PER LA MORTE DEL COAD. UMBERTO AROSSA

23 gennaio 1921
P. V. Merlo Pich, quad. 268-280
23 Gennaio 1921
Vedo una notizia che dai tetti in giù non è buona, ma è buona dai tetti in su; in Africa c'è morto il Coad. Umberto Rosso [ = Arossa]. Era già un po' di tempo che non stava tanto bene, ed è morto che aveva 33 anni... Ogni tanto lo sorprendevano dei piccoli colpi apopletici, finché ne ha avuto uno più forte, che però gli ha ancora lasciato il tempo in 24 ore per ricevere proprio tutti i Santi Sacramenti... ed è morto nella stazione del S. Cuore; e Monsignore era già tornato dal Meru. E sì che stava bene di salute, anzi era perfino un po' pin­gue... Eppure... all'età di Nostro Signore. Era partito per l'Africa l'11 gen­naio 1911.
Ebbene, dai tetti in su, dobbiamo godere: è andato a ricevere la corona. Sebbene io non voglia che moriate così presto... State tranquilli che la corona vi aspetta!... Ma sì, il Signore non domanda la licenza: è Lui il padrone e quando crede ci dà la corona... Certo per noi è un gran sacrificio: ma chi ra­giona come si deve, si consola, perché adesso lui gode...
Era nato nel marzo del 1887. Sapete che quando si parte per l'Africa si pensa a lasciare qui qualche memoria; qui ho appunto la sua memoria, che servirà a scrivere qualche riga sul periodico, come si è sempre fatto. Narra la sua vita esterna da ragazzo: è stato a Torino e a Castelnuovo...però era nato a Torrebormida, ma poi era venuto con suo padre che era impiegato nelle ferro­vie, e stava con lui a Bra. Il Signore lo ha sempre favorito ed aiutato. Gli era venuto l'idea di andare a battere alla porta dei Cappuccini di Cherasco, ma suo padre non l'ha lasciato... A Torino frequentava tanto la Consolata; ed un giorno la Madonna gli ha fatto sentire la sua voce: «Tu mi chiami tante grazie, chiamami anche quella che voglio io». Allora è stato preso da una malattia in­fettiva, e fu trasportato all'ospedale Vittorio Amedeo; e mentre stava là stuc­co domandò un libro al serviente. Costui gli portò la pratica di amar Gesù Cri­sto di S. Alfonso, e alcuni annali della Propagazione della Fede: e da questa lettura gli venne la voglia di farsi missionario. Perciò dopo ha domandato il prete, D. Andrea, che confessa ancora adesso in quell'ospedale, gli ha detto
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che voleva farsi missionario, e gli ha domandato dove doveva andare. E quel prete lo mandò alla Consolata. Allora è venuto da me... e ha poi fatto la vesti­zione il 6 gennaio (il giorno dell'Epifania) del 1911.
Ultimamente, siccome non stava bene, si voleva farlo rimpatriare. Ma quando Monsignore è tornato dal Meru, lui è venuto alla stazione per suppli­care Monsignore che non lo lasciasse venir via... E Monsignore ha detto: «Per questo non c'è premura: per ora aspettiamo...». Il Signore ha disposto così... Bisogna proprio dire: «Pretiosa in conspectu Domini mors sanctorum eius...». Certamente è stato molto più contento di morire là sul luogo dell'apostolato, che non tornare su ... Qui faceva il calzolaio... e faceva anche scuola, perché era istruito.
Preghiamo per lui... Secondo le Costituzioni, per nove giorni direte per lui il Rosario da morto... le S. Comunioni e tutto sarà per lui per nove giorni... Si noterà come gli altri nel martirologio, e così passeranno gli anni... passeremo noi e passeranno altri, e tuttavia tutti gli anni saranno ricordati... non così fanno i parenti... E poi parteciperà a tutto il bene che si farà nell'Isti­tuto. Ogni tanto andrà un Angelo a scuoterlo, a dirgli: «Monta più su!» — «Ma come va?... Se ho fatto niente!?» — «Ci sono altri che lavorano per te...». Salirà più su in Paradiso... aumenterà di gloria accidentalmente, si ca­pisce, perché sostanzialmente viene stabilito alla morte. Vedete un po':
«Quam bonum et quam jucundum habitare ed anche morire — fratres in unum !...». Quindi ... Consolamini in verbis istis,... non deve farci venire la melanconia. Come vi ho già raccontato un'altra volta... in un paese in cui so­no stato io quando c'erano dei morti, si faceva un gran pranzo... Io andavo alla sepoltura, e sentivo odore di buona cucina... e dicevo: «ma come va que­sto!». Vedete, era lo spirito di una volta... quando morivano i martiri si face­vano grandi feste... Anche la madre dei Maccabei godeva quando erano stati uccisi tutti i suoi figli...
Dobbiamo pensare che acquistiamo un protettore di più in cielo: se resta­no nostri protettori i benefattori, tanto più i membri vivi dell'Istituto. Adesso possiamo ancora contarli nelle mani... fra poco non potremo più... ma per ca­rità! Adagio! da vecchi poi!... Sì, si fa volontà di Dio... C'eran dei Santi che tremavano avvicinandosi alla morte ... S. Filippo Benizzi tremava tutto dallo spavento, che faceva tremare tutto il letto... eppure era un santo... L'essenzia­le è di morire con un bel fagotto preparato. Non c'è che da pregare per lui e unirvi il ricordo degli altri... Ma diciamo al Signore che abbia pazienza; per­ché siamo giovani e abbiamo bisogno di missionari !...
Eh vedete! la nostra vita è come dice S. Paolo nella Epistola ai Corinti, di cui oggi se ne legge un tratto nella Messa... Il Vangelo di oggi è magnifico...ma la epistola è qualche cosa di stupendo! Oh! come è bella! ... In essa S. Paolo paragona la nostra vita alla lotta tra atleti, ed al pellegrinaggio degli Ebrei dall'Egitto alla Terra Santa.
La vita del cristiano, dice, e tanto più quella del sacerdote e del religioso, si può paragonare ad una corsa che si fa nello stadio. Omnes quidem currunt, sed unus accipit bravium... tutti corrono, ma uno solo riceve la palma. Così si può paragonare agli atleti che si esercitavano continuamente per fortificarsi, per poi soppiantarne un altro. Poi la paragona agli Israeliti che andavano dall'Egitto in Terra Santa per 40 anni attraverso il deserto.
Infatti che cosa è la nostra vita su questa terra, 60 - 70 - 80 anni che siano se non un deserto? Che cosa è?... fugge! è un deserto! Quante miserie! S. Pao­lo vuole che applichiamo a noi questo paragone.
Prima di tutto noi durante questo viaggio spirituale noi siamo accompa­gnati da tante grazie... Anche noi dobbiamo correre nello stadio: ma qui non vince solo uno, ma tutti... In una corsa, p.e. fino a Rivoli, uno solo vince il premio, quello che ha le gambe più leste, le ha esercitate di più. Invece noi, se corriamo con voglia, come si deve correre, arriviamo tutti. Così degli atleti uno solo vince...: tutti vinciamo... purché combattiamo bene... Così per gl'Israeliti, il Signore ha aperto loro la strada attraverso il Mar Rosso... poi c'era il sole troppo ardente: allora il Signore ha mandato loro una nube che li difendesse... Avevano sete... mormoravano già contro Mosè; allora il Signore disse a Mosè di battere la pietra e ne uscì l'acqua... Non trovavano da mangia­re, e il Signore mandò loro la manna. Panem de coelo praestitisti eis... omne delectamentum in se habentem. Vedete un po' quante grazie materiali il Si­gnore ha fatto a quel popolo. Questo rappresenta le grazie spirituali che il Si­gnore fa a noi nel pellegrinaggio di questa vita.
Chi fa la corsa, di cuore, tutti accipiunt bravium. Così degli atleti, soc­combano o no, si guadagna tutti il Paradiso, purché si combatta in regola.
E ciò che avvenne agli Israeliti: erano tutte figure: lo dice S. Paolo: Haec omnia in figura fiebat... petra autem erat Christus, da cui noi (raggiamo un'acqua salutare. Il Signore ci ha dato il Battesimo, e così ci ha fatto attra­versare il Mar Rosso dell'incredulità, dalla vita naturale alla soprannaturale.
Poi ha mandato la nube: vedete che delicatezza usa il Signore! Così noi potremmo essere assorbiti, stravolti, cotti dall'ardore delle passioni, e il Si­gnore ci ha mandato la nube che ci protegga e sono le regole della comunità: le costituzioni, il regolamento, tutte le pratiche di pietà: queste cose sono la no­stra difesa dalle passioni; vincere le nostre passioni: sta tutta lì la nostra perfe­zione: — vince teipsum — Vedete, il Signore ci ristora, ci rinfresca.
Poi l'acqua: oh! l'acqua! Ne abbiamo tanto bisogno!... Quest'acqua sono le grazie del Signore: le ispirazioni, le grazie dei sacramenti che portano re­frigerio al nostro spirito.
Dopo, la manna. Gli Israeliti nel deserto sospiravano già le cipolle d'Egit­to... la manna era divenuta insipida... era troppo buona... e il Signore ne ebbe dispiacere...
Era tanto facile là nel deserto... tutte le mattine avevan sol da raccoglier­la... Anche noi abbiamo questo cibo: e prima di tutto è la Santa Comunione: panis vivus qui de coelo descendit... vera manna; poi abbiamo anche la parola di Dio: son due cose di cui si nutre l'anima, come dice l'Imitazione. Queste son tutte grazie che il Signore semina nella nostra vita...
Ma per ottenere questo, bisogna corrispondere. È inutile che il Signore ci faccia tante grazie, e poi noi non corrispondiamo come hanno fatto gli Ebrei nel deserto... perciò allora il Signore si è adirato contro di loro: e due soli sono giunti ad entrare nella Terra Promessa: Caleb e Giosuè... quia non in pluribus beneplacitum erat Deo, e questo per la loro ingratitudine verso il Signore che aveva fatto loro tante grazie. Anche Mosè non sapeva più che dire: «Bisogne­rebbe disperderlo questo popolo!». Ma poi quando il Signore voleva distrug­gerlo, gli diceva: «Che figura farai? Che cosa diranno gli altri? Che non sapevi nemmeno condurlo dove volevi, che l'hai condotto nel deserto per farlo mori­re».
Che cosa ci vuole per corrispondere? Bisogna condurre la nostra vita co­me vuole Lui, secondo il fine per cui ci ha creati, perché universa propter semetipsum creavit Dominus.
Quindi, S. Paolo dice che bisogna fare queste tre cose: 1) Tener sempre fissi gli occhi alla meta, al fine: ad quid venisti? 2) Correre e non sol cammina­re lì... bisogna correre... questa vita è breve, e c'è tanto da fare... 3) soffrire qualche cosa... non voler sol sempre godere... In questo tratto dell'epistola S. Paolo spiega queste tre cose.
1) Se uno va per una strada e non sa dove andare, dove va a finire?... E S. Paolo sapeva dove andava: «Non quasi in incertum...»: so ben dove andare... poco abbiamo da vivere... e poi?...
2) Non andar così...adagio: «sic currite ut comprehendatis...», fate in modo da non lasciarvi passare avanti dagli altri... è vero che il premio potete prenderlo tutti... ma correndo. Non basta quando si fa tanto male e si fa un po' di bene... Bisogna farsi santo e non solo buono! No! Sic currite ut com­prehendatis: come se ci fosse qualcuno che volesse prenderci il premio. Nella perfezione non basta star fermi perché: «Non progredi regredi est» — neppure basta camminare: bisogna correre!
3) Soffrire qualche cosa. Chi non vuol soffrire mai niente non farà mai niente; per forza bisogna soffrire! Ma soffrire per amore di Dio.
Chi si prepara alla lotta, dice S. Paolo — ab omnibus se abstinet — non prende roba inebriante affinchè non lo snervi... non mangia troppo... si astie­ne da tutto ciò che può guastare il loro lavoro. Così i musici guardano di non bere troppo per non guastare la voce di basso, di tenore, e che so io... si usan tanti riguardi. Ab omnibus se abstinent... e noi non siamo capaci di astenerci da un piccolo capriccio?... I Santi si astenevano da tutto ciò che non era neces­sario...
Ricordatevi di queste parole: «Ab omnibus se abstinent»... Non solo! Ma S. Paolo dice ancora: «Castigo corpus meum et in servitutem redigo»; faceva anche delle penitenze straordinarie... queste cose non son poi mica roba dell'altro mondo... qualcuno a sentirle si mette a ridere... costoro sono igno­ranti!... Ed hanno la loro utilità! Nessun santo è messo all'onor degli altari se non consta che si sia dedicato in modo particolare alle penitenze anche corpo­rali.
S. Luigi che pure era così debolino, non si contentava mica delle peniten­ze spirituali: diceva: «Unum facere et aliud non omittere...». E S. Paolo: «Ca­stigo corpus meum... perché, diceva, ho paura... ne cum aliis praedicaverim ipse reprobus efficiar...».
Ricordatevele queste cose. . La vita è un fumo che se ne va ... Aveva 33 anni ed è scomparso... È una corsa che in un momento passa e finisce... An­che se dobbiamo viaggiare per 40 anni in un deserto, passa presto... rimane solo allora da prendere il premio se avremo corrisposto a tutte le grazie che ci accompagnano attraverso il deserto.
Raccomandiamo al Signore questo nostro fratello... speriamo che sia già in Paradiso... Quando anche noi lascieremo questo mondo saremo contenti di aver praticato queste cose. Facciamo tutto ad majorem Dei gloriam. Io non son per le cose del mondo... tutto il resto è niente.
giuseppeallamano.consolata.org