MEZZI DI SANTIFICAZIONE

7 novembre 1920
Quad. XVI, 2
(7 Nov. 1920)
Mezzi per farci santi
S. Tommaso dal nome Santità, deduce ch'essa importa due cose:
mondezza e fermezza. Nella Somma 2a. 2a. Qu. 81, art. 8; Nomen sanctitatis duo videtur importare: uno quidem modo munditiam (ex graeco agios = quasi sine terra). Alio modo importat firmitatem, et dicuntur sancta quae legibus erant munita, ut violari non deberent. Quin­di:
1. Esenzione dai peccati non solamente mortali, ma anche dai ve­niali deliberati, ed attenzione a diminuire il numero e l'avvertenza alle umane fragilità.
2. Volontà energica e costante di voler farci santi (V. Quad. XI p.
5).
Nota: Ajutano le letture spirituali, specialmente delle vite e degli scritti dei Santi; — e le conversazioni con le anime fervorose (Ivi).
P. V. Merlo Pich, quad. 230-235
2 Gennaio 1921 (1)
Il giorno di tutti i Santi il nostro Cardinale Arcivescovo ha fatto una pre­dica in S. Giovanni sulla santità. Questi santi li ammiriamo, diceva, ma biso­gna anche imitarli coll'acquistarci la santità, e diceva in che cosa consiste.
Secondo S. Tommaso (2a 2ae, q. 81, a.8) la santità importa due cose: la mondezza e la fermezza: «Nomen sanctitatis duo videtur importare: uno quidem modo munditiam; et huic significationi competit nome graecum: dicitur enim àghios, quasi sine terra: alio modo importat firmitatem, unde apud antiquos sancta dicebantur quae legibus erant munita, ut violari non deberent. Unde et dicitur aliquid esse sancitum, quia est lege firmatum».
Questo il Cardinale l'ha detto in pubblico; ed anche noi è bene che sap­piamo quello che dice S. Tommaso sulla santità...
Dunque, dice, importa due cose, e primo: mondezza. Guardate di essere mondi anche dai peccati veniali il più possibile, perché anche i peccati veniali sono sempre un male infinito perché sono offesa di Dio che è infinito. Non si può commettere un solo peccato veniale neppure se per supposizione impossi­bile bastasse per svuotare tutto il purgatorio, anzi neppure per vuotare tutto l'inferno. A questa proposta verrebbe quasi la tentazione di lasciar scappare una piccola bugia, per vuotare tutto tutto l'inferno! Invece no, perché è un male infinito e tutto il resto anche il purgatorio e l'inferno, è finito, e non si può fare un male infinito perché ne venga un bene infinito: Non sunt facienda mala ut eveniant bona.
Son questi maledetti peccati che ci impediscono di essere mondi: almeno non bisogna farli a occhi aperti. È vero ed è di fede che non si può essere esenti in tutta la vita da tutti i peccati veniali: si può a uno a uno, ma non da tutti in­sieme. Ma io parlo dei peccati veniali commessi apposta. Quindi la mondezza vuol dire: esenzione da tutti i peccati mortali, diminuzione dei veniali o alme­no diminuzione di avvertenza, e poi si rimettono coi sacramentali uniti col do­lore, perché senza il dolore non si rimette niente. Bisogna sentirsi proprio l'anima pulita come dopo una confessione ben fatta. Il rettore di un piccolo seminario mi diceva: io godo vedere i miei ragazzi al sabato dopo la confessio­ne, tutti felici, proprio nell'innocenza, colle anime proprio colle anime bian­che. Il Sangue di N.S. è rosso e produce il bianco nelle anime.
Guai a chi disprezza le cose piccole! Vedete S. Luigi che ha pianto tutta la vita per delle piccole imperfezioni. A minimis incipiunt etc... qui spernit mo­dica etc... Guai, guai, a chi beve l'iniquità anche piccola come l'acqua.
In secondo luogo: la fermezza. Le leggi sono sancite perché non si violi­no; così la santità è una sanzione che uno si impone per non offendere Iddio.
Costa farci santi; senza dubbio. Credete voi che non abbia costato a S. Paolo a farsi santo? Ha dovuto combattere con sé e cogli altri, ed era ancor mal compreso. Non bisogna dire: «C'è libertà di farci santi o no, e io non vo­glio farmi santo!».
Oh! bisogna farsi santi tutti, chi un santo secolare, chi un santo religioso. Siamo in questo mondo per farci santi. Haec est voluntas Dei sanctificatio vestra. Che importa davanti al Signore che noi facciamo molto o poco, che sia­mo nascosti e che le nostre opere siano conosciute e lodate? Quello che impor­ta al Signore è la nostra santificazione, tutto il resto è niente!... Che importa se sono ricco o povero? Le ricchezze danno solo dei fastidi! Che importa se ho molto o poco ingegno? È tutta roba del Signore.
Quello che importa è aver fermezza, volontà energica e costante di farci santi per mezzo delle regole e delle costituzioni, e di tutti i nostri doveri. Qui avete la via tracciata. La vostra santificazione dipende dalla osservanza delle regole: il Signore vi giudicherà su questo libretto...
In particolare: attenzione alle cose piccole: qui timet Deum nihil negligit. Non dire subito: «Uh che scrupolo!». No, non è essere scrupoloso questo! Ep­pure avviene: se uno non mi risponde in tempo di silenzio, si dice subito: «Uh, non mi risponde!». Eppure no: qui timet Deum nihil negligit, nihil... nihil... niente!...
Bisogna proprio badare alle cose piccole che capitano sovente: quelle grosse capitano solo qualche volta... le cose piccole sono quelle che servono a farci vincere noi medesimi...
S. Agostino dice: «Magnus esse vis? A minimis incipe». La prima cosa che bisogna fare è di vincerci nelle cose piccole.
Credete che i martiri dell'Uganda abbiano avuto subito lo spirito di la­sciarsi bruciare? Hanno cominciato dalle cose piccole, a non ascoltare i paren­ti: allora poco per volta hanno meritato la grazia del martirio.
Oltre quello, bisogna avere spirito di preghiera: «Sine me nihil potestis facere»: senza la grazia del Signore non siamo che ficaie fatue: invece io vo­glio che produciate molto.
Perciò bisogna cercare di vincere noi medesimi e poi acquistarci lo spirito di unione con Dio. Se avremo questa unione con Dio, Egli ci aiuterà dandoci molta grazia, e ci farà forti a vincere noi medesimi. «Non ego, diceva S. Pao­lo, sed gratia Dei mecum».
Raccomandiamoci anche all'Angelo Custode che non avvenga che passi­no i giorni, i mesi e gli anni senza che gli facciamo mai una preghiera. Una vol­ta raccomandavo ad un moribondo di raccomandarsi all'Angelo Custode: ma mi ha risposto che non osava raccomandarsi perché in vita l'aveva quasi sem­pre dimenticato.
Se anche noi l'abbiamo dimenticato, cominciamo adesso: egli ci perdona e continuerà a darci le sue ispirazioni, i rimorsi...
Dunque facciamoci santi!...
Se ci faremo santi, gran santi, presto santi, compiremo l'opera nostra, e saremo felici in questo mondo e in punto di morte, perché avremo fatto la vo­lontà di Dio. Si stia bene o si stia male, che restiamo qui o che andiamo in Africa: l'essenziale è di farci santi.
giuseppeallamano.consolata.org