E per la santità che la chiama: «Domus Dei» dice che ci vogliono anche queste tre cose. Per le fondamenta vuole la fe­de; come materiale per costruire la speranza, tutto il resto poi che resta il com­pimento della casa è la carità. Dice queste belle parole: «Domus Dei (la santi­tà) credendo fundatur, sperando erigitur, diligendo solidatur». La fede è il fondamento della santità, e perciò di ogni virtù. Ma come va che certe volte diciamo che l'umiltà è il fondamento delle virtù?.... Diciamo bene che l'umil­tà è il fondamento delle virtù, ma il fondamento negativo; invece la fede è fon­damento positivo. Quando si fabbrica una casa prima si scava: questo è fon­damento negativo, che è rappresentato dall'umiltà; invece la fede rappresenta il materiale solido positivo che si mette entro lo scavo: «edificata supra firmam petram...».
Questo per dimostrare che la fede in noi è necessaria. È necessaria a tutti i Cristiani: «sine fide impossibile est placere Deo». È necessaria insieme al Bat­tesimo, quindi i pagani che non hanno la fede sono fuori della Chiesa. È la fe­de per mezzo del Battesimo che ci mette nell'ordine soprannaturale. I nostri primi Padri erano stati creati nell'ordine soprannaturale, ma poi sono caduti, e perciò di loro si dice che erano stati «vulnerati in naturalibus»; invece noi nasciamo senza la grazia, ma per mezzo della fede col Battesimo siamo rimessi nell'ordine soprannaturale. Dunque per salvarci ci vuole la Fede. Ma bisogna fare distinzione tra la fede che devono avere i semplici cristiani e la fede per di­ventare Sacerdoti.
S. Paolo scrivendo a Timoteo gli dice: «Tu autem homo Dei, sedare fidem» - Tu che sei Sacerdote, un uomo di Dio, guarda di avere fede viva. Ora, come fare per avere questa fede? Sono due i mezzi per poter mantenere e per­fezionare la fede in noi. Prima di tutto è un dono di Dio, quindi bisogna do­mandarlo. N. Signore ci ha fatto vedere la necessità che abbiamo di domanda­re la fede. Prima di cacciare il demonio dal figlio di quell'uomo ha voluto che credesse; e colui ha detto: «Credo, sed adjuva incredulitatem meam . Credo, ma ancora poco...». Così noi dobbiamo dire sovente al Signore: Signore, aiu­tami a credere; se credessi proprio, farei diverso. Altre volte si può dire: «Adauge nobis fidem! Son freddo...». Altre volte: «Da fidei augmentum», come ci fa dire in qualche Oremus la Chiesa. S. Agostino si dilettava a ripetere il Credo parola per parola. S. Antonio ai suoi alunni parlava sempre della fede — guardate la fede dei martiri, ecc. E gli altri si stuccavano, e tuttavia S. An­tonio che ne conosceva l'importanza, ripeteva sempre: Ravvivate la fede! non parlava d'altro.
Dunque prima cosa bisogna domandarla al Signore, e cercare di posse­derla come certa gente di campagna che la sentono proprio, e anche come i no­stri neri laggiù; i nostri Missionari dicono che qualcuno ha fede viva.
Secondo mezzo: Studiare le verità della fede, e studiarne la ragionevolez­za, i benefizi. Nello studiare poi bisogna studiare con umiltà, con semplicità, e con subordinazione. Con umiltà. Dice bene l'Imitazione: Quid prodest alta de Trinitate... e così altre frasi di seguito. Vi raccomando di leggere bene i tre pri­mi capitoli di questo libro, servono tanto bene al nostro scopo. Li leggete tan­te volte in Refettorio; non dimenticateli. Mons. Gastaldi li faceva studiare a memoria; io li ho studiati. Guardate, tutti gli eresiarchi, dai primi secoli della Chiesa fino ai nostri modernisti hanno perso la fede, perché mancavano di umiltà.
Con semplicità. S. Agostino diceva: «Surgunt indocti, et rapiunt regnum coelorum, et nobis cum nostra doctrina relinquitur terra». E S. Anselmo dice­va: «Non bramo intendere per credere, ma credo per intendere». Già Isaia di­ceva: «Nisi credideritis non intelligetis». Certo non bisogna credere senza au­torità, e anche senza ragioni, ma sempre in questo senso, ossia quando vi sono ragioni per credere, e uno è verace, allora si crede. Ma ci vuol semplicità. N. Signore ha detto: «Confiteor tibi, Pater, quia abscondisti haec a sapientibus et prudentibus et revelasti ea parvulis». S. Tommaso dice così: La fede non è so­lo nell'intelletto, ma anche nella volontà, e non la ragione ma la volontà ci determina a credere.
Quindi vedete gli Scribi ed i Farisei che non avevano questa semplicità, non avevano neppure la fede, e non l'hanno avuta mai. Ci vuole semplicità per ottenere di poter credere. Sapete che S. Agostino in mezzo ai suoi studi un giorno è andato a passeggio sulla riva del mare, e vide un bambino che con un cucchiaio voleva mettere l'acqua del mare in un buco. S. Agostino ha osserva­to e poi gli ha domandato: Che cosa fai? - Voglio mettere l'acqua del mare in questo buco. -Impossibile!!!... -Eppure, rispose il bambino, [è più facile] che io faccia stare tutta l'acqua del mare in questo buco che tu possa intendere il mistero della SS. Trinità. Lui che era filosofo profondo cercava di capire più che poteva; e N. Signore gli ha mandato questo miracolo. È andato a casa... e avrà mica più cercato di capire dove non poteva... Vedete, S. Bonaventura a quella vecchierella che gli aveva detto: «O fortunato, perché potete convertire tante anime!...» egli ha risposto: «O vecchierella, vai più la tua fede che frate Bonaventura».
Siamo semplici!... Non perché vediamo una reliquia, subito dubitare che non sia vera. Se è autentica!... Dunque si può venerare. Se per caso poi non fosse vera per sbaglio... eh ! !... la venerazione va lo stesso al santo che si inten­deva venerare. Se si dubita così allora si può dubitare persino di essere battez­zato. Abbiamo poi la Chiesa che definisce ciò che è di fede, e la dottrina degli altri Teologi. La fede è Cattolica: Credo perché la Chiesa Cattolica me lo pro­pone a credere; questo c'è anche sulla definizione del Catechismo. S. Ignazio nei suoi Esercizi Spirituali dà le regole per sentire colla Chiesa, e di queste i Gesuiti hanno fatto profitto rimanendo sempre attaccati alla Chiesa. Noi poi nelle nostre regole abbiamo anche queste parole: (legge sulle Costituzioni l'ar­ticolo 36 al C.X.). Non potevano dire di più, perché tutto l'Istituto e ogni indi­viduo sia attaccato alla S. Sede. «Ubi Petrus ibi Ecclesia». Chi non sta attac­cato alla Chiesa è impossibile che stia attaccato; si staccherà da sé. Quindi cer­ta gente ai nostri tempi, che vogliono sempre parlar male del Papa, che lui non deve entrare in politica. Costoro vogliono sempre dire qualcosa, e non pensa­no che anche in queste cose il Papa ha un'assistenza particolare. Anche nelle cose di pietà certuni trovano da criticare, ed è perché mancano o d'umiltà, o di semplicità, o di subordinazione. Questa gente che sentono o dicono male del Papa bisogna evitarli. E poi non aver il vizio di ascoltare e di voler andare a cercare troppo; certuni studiano Teologia, ma vogliono sapere anche quello che non devono, hanno sempre qualche obiezione da fare contro.
D. Cafasso una volta passeggiava sul piazzale di S. Ignazio parlando con D. Bosco, il quale gli fece una questione sul piccolo numero degli eletti. E D. Cafasso gli ha risposto secco: Non farmi mai più di queste obbiezioni. Lo raccontava poi D. Bosco e mi pare di averlo sentito dalla sua stessa bocca. Non plus sapere quam oportet sapere, sed sapere ad sobrietatem.
Nella scuola il Professore deve mai fare obbiezioni, e voi fatene mai, per­ché o è roba che studierete dopo, o che non avete studiato; andatela a studia­re. Una volta c'era un Convittore che voleva sempre fare obbiezioni. E Mons. Bertagna un giorno dopo fatto un caso dice con gravità: Adesso sentiamo il tale... Gli ha fatto andar via la voglia di fare questioni. Questo è cattivo vezzo:
Appena imparata una cosa, subito voler sapere il contrario. Studia la verità: non hai ancora imparato una cosa, e vuoi già fare le obiezioni contro. Solo S. Tommaso nella sua Somma Teologica che prima mette le obiezioni e le spiega, e poi mette la tesi. In nessuna materia non lasciatevi mai prendere da questo cattivo vizio, perché allora non si ha più fede viva.
Dunque studiate con umiltà, con semplicità e con subordinazione alla leg­ge della Chiesa. Certe volte si vedono nelle chiese certe donnicciuole che pre­gano con fede... al Signore piace questo; invece noi ci lasciamo perdere.
giuseppeallamano.consolata.org