DOVERI DEI SUPERIORI E DEI SUDDITI

12 settembre 1920
Quad. XV, 26- 28
(12 Sett. 1920)
Doveri dei Superiori e dei sudditi
I.
Nei passati giorni la S. Chiesa agli obbligati al S. Breviario fece leggere il libro di Giobbe. Si legge nel primo capo che aveva sette figli e tre figlie, i quali già divisi, per l'affetto che si portavano s'invitavano successivamente a convivio. Il Santo uomo era contento del buon ac­cordo, e li benediceva, anzi offeriva a Dio sacrificio per ciascuno di lo­ro pel timore che avessero in qualche cosa, di parole od opere fatto qualche peccato: Sanctificabat illos... offerebat holocausta pro singulis..., ne forte peccaverint filii mei. Nello stesso modo si regolano con voi i vostri Superiori, io specialmente lontano da voi. Preghiamo, vi be­nediciamo, e specialmente vi raccomandiamo nella S. Messa, perché non offendiate il Signore, e se in qualche cosa aveste mancato ai vostri doveri il buon Dio vi dia lume e grazia di emendarvi, e ne sia placato. Questo il mio pensiero durante la vostra campagna di S. Ignazio; e que­sto pure è il mio dovere durante l'anno. I Superiori devono pregare pei loro soggetti, ed è il primo dovere; raccomandarvi allo Spirito Santo ed ai SS. Angeli Custodi. Il S. Spirito vi darà il dono della fortezza per vincere le difficoltà della vostra santificazione, per combattere i vostri difetti quotidiani, come il dono della pietà per riuscire veri uomini di orazione. I Santi Angeli poi pregati dai Superiori faranno le loro parti quando essi non possono conoscere e fare per voi, colle loro ispirazioni ed anche rimproveri.
Ecco il primo dovere dei Superiori; pregare pei sudditi. Ma non basta devono anche invigilare e correggere. S. Paolo poneva sopra ogni dovere la sollecitudine omnium Ecclesiarum. Guai al Superiore che non tiene continuamente aperti gli occhi sulla propria Comunità e sui singo-
li individui. È questo il grave dovere dei Superiori, dal quale dipende la vita e la floridezza di un istituto, come la decadenza delle Congregazio­ni. Fatto di D. Robella, espresso da Mons. Gastaldi al C. Allumano nell'eleggerlo Direttore Sp. del Seminario di Torino.
Il terzo dovere è di correggere. È questo un ufficio penoso, special­mente quando bisogna ripetere le stesse correzioni in pubblico od in privato. Eppure è questo un vero dovere. Lo Sp. S. dice del padre: Qui parcit virgae, odit filium suum. Il Superiore corregga possibilmente con bei modi; ma se questi non bastano deve appigliarsi anche alla severità, ai castighi e all'espulsione. S. Alfonso parlando dei Seminari ed a Mons. Caracciolo (Ved. Repertorio - Seminario). Non è un gusto cor­reggere, costa con pericolo di farsi mal vedere; eppure incumbit neces­sitasi vae mihi si non fecero!
Fanno spavento le parole della Sapienza: Judicium durissimum his qui praesunt; e quello d'Ezechiele: Sanguinem ejus de manu speculatoris requiram. S. Bernardo atterrito dalla responsabilità del comando, pensava al Sangue di Gesù con cui erano stati i suoi soggetti (Maccone p. 45).
Altra volta vedremo i doveri dei sudditi.
2. (I)
Ai doveri che incombono ai Superiori corrispondono altrettanti doveri nei sudditi. Li riduco a tre: riverenza, amore, ed obbedienza. In tutte le Comunità i sudditi devono esercitare questi doveri; ma molto più nella nostra, nella quale non sono semplici collegiali e cristiani; ma religiosi e missionarii, e formano una vera famiglia viventi tutta la vita in santa unione di mente e di cuore. Se si praticheranno questi obblighi l'istituto sarà un paradiso anticipato, altrimenti riuscirà un inferno o poco meno. A questa santa pace avete sospirato tutti voi entrando in questa casa ed avete diritto di trovarla, e che nessuno ve la turbi.
I) Riverenza verso i Superiori, non badando alle loro qualità per­sonali, ma solamente alla qualità di Superiori, cioè di rappresentanti
(1) II secondo punto lo svolse nella conferenza seguente del 15 settembre.
di Dio, ciascuno nella sfera della loro azione, incominciando dai più al­ti ai più bassi, come i capo-pulizia, capolingeria ecc. L'ha ciascuno que­sto spirito di fede pratica? Ubbidisce a tutti i preposti come a Dio stes­so ? Esaminatevi...
Speciale riverenza dovete portare ai Sacerdoti, non dimenticando la dignità di cui sono insigniti, che i Santi, come S. Francesco d'Assisi preferivano agli Angeli. Riverenza anche vicendevole come figli di Dio e destinati allo stesso fine della santità propria e della salvezza delle ani­me.
2) Amore: Qui tutto dev'essere amore, da disdire il cattivo detto del mondo che i religiosi vivono senza amarsi e muoiono senza pianger­si. Bisogna amare i Superiori come padri che per voi sostengono tante pene e fatiche; l'affetto vostro li consolerà...
3) Obbedienza: ma vera, d'intelletto, senza critiche e mormorazio­ni; nelle cose maggiori e nelle piccole. Così praticavano i Santi e tutti i
religiosi di spirito.
Infelice quella Comunità dove manca quest'obbedienza... Ognuno pensi sovente al Ad quid venisti: non a domandare ed a
godere; ma   ad serviendum... (Imit.).
P.V. Merlo Pich, quad. 131-137
12 Settembre 1920
Del S. Patriarca Giobbe si legge che offeriva sacrifici pregava, benediva i suoi figlioli (li santificava) «ne forte peccaverint in Deum». Temeva che nei pranzi a cui si invitavano vicendevolmente offendessero Dio.
Il primo dovere di un padre e di un superiore, e quindi il primo dovere mio e di tutti gli altri superiori è quello di pregare per i sudditi, per tutti et — pro singulis — come faceva Giobbe, perché devo temere che si facciano dei peccati e, per noi che siamo religiosi, che non si avanzi nella perfezione.
Quindi io prego sempre per tutta la Comunità e per ognuno di voi in par­ticolare. E chi prego? Vi faccio proprio le mie confidenze perché anche voial­tri abbiate confidenza con me. Prego specialmente lo Spirito Santo e gli Ange­li Custodi.
Lo Spirito Santo dobbiamo venerarlo, adorarlo come Dio Padre e come Dio Figliuolo, i quali non se ne offendono, anzi è loro volontà che lo adoria­mo. E Lo prego perché vi dia i suoi sette doni, specialmente: la fortezza; che siate costanti e fermi nel mettere in pratica i proponimenti. In certe condizioni particolari, nei momenti di fervore, dopo gli esercizi, uh! si fanno dei proposi­ti: Ego dixi in abundantia mea: non movebor in aeternum! Ma poi ... avertisti faciem tuam a me, et factus sum conturbatus: ha bastato che andassi in cortile e subito ho detto parole troppo vive, ho tenuto dei discorsi di superbia... ha bastato che andassi in Chiesa che sono andato subito dietro le distrazioni (vo­lontarie si capisce). Per questo abbiamo bisogno che lo Spirito Santo ci dia la fortezza.
Poi abbiamo bisogno del dono della pietà, come S. Antonio che dopo aver pregato tutta la notte (e in ginocchio, sapete) si lamentava col sole che ve­niva a disturbarlo troppo presto colla sua luce, veniva a rompergli la sua con­versazione con Dio che gli pareva troppo breve... Questi sono i prodigi che opera lo Spirito Santo.
L'altra divozione che io ho è quella degli Angeli Custodi. Naturalmente son divoto del mio, ma gli darei troppo da fare, e perciò sono divoto anche dei vostri, di quello di ognuno di voi, del tuo ...
Io non posso sempre essere qui in mezzo a voi, e quando ho qualche cosa da dire a qualcuno di voi, me la intendo cogli Angeli Custodi; chiamo il suo Angelo Custode, e gli do la commissione. Non parlano come noi, ma ce la in­tendiamo lo stesso...e quando voi sentite una buona ispirazione, un piccolo dispiacere per una miseria commessa, è il vostro Angelo Custode che fa la commissione... Concludendo, il primo dovere di un superiore è quello di pre­gare per tutti et pro singulis...
Il secondo dovere di un superiore è quello di invigilare bene su tutti. Il Su­periore deve sempre avere l'occhio aperto sulla condotta dei sudditi: non star lì a spiare se può prenderne uno in fallo, ma per aiutarlo a far bene. Noi siamo fatti così: è vero che dovrebbe bastare di essere alla presenza di Dio; ma il pen­siero che Dio mi vede non basta... se non c'è l'occhio del superiore siamo più facilmente tentati di mancare a qualche regola...
Questo è un dovere di tutti i superiori, anche degli assistenti, degli incari­cati di questo e di quello nei suoi limiti. Io non sono qui con voi, e il mio oc­chio non basta a invigilare su tutti, e perciò è necessario che ci siano tutti que­sti vari superiori, e voi dovete ascoltarli tutti come tali...
Dunque il secondo dovere di un superiore è quello della vigilanza. A que­sto riguardo mi ricordo quello che mi diceva Mons. Gastaldi di santa memoria 45 anni fa quando mi ha messo Direttore del Seminario: «Sei tu, diceva, che adesso hai la responsabilità dei Seminaristi e perciò anzitutto devi pregare, perché quello che devi fare non sei tu che lo fai ma il Signore con te, tu col Si­gnore. In secondo luogo devi invigilare sulla loro condotta, devi sempre esser loro dietro, sempre essere dappertutto, in modo che non si trovino mai al sicu­ro dal tuo occhio in nessun angolo...». E mi raccontava di un povero sacerdo­te, chiamato D. Robella che non faceva il suo dovere ed è poi morto infermie­re al Cottolengo. Un giorno l'ha chiamato a sé, e gli ha domandato: «Lei è ben stato in Seminario sotto quel santo rettore che fu il canonico Gravero? (a Possano)» — «Sì, io son stato proprio sotto quel santo uomo!» — «Ma dun­que, in Seminario aveva già questo vizio di bere e tutta questa roba?». E lui ri­spondeva: «Sì l'avevo già in Seminario!» — «Ma e il Rettore non lo sapeva!» — «Veda, il Rettore pregava tanto, così fervorosamente, così astratto in Dio, che quando lui pregava, noi eravamo sicuri a fare ciò che volevamo!». Vede­te?... Mentre il rettore pregava, loro stavano tranquilli a vuotare le bottiglie... Guai al Superiore che non ha sempre gli occhi aperti !...
Poi continuava a dire Mons. Gastaldi, il terzo dovere del superiore è quel­lo di correggere. È una cosa che costa, ma è un dovere, e piaccia o non piaccia, bisogna farlo. Non bisogna stancarsi mai: si stancherà prima l'altro: «ma me lo ha già detto tre volte!» — «Ebbene! te lo dico ancor una quarta, e una quin­ta se non ti emendi!». Bisogna correggere colle buone se si può, e anche severa­mente, se c'è bisogno. Immaginiamoci che nel giorno del giudizio il tale darà poi la colpa a noi: «Se mi avesse avvertito ancora una terza volta, se mi avesse avvertito più severamente, forse mi sarei emendato!».
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Ah! guai al superiore che non ha il coraggio di correggere, di sgridare! Quante volte la perdita dello spirito nelle comunità viene da questo, da questi superiori deboli.
Il Superiore deve render conto a Dio di tutti i suoi sudditi... Vedete un po' quanta responsabilità! È per questo che i santi avevano tanta difficoltà ad accettare di essere superiori... «Durissimum judicium eis qui praesunt»: do­vranno rendere uno strettissimo conto. E nel libro di Ezechiele il Signore dice:
«De manu speculatoris sanguinem eius requiram». Esigerò il sangue dei suddi­ti dalle mani di colui che è incaricato di invigilare.
E S. Bernardo era atterrito della responsabilità di tutti i suoi frati; e dice­va che aveva in mano il Sangue di N.S. tante volte quanti erano i suoi frati, perché eran tante anime comprate col Sangue di N.S.
E una responsabilità terribile, eppure quando è necessario, quando i su­periori ce la danno, bisogna prendersela...
Abbiamo visti i doveri dei superiori; un'altra volta vedremo anche i vo­stri.
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