«DE PROFUNDIS» — ATTO EROICO BENEFATTORI DEFUNTI

2 novembre 1919
Quad. XV, 12
(2 Nov. 1919)
De profundis (V. Quad. XII, p. 20)
Atto eroico (V. Anima Santa p. 575-7)
Storia dei benefattori principali
P.V. Merlo Pich, quad. 15-18
2 Novembre 1919
... Ognuno deve cercare di guadagnare indulgenze più che può per le ani­me del Purgatorio. Ne abbiamo tante da suffragare! Prima di tutto i parenti, quelli che hanno partecipato alla nostra nascita, al nostro Battesimo, alla no­stra Cresima (io l'ho ricevuta da Mons. Balma che poi è stato Arcivescovo di Sardegna) e poi via via; i superiori che ho avuto in collegio, in Seminario, quelli che hanno assistito alla mia prima Messa, tutti i miei predecessori nel convitto e alla Consolata, tutti i convittori che son passati di là, fino ai frati più antichi che sono stati alla Consolata. Son 39 anni che celebro Messa per il mio predecessore Teol. Golzio: egli non ne ha più bisogno, ma se ne serve a li­berare quelle anime che vuol lui...
Poi veniamo ai nostri benefattori: quanti ne abbiamo! Tutti i 15 mila ab­bonati, e poi... noi viviamo tutto della carità dei benefattori, quindi hanno diritto che noi li soccorriamo. L'ing. Felizzati che mi ha lasciato tutto quello che aveva. Mons. De Michelis che mi ha lasciato la villa di Rivoli e la Consolatina... e il Teol. Di Robilant! Mi ha lasciato 2 cascine, la sua biblioteca, e il calice del Card. Alimonda che ho già fatto vedere a qualcheduno. Sapete com'è andato? Io andavo tutte le settimane in casa sua per obbligo del mio mi­nistero e questo sant'uomo non mi ha mai detto niente. Ma godeva tanto dei principi dell'Istituto, e ne parlava a tutti. Una volta è andata da lui una perso­na, ed egli le parlò dell'Istituto; ed essa rispose: «È un fuoco di paglia! E un'opera troppo colossale». «Ma come! ha detto il Teol. Di Robilant quando è andata via, è una opera di gloria di Dio, e dobbiamo aiutarla». Ha doman­dato a sua madre un foglio di carta e ha fatto testamento in cui mi lasciava tut­ta questa bella roba. Ma io non ho mai saputo niente, anzi dopo non parlava più tanto... Vedete il Signore come si serve di tutto per i suoi fini!... Quando è morto, i fratelli hanno voluto vedere il testamento; io mi son ritirato in un' al­tra stanza, ed essi mi chiamano, e mi dicono che aveva lasciato per me tutto quello. Ma mi pareva un po' indelicato: siccome io andavo sempre là pareva che io lo avessi indotto a far questo. E siccome ho per massima che l'Istituto più che di denari ha bisogno di stima, di buona fama; che non sembrasse ch'io andassi a cercare di qua e di là... che cosa ho fatto? Ho detto: Accetto il cali­ce, accetto la biblioteca; ma le due cascine non le accetto; ho preso un notaio, e ho fatto la rinuncia. Il Cardinale è stato lì, quando gliel'ho detto, ma io gli ho esposto i motivi... Ma poi i fratelli, e la contessa sua madre non eran tran­quilli di questa roba; e uno diceva: «E vero che ha rinunciato; ma la volontà del Teologo era quella...» e l'altro: «Ma sicuro! » e me le hanno di nuovo of­ferte. Un fratello ha comperato le due cascine e mi ha portato i rispettivi. Io non ho più rifiutato; ma siccome c'è un fratello che non può possedere, ho detto: «l'interesse sarà di questo fratello finché vive». Ed egli viene tutti gli anni a trovarmi ed io gli dò i coupons. E neppure ho mai pensato che muoia un giorno prima per non più dargli gl'interessi!... Vedete che il Signore ci pen­sa: basta non essere attaccati alla roba!... Ed intanto questo ha fatto buona impressione in tutta la parentela che è numerosa: i Di Robilant; Gazelli... e ci abbiamo guadagnato ancor di più.
Ma dunque di tutti questi benefattori bisogna che ci ricordiamo, bisogna che siamo riconoscenti. È vero che questo Teologo è su vicino ai Serafini, tut­tavia bisogna che ci ricordiamo di lui e della brava contessa sua madre...
giuseppeallamano.consolata.org