VESTIZIONE CHIERICALE

28 settembre 1920
Quad. XV, 31-32
(27 (?) Sett. 1920)
Per la Vestizione di cinque Chierici
È sempre una consolazione il ripetersi della breve funzione della vestizione; — per voi cari Neo-Chierici, — pei vostri parenti e per l'isti­tuto. La S. Chiesa dopo averci affidato la Missione del Kenia, ci ag­giunse il Kaffa, ed ultimamente l'Iringa. Mentre questo è un atto di bontà e di fiducia per parte del Papa, pose in grave angustia i vostri Su­periori, i quali pensano alla responsabilità di tante anime da salvare. Godono perciò del numero sempre crescente di alunni che vengono a formarsi missionarii ed apostoli per quelle regioni. Veramente non fo­ste mai tanti come al presente ad onta della guerra e delle sue conse­guenze. Ma non vorrei che si potesse dire che multiplicasti gentem sed non magnificasti laetitiam. Voi tutti anelate ad essere a suo tempo santi sacerdoti e missionarii, ma lo sarete alla vigilia delle S. Ordinazioni, al­la vostra partenza per l'Africa? Qualcuno di voi non imiterà l'infelice apostata di Tebaste (sic)... Ma oggi non è giorno di tristezza... Ognuno di voi, anche i già vestiti si proponga di voler riuscire non un sacerdote e missionario per metà, ma un S. Francesco Zaverio. E colla grazia di Dio vi riuscirete se procurerete di subito incominciare a rivestirvi dello spirito che deve formare l'Apostolo: spirito di distacco dal mondo, di speciale affetto alla Chiesa e di amore a Gesù e zelo per le anime, di cui Gesù ha sete.
Ciò indica il santo abito di cui siete stati vestiti. 1) Gesù disse a' suoi discepoli: Vos de mundo non estis ... Mundus vos odit; odia quest'abito nero. Voi invece dovete tenervi onorati di te­nerlo e baciarlo teneramente. Esso vi insegna a rigettare le massime del mondo; a non operare, parlare e pensare come il mondo, ma secondo lo spirito di N.S.G.C., rivestirvi del Suo spirito: induimini D.J. Ch.,
ben sapendo che Qui spiritum Christi non habet, hic non est Ejus. Delle cose del mondo bisogna servirsene, come dice S. Paolo, come non se ne usasse (V. Gli Anniversari, S. Tonsura).
2) Come chierici siete figli prediletti della Chiesa che vi scelse fra tanti cristiani, dovete amarla e vivere delle sue gioie e de' suoi dolori. Dovete sopratutto penetrarvi del suo spirito osservandone le leggi, le feste; affezionarvi a' suoi altari, alle S. Ceremonie ed a quanto la rende grande e solenne. Ognuno deve sentire in sé il melior est dies una ...; Elegi abjectus... Speciale amore al Papa, capo della Chiesa (Ivi).
3) Amore a Gesù ed alle anime da Lui redente. Questo è lo scopo del sacerdote e del missionario: zelare la gloria di Dio colla salute delle anime; e fin dal chiericato ciò solo cercare ed avere in mira, non ambi­zione ed umani interessi (Ivi).
Ecco il programma della vostra vita chiericale; felici voi se subito e costantemente vi attenderete. Sarete contenti voi, contenti i vostri pa­renti che generosamente vi offrirono al Signore, e soddisfatti i Superio­ri che a solo questo fine si sacrificano giorno e notte per formarvi degni Sacerdoti e Missionarii. La nostra SS. Consolata accetti oggi i vostri buoni propositi, e colle Sue grazie li renda efficaci.
P.V. Merlo Pich, quad. 148-151
28 Settembre 1920 Vestizione Chiericale
Non voglio più farvi una predica, perché siete già stanchi, vi dirò solo due parole, due idee. Questa funzione è semplice e breve, ma è molto importante e piena di significati. È una consolazione per l'Istituto, per gli stessi soggetti e per i loro parenti.
È una consolazione per i Superiori, per l'Istituto perché vedono cresciuto il numero degli aspiranti missionarii ed infatti s'è allargato il campo da colti­vare: prima il Kenia, poi il Kaffa e adesso anche l'Iringa; per questo ci voglio-
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no dei missionarii ed il Signore vi ha fatti crescere anche nonostante le diffi­coltà della guerra, in modo che nell'Istituto non ci sono mai stati tanti così. I Superiori si rallegrano anche perché è un segno che il Signore vuole e benedice l'Istituto, perché se no lo lascierebbe a sé che si sterilisca, si consumi da sé.
Però non bisogna che si possa dire: «multiplicasti gentem, non multiplicasti laetitiam». Adesso siete tanti; non bisogna che capiti come ai quaranta martiri di Sebaste; che han durato tutti fin quasi alla fine e poi uno è venuto meno. Così di voi si domandano i Superiori: Arriveranno tutti fino alla fine? Lo speriamo: siete tutti pieni di volontà; ma per questo bisogna che vi mettiate d'impegno subito da principio, e non contentarsi di venir su così un prete, un missionario qualunque, ma bisogna che diveniate dei veri santi missionari. Questo esigono da voi i vostri parenti che hanno fatto il sacrificio per amor di Dio, e se voi veniste sol missionari così... direbbero: era meglio che restassi un buon secolare! E poi anche l'Istituto e i Superiori han diritto che corrispondia­te alle fatiche che spendono per la vostra formazione.
Perciò voi dovete fare tre cose: infatti la funzione che avete fatto significa questo:
1) Avete lasciato gli abiti secolari: vuol dire che dovete lasciare il mondo, lasciare i peccati, le imperfezioni, le idee del mondo; non dovete più pensare del mondo, come il mondo.
2) Avete indossato l'abito ecclesiastico, e vuol dire che dovete prendere lo spirito della Chiesa, avere un grande amore per la Chiesa, sentir dispiacere dei mali della Chiesa, far proprii i suoi interessi, ed amare tutto ciò che la riguar­da, come le funzioni, le cerimonie. Chi non sente questo amore alle cose della Chiesa, non è fatto.
3) In terzo luogo, d'ora innanzi dovete avere un grande amore a Gesù Cristo, un grande zelo della gloria di Dio e della salute delle anime; quindi mettetevi con fervore a far il proprio dovere, a formarvi alla perfezione, e ve­nir tutti santi missionari, tutti altrettanti S. Francesco Saverio. Se farete così, benedirete questo giorno, specialmente quando sarete alla vigilia delle delle ordinazioni, consolerete i Superiori ed i vostri parenti...
giuseppeallamano.consolata.org