VIAGGIO A ROMA PER LA LETTURA DEL DECRETO SUL CAFASSO

6 marzo 1921
P. V. Merlo Pich, quad. 356- 362
6 Marzo 1921
N.B.: Alla conferenza assiste anche il Can. G. Camisassa.
Le frasi poste tra parentesi sono del Can. Camisassa.
Avete già avuto notizie dal Sig. Vicerettore, e ne avete letto sulla Gazzetta certamente la funzione alla presenza del Papa per la lettura di questo Decreto (sulle virtù eroiche del Ven. Cafasso) - ha sorpassato tutte le nostre previsioni. È stato così solenne, che dicevano, non sarà così neppure per la Beatificazio­ne. Questa volta il Papa è intervenuto egli stesso ad ascoltare la lettura del De­creto.
L'ha letto il Segretario della Congregazione dei Riti: legge magnificamen­te bene... è un vecchietto, eppure ha voce forte e ogni parola la spiccava molto bene. (Sig. Vicerettore: Devono leggere voltandosi verso il Papa, ed è difficile il farsi sentire dagli altri che sono dietro).
Il Decreto è molto bello e lungo.
Dopo ha parlato il Papa per 35 o 40 minuti, non ha foga, ma declamava molto bene; e ogni tanto prima di dire una delle frasi più belle, prendeva un sorriso tutto speciale, vivo. L'aveva studiato tutto a memoria, erano due gior­ni che non scendeva più nei giardini Vaticani... Mi rincresce che non ho potu­to rubare il manoscritto; uno dei nostri preti che erano stati al Convitto, e che l'ha avuto in mano per pubblicarlo sull'Osservatore Romano, mi diceva: Pec­cato che c'ho pensato dopo, se no glielo mandavo.
Dicevano che da parecchi giorni era malinconico; invece era concentrato nelle sue cose. Voleva parlare dello spirito ecclesiastico, ma poi ha dovuto par­lare per il popolo: c'erano 400 là dentro; era proprio pieno... erano tutti Tori­nesi, o quasi: perciò ha parlato della sua carità; son cose che fan più impres­sione... il prete della forca... si vede che ha dovuto leggere almeno tutta la vi­ta.
Per tre volte siamo andati a baciargli la mano; non voleva lasciarsi bacia­re il piede: ci porgeva subito la mano.
La prima volta mi ha detto: «Sei contento, neh?». E io gli ho risposto: «Santità, s'immagini!».
La seconda volta mi ha domandato chi c'erano ancora dei suoi parenti, e gli ho risposto che ero io solo. Di parenti prossimi non ce n'è più.
È stato proprio molto grazioso. (Sig. Vicerettore: tutti hanno notato nel Papa tante giocondità, un sorriso!... dite pure tutti gli aggettivi che volete: tutte le volte che aveva una cosa bella da dire, sorrideva...).
È proprio stata una cosa imponente! Davanti a noi c'era il Papa, poi d'accanto il Maestro di Camera, poi Arcivescovi e Vescovi, gli Avvocati della Congregazione, la Guardia Svizzera, fanno una magnifica impressione... un lusso!... con quelle piume!... e un salone largo due volte questo, e alto tre vol­te; e tutte lampadine sul cornicione... tutto rivestito di velluto rosso. Noi era­vamo proprio di fronte al Papa, davanti alla balaustra, alla distanza come di qui al Coad. Davide (due metri). C'eravamo solo noi due, poi dietro di noi tutta la gente stretti, stretti come siete voialtri lì, fino al fondo: i primi erano quelli che avevano il biglietto bianco, poi quelli del biglietto rosso; la sala era proprio gremita, che la gente si toccava.
Dicono che il Papa non ne lascia mai venire di più là dentro; e difatti, fa­ceva già caldo. Un'ora prima, alle 10 e un quarto erano già entrati tutti. Noi siamo andati prima dal Maestro di camera che ci aveva detto di passare prima da lui: siamo entrati nel cortile di S. Damaso che è largo quattro volte il vo­stro, e siamo saliti per la via che chiamano del fondamento. Son venuti a pren­derci in vettura di lusso: è necessario, e paga la causa: pareva che fossimo qualche cosa: e difatti eravamo qualche cosa in unione col nostro Venerabile. Il Maestro di camera è disceso, vestito in gran gala, con larghe mantelline di seta rossa. Siamo entrati nella Sala Concistoriale dalla parte dove passa il Pa­pa, e dopo appena dieci minuti che eravamo entrati, hanno dato il segnale, ed il Papa è arrivato.
Ho notato una cosa: che tutte le volte che leggendo si nomina il Papa, si fa genuflessione: è una cosa magnifica: ... è stato un mezzo paradiso. Quando lo faranno beato, anche voi potrete venire, ma allora il Papa non interviene poi più; scende poi solo dopo pranzo: l'onore è più adesso, che ha fatto il pa­negirico lui stesso...
Per noi adesso abbiamo fatto tutto, diceva, spetta a Dio a fare i miracoli... ci sono dei Venerabili che aspettano da duecento anni.
Adesso potete già pregarlo: prima lo pregavamo già, ma confidenzial­mente, adesso no. Non si può ancora mettere sull'altare, ma anche davanti al­la Chiesa, si può già pregare; per la Chiesa è tutto fatto; i miracoli tocca a farli al Signore.
Il postulatore mi ha detto: adesso ho compiuto tutte le mie cose, perciò le manderò i documenti in due casse. Adesso comincierà l'esame dei miracoli. L'avvocato mi ha già mostrato le bozze di stampa. Prima si approva il Proces­so dei miracoli fatto a Torino; e per questo ci va un anno. Poi si dà ai medici (quei benedetti medici!) poi si fanno le adunanze: tre adunanze: finito tutto questo si procederà alla beatificazione. Speriamo che si faccia presto: il S.Pa­dre desidera che si faccia presto.
Mi ha chiesto se lo avevo conosciuto; ed io gli ho detto che l'avevo appe­na visto, che avevo sei anni e mezzo, ma mi ha fatto molta impressione. Era venuto a Castelnuovo per mettere a posto i disturbi che c'erano stati. C'erano venuti dei protestanti per predicare, e là aveva predicato un prete, un infelice;
e allora tutta la gente era corsa con le «ramine» e le palette... per far fracasso, e non lasciarlo parlare; e il sindaco li ha fatti mettere dentro. C'era anche il fratello di D. Cafasso, Pietro, la madre di Mons. Bertagna; e li aveva mandati ad Asti. Allora D. Cafasso ha fatto in modo da farli liberare, e li ha condotti lui stesso a Castelnuovo in trionfo. E si era rallegrato con loro che si erano mostrati fedeli, amanti della loro Religione. È allora che ho visto il Venerabi­le; se no non l'avrei visto.
(V. Rettore: Allora, c'era una specie di invasione protestante: volevan far perdere la fede qui in Piemonte; c'era anche un prete di Mondovì, certo D. Ambrogio, che è anche venuto a predicare a mio paese, e, mi ricordo, che anch'io sono andato (ero piccolo) a battere la paletta con una pietra. (L'avia na paletta e na pera...). Tutti andavano colle scatole, e le «ramine» a far fra­casso. E se c'erano dei sindaci cattivi, li mettevano dentro).
Così fanno adesso i socialisti a Vercelli; ma avete visto come han fatto ri­mettere i Crocefissi a posto.
Questo in quanto al Venerabile. Il Papa pareva che non avesse proprio nient'altro da fare. E stato così buono, così affabile, che tutti ne sono usciti contenti. Abbiamo domandato udienza per martedì, ed era stato scritto per martedì; ma alla sera tardi del Venerdì, ci mandano un biglietto che diceva che il S. Padre ci voleva vedere prima. E siamo arrivati: c'han fatto passare avan­ti, c'era un Vescovo, e tanti che aspettavano... c'han fatto passare sei o sette camere prima di arrivare: ci sono almeno sette camere da passare.
Ci ha ricevuti affettuosamente, con grazia. Appena ci ha visti, ci ha subi­to detto: oh! ... ci conosciamo già, noi...! alla Consolata sono stati così gene­rosi con me.
(V. Rettore: Era stato preconizzato arcivescovo di Bologna, ed era venu­to a dir Messa alla Consolata, perché aveva dei parenti qui a Torino. Dopo, come si fa con tutti i Vescovi, si è fatto passare sopra nella sala del Signor
Rettore, e gli abbiamo fatto portare qualche cosa... e lui se ne ricordava).
Siamo anche andati in S. Pietro due volte: una appena arrivati per prima cosa siamo andati a consegnarci, e poi prima della partenza per prendere con­gedo e domandargli per voialtri la sua benedizione. Gli abbiamo detto che ci preparasse per voialtri un bel fondo di spirito apostolico, che ne preparasse un bel pacchetto e lo tenesse pronto, che saremmo venuti a prenderlo per andare a Torino. Per quelli d'Africa, gli abbiamo detto: mandateglielo pure voi diret­tamente.
Abbiamo messo la testa sotto il piede della sua statua, che ha proprio un piede che sporge fuori, dicendogli che mi schiacciasse ben bene, che fossi umi­le... che mi facesse avere lo spirito di Dio... Alla fine siamo andati a prendere il «fagot» e speriamo di aver portato via tutto.
Ma non abbiamo perduto tempo. Abbiamo occupato tutti i dieci giorni; siamo stati a Propaganda. Il Card. Van. Rossum, che adesso parla già mol­to bene l'Italiano, si è intrattenuto molto affabilmente con noi.
(V. Rettore: Ha detto al Sig. Rettore: «la ringrazio tanto tanto del bene che fa per le Missioni: e lei che fa tanti sacrifici: la ringrazio a nome della Chiesa»).
Io gli ho risposto: «Ho sol fatto il mio dovere». Ed egli: «No! come sa­cerdote non era obbligato a far tanto». Lo chiamano il Papa Rosso, perché quasi domina più lui del Papa, almeno direttamente: egli comanda tutta la parte infedele: a Roma si parla sempre del Papa Rosso.
Siamo andati due volte dal Card. Valfrè, due volte dal Card. Bisleti, dal Card. De' Lay, Mons. Verde... Corri di qua, corri di là, da un ufficio all'al­tro... Il Card. Bisleti ne parlava molto bene. Mons. Verde diceva: «Ne son proprio ammirato del Venerabile. È una delle cause più belle che siano passa­te a Roma. Non si è trovato un difetto, non un ett (e anche lui era stato avvo­cato del diavolo). Fin da ragazzo è stato santo, pareva che non avesse peccato originale».
Quei li hanno lavorato per la causa: uno è il ponente e l'altro il postulatore della causa.
Avete pregato e siete stati buoni come vi ho detto io, e il P. Superiore me l'ha scritto, e quando c'è la bontà e la preghiera, c'è tutto... studio e lavoro... così sono stato anche bene di salute, non mi è venuta l'emicrania proprio per niente, abbiamo potuto lavorare.
Dopo qualche giorno però si sente la nostalgia e avevamo voglia di veni­re. Se avessimo potuto avremmo lavorato di notte per venire presto: in tutto siamo stati dieci giorni (andata-venuta). Poi si trattava che c'era pericolo di sciopero... (V. Rettore: sono stato tre volte a prendere il biglietto, e mi dicevano che la linea di Pisa non funzionava. L'ultima sera alla stazione Termini sentivo dire dall'uno e dall'altro, parte alle 5, parte alle 6. Allora ho doman­dato, e mi han detto che potevo poi prenderlo il mattino dopo. Invece il P. Giacobbe, Generale dei Dottrinari, e altri hanno fatto il giro di Bologna e c'han messo 26 ore, di cui 17 in piedi).
Adesso vi lascio una piccola memoria. Siccome a noi piace di più la Con­solata, allora ho fatto come il Cardinale che quando va a Roma, fa la provvi­sta a Torino... e poi costa anche meno... ho preso queste medaglie e le ho fatte benedire dal S. Padre. Ne ha benedette anche altre, ma queste in modo parti­colare. Le ho portate anche a S. Pietro, perciò son benedette dal S. Padre, e da S. Pietro: cosa volete di più: c'è tutto.
Fin d'adesso guardatevi di prepararvi bene... (V. Rettore: tutti piemontesi, neh?! ... colla testa dura). Già, laggiù dicevano: «Voi piemontesi avete troppa fretta! Voi quando volete una cosa, la volete!...».
Ci sono buone notizie anche dall'Africa, l'ultima lettera arrivata è quella di Coad. Benedetto, scritta da Mombasa: per fare il viaggio hanno impiegato 45 giorni.
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