ALLEGRIA E TRISTEZZA

3 aprile 1921
Quad. XVI, 10-11
(3 Aprile 1921)
Allegria e tristezza
La prima settimana dopo Pasqua che abbiamo passata è tutta di allegria. La S. Chiesa quanti Alleluia ci fa dire nella S. Messa e nel Divino Officio; esso è parola Ebraica che vuol dire Lodate Dio, Lodate il Signore, e si usa per esprimere letizia. Sovente nel giorno ci fece canta­re: Haec dies quam... È soave e dolce al cuore la preghiera che durante tutto il tempo pasquale ci fa rivolgere a Maria SS. Regina Coeli laetare... La piccola processione mattino e sera nel nostro Duomo...
In generale l'allegrezza; 1) Dio la vuole: Salm.: Laetamini et exultate justi; — Servite Domino in laetitia; - S. Paolo ai Filippesi: Gaudete in Domino semper; iterum dico gaudete...
Onora meglio il Signore, cui si serve con buona voglia: Hilarem datorem diligit Deus. Vedi Ven. Caf. Med. sul fine.
3) Edifica il prossimo e lo tira alla virtù, ed anche alla Religione. Es. Gesù coi bambini, S. Filippo e S. Francesco di Sales.
4) Nell'allegrezza si vive meglio e con maggior perfezione: Viam mandatorum tuorum cucurri...
L'allegrezza però per essere virtuosa ed ottenere questi beni deve essere retta quanto all'oggetto, al fine ed al modo, perché sta anche scritto nell'Eccles.: Cor stultorum ubi est laetitia (V. Rodriguez III p. 517).
Tristezza.
All'allegrezza si oppone la tristezza e melanconia, che come quella può essere buona o cattiva. C'è una tristizia buona e santa, che Gesù raccomanda: Beati qui lugent... È tale se è buono il suo oggetto, cioè lameditazione della Passione di N.S., specialmente nell'Orto; il dolore dei proprii peccati, ma con calma e speranza, come Davide e S. Pietro;
—piangere sui peccati del mondo, come S. Gaetano; — Sui mali della Chiesa; — sul trovarci così imperfetti, ma senza disanimarci; — pel de­siderio di finire questa misera vita e giungere al Paradiso: Euh mihi.. .Altra tristezza proviene dal proprio carattere e bisogna scuoterci e moderarla, o da malattie e si ricorra al medico, o dalle avversità della vita ed è necessaria la virtù della pazienza. Pur troppo che tutti abbia­mo i nostri giorni ed ore tristi, e talora non ne sappiamo noi stessi il perché; bisogna farci coraggio perché non degeneri in disperazione ed anche in pazzia. In Comunità sovente può succedere di cadere in malin­conia, con danno nostro e danno dei compagni. La tristezza dice lo Scaramelli (III, p. 225) offusca la mente, raffredda la volontà, e toglie la pace. S. Filippo la univa al peccato dicendo: peccato e malinconia, non in casa mia.
Rimedii contro la cattiva o falsa tristezza sono: 1) L'orazione. S. Giacomo scrive: Tristatur aliquis vestrum, oret. Invece sovente lascia­mo di pregare, e non ricorriamo a Gesù Sacramentato che c'invita: ve­nite ad me omnes, qui... Così facevano i Santi. — 2) Stare contenti del nostro stato presente, e vivere in esso col vivo desiderio di santificarsi, prendendo bene e male dalla mano di Dio. Es. di Giobbe. 3) S. Tommaso dice che il vero rimedio è la pazienza (Scar.).
P. V. Merlo Pich, quad. 370-377
Domenica 2 (sic) Aprile
In questa settimana avete ripetuto gli «Alleluja». Oh quanti ce ne fa dire la Chiesa! Certe volte anche quattro. Adesso non più tanto, ma non è ancora proibito l'Alleluja... Questo vuol dire che l'allegria non è male, anzi è una co­sa buona: così pure è buona certe volte la tristezza, secondo il tempo. Sono virtù tutte e due al loro tempo e quando sono moderate: in medio stat virtus!... Tutta la settimana i Sacerdoti nel Breviario hanno ripetuto: «haec dies»... è sempre Pasqua, oggi invece comincia il tempo pasquale. Questi gior­ni erano giorni di allegria adesso invece non più tanto, ma si deve ancor sem­pre star allegri, e si continueranno a dire alcuni alleluja, ma non più tanti. Continueremo a salutare la Madonna col «Regina coeli» così bello, con cui si invita la Madonna a star allegra. Noi Canonici in Duomo al mattino e alla sera dopo compieta, andiamo in processione fino all'ultimo altare della Madonna a cantare l'alleluja alla Madonna: il «Regina coeli». E così bella questa funzioncella! così bella, così tenera! Un bravo secolare un giorno che aveva visto questa funzione ne è stato ammirato ed è venuto a congratularsi con me: è così bello!
Sicuro. Si dice: «Gaude et laetare! Alleluja». Ieri questa funzione l'ho fatta io.
L'allegria è dunque una virtù che bisogna avere, non si è mai abbastanza allegri: è vero che si può essere troppo allegri quando fosse grossolana, ma di allegria vera, allegria di cuore e di mente, non ce n'è mai troppa.
Bisogna imparare ad essere sempre allegri, non solo ogni tanto, ma tutti i giorni, tutto l'anno... Vincenzo sempre Vincenzo! Siamo sempre lì... allora si che si piacerebbe al Signore.
N. Signore ama e predilige gli allegri. E poi si fa anche buona impressione al prossimo, quindi bisogna star sempre allegri anche per amor del prossimo. Bisogna che gli altri dicano di noi: quei Missionari lì hanno abbandonato ca­sa, parenti e tutti, eppure son sempre allegri lo stesso. Se si vuole far profitto nella perfezione bisogna sempre esser allegri: bisogna avere il cuore grande:
«In via mandatorum tuorum cucurri, cum dilatasti cor meum...» quando tu m'hai dilatato il cuore, cioè quando avevo la gioia interna ed esterna, allora:
«in via mandatorum tuorum cucurri!» non dice solo andai, ma «cucurri»! In­vece se si è malinconici si cammina adagio a piedi di piombo.
Vedete: se si vuol far del bene bisogna esser allegri. Ecco, perché S. Fran­cesco di Sales faceva tanto del bene? Perché era sempre dolce, affabile, alle­gro! E perché N. Signore attirava a sé tutti i bambini che le madri gli portava­no da tutte le parti? perché era affabile e non severo.
1) Il Signore vuole che siamo allegri: «servite Domino in laetitia», e non in «moestitia». E S. Paolo diceva: «Gaudete in Domino semper» e come se non bastasse dirlo una volta lo ripete: «iterum dico: gaudete!» però soggiunse:
«modestia vestra nota sit omnibus hominibus»: si, godete, ma colla dovuta moderazione.
2) Il Signore predilige gli allegri. Egli non vuol essere servito come da tan­ti «martuf». Quando un domestico serve il suo padrone col muso, anche se fa tutto quello che gli dice, il padrone non è contento: vuole che lo serva con una bella faccia. S'io avessi un domestico così... «martuf» gli direi subito: «ma fa le cose con un po' più di bel garbo». Il nostro Venerabile diceva che per servire il Signore ci vuole anche del bel garbo, bisogna essere allegri, farlo volentieri.
3) Bisogna essere allegri per riguardo al nostro prossimo, se no l'obbli­ghiamo a sopportarci e diamo loro noia. Ci sono certuni che hanno il cuore così piccolo che se hanno qualche fastidio non fan più niente. Costoro non son generosi. Una persona, una volta, mi domandava che gli permettessi di piangere almeno per un'ora, puramente per uno sfogo, così... Ma come?! sen­za nessun motivo, piangere puramente per uno sfogo: che stupidaggine! Se fosse piangere per i peccati!... anche S. Pietro ha pianto per tutta la vita in modo che gli si son fatti due canali sulla faccia! ma non per delle storie ... e neppure per scrupoli. Anche Davide ha pianto tanto, ma poi diceva: «Docebo iniquos vias tuas et impii at te convertentur»: mi farò missionario (sicuro! di­ceva così) mi farò missionario, e così compenserò al male che ho fatto, col mio zelo, col salvar delle anime, col [far] bene tutte le cose... Vedete come è bello essere sempre allegri! Bisogna che questo sia un carattere vostro: «Servite Do­mino in laetitia» ma servite.
Ora parliamo della mestizia: qualche volta bisogna anche essere mesti. In questo mondo ci son sempre delle miserie, ma non bisogna per questo lasciarsi prendere dalla malinconia. Qualche giorno è nero... ma non è bene che ci fac­ciamo vedere da tutti che siamo tristi... ai Superiori sì, ma non a tutti. Bisogna essere un po' forti, saper soffrire un po' più fortemente. Altri sono malinconi­ci di nascita, hanno un carattere cupo, malinconico... altri sono malinconici senza sapere il perché: pazienza se fossero vecchi, potrebbero aver mal di cuo­re... ma la vostra età... Altri non son mai contenti perché son sempre nelle stesse cose... Avrebbero bisogno di novità... si lascian prendere dalla noia... Questo non va, bisogna sempre essere di carattere uguale.
Mi ricordo di Mons. Gastaldi che aveva appunto mal di cuore. Una volta sono andato a trovarlo dopo pranzo e mi disse così: «Son tutto malinconico... i miei figliuoli invece di tenermi allegro mi fanno piangere (e difatti gli davano tanti dispiaceri) ma poi, diceva, ma no, non voglio, il Signore mi ha dato la forza morale di sopportarla, e non voglio essere malinconico, caro Canonico». Questo mi ha fatto molta impressione. È poi morto di un colpo apoplettico.
Va bene che tante volte è il carattere... e il carattere non bisogna distrug­gerlo, ma però bisogna moderarlo, tirarlo. Non bisogna essere come canne: un po' allegri, un po' malinconici: ciò fa male agli altri. Se farete così in Afri­ca quando sarete solo tre o quattro, se uno va di qui e l'altro va di lì... come si fa?! In comunità ci sono costoro a cui tutto pesa, vorrebbero sempre variare, sentire a parlare di cose nuove... bisogna non ascoltarla questa malinconia che certe volte viene, scuoterla, sia questa malinconia naturale o falsa...
Si può però essere tristi santamente: c'è dei casi in cui bisogna essere tri­sti: «Beati qui lugent, quia consolabuntur!». Ma bisogna sempre che ci sia un motivo degno; e questi motivi li riduco a quattro o cinque:
1) Piangere sulla Passione del Signore: ah, sì, per questo non si piange mai troppo. Se facessimo bene la meditazione su questo certo che saremmo sempre tristi... se pensassimo a quelle parole di N.S.: «Tristis est anima mea usque ad mortem! » piangeremmo e saremmo sempre tristi: pensare che il Si­gnore trovava tedio, noia... Allora sì, che bisogna piangere.: quella lì è tristez­za fruttuosa e buona: il Signore ne è contento, perché allora si consola sapen­do che qualcuno ha compassione di lui. Quello che più dava pena a N.S. era pensare l'inutilità per molti della sua Passione: «quae utilitas in sanguino meo?». Io soffro tanto, morirò in Croce, eppure tanti non mi amano. A que­sto bisogna pensare sovente, specialmente recitando i misteri del Rosario: ri­cordare queste parole: ahi me! «Quae utilitas in sanguino meo?»... Quelli che ne approfittano sono così pochi! I Santi avevano sempre davanti il Croci­fisso, è per quello che lo amavano tanto.
2) Bisogna piangere per i propri peccati. Ma anche allora questa tristezza deve essere moderata. Una volta che il Signore ci ha perdonato, ha dimentica­to i nostri peccati, si piange ancora perché si soffre di averlo offeso, ma biso­gna piangere con tranquillità, senza scrupoli... piangerli con calma.
3) Bisogna piangere i nostri difetti che siamo sempre gli stessi, sempre allo stesso punto... giorno per giorno bisognerebbe progredire... ma anche questo deve esser fatto con calma, piuttosto di scoraggiarsi, dobbiamo fare dei propo­siti, prender coraggio, farci forza sempre di più... tendere sempre alla nostra santificazione coll'aiuto di N.S.
4) Bisogna piangere i peccati che si commettono nel mondo. Nel mondo si commettono tante miserie, tanti peccati, tante bestemmie... Una volta si an­dava di più a far pasqua. Una volta anche alla Consolata alla vigilia di Pasqua c'era da attendere alle confessioni fino a tardi... alle 11 e tre quarti, bisognava prendere un po' di minestrina per poter star su... c'era da confessare uomini di tutte le sorta. Invece adesso son sol più pochi e sabato scorso alle 8 e un quarto non c'era già più nessuno: questo non vuol dire che non vadano, han­no tempo anche al mattino ma molti purtroppo si sono dimenticati di essere cristiani. La gioventù non conosce più i principi cristiani... commette tanti peccati, sacrificano tutto agli interessi, non conoscono nemmen più i coman­damenti.
Bisogna piangere per tutte queste offese di Dio. S. Gaetano Thiene è mor­to di crepacuore al vedere le offese di Dio che si commettevano a Napoli du­rante una sedizione... Abbiamo noi questo dolore? È questo che bisogna pian­gere; poi preghiamo per loro, facciamo tutto quello che possiamo per fare lo­ro del bene, affinchè si convertano; se non possiamo far altro per loro, prepa­riamoci bene ad andare Missionari e così compensare il male che si fa qui con tanto altro bene. Papa Pio X quando andavo a trovarlo, diceva sempre: «Son tutto consolato nel sapere il bene che fate voi Missionari laggiù in mezzo a quella gente, mentre qui c'è tanta freddezza per le cose spirituali; almeno là il Signore acquista dei nuovi fedeli fervorosi».
Questo è un dovere che abbiamo; apprezzare e sentire dispiacere per i ma­li della Chiesa; non dobbiamo stare indifferenti a tanti mali che si fanno e si dicono contro i Ministri della Chiesa; contro il Papa, contro i Vescovi ed i Sa­cerdoti, esserne dolenti... e se abbiamo un po' di cuore questo dolore lo dob­biamo sentire. Questo è tristezza buona.
5) Dobbiamo piangere perché siamo in una valle di lagrime. I Santi sospi­ravano: «heu mihi quia incolatus meus prolongatus est!». E S. Paolo diceva che desiderava sciogliersi da questo corpo. E così tutti i Santi. È volontà di Dio che si viva e noi dobbiamo desiderare anche di venire fino a 90 anni; ma tuttavia bisogna sentire desiderio del Paradiso: questo sospiro ci vuole. S. Te­resa diceva: che coloro che non desiderano il Paradiso su questa terra andran­no poi in Purgatorio, e vi staranno del bel tempo, appunto per far venire que­sto desiderio.
Dobbiamo piangere perché siamo sempre in pericolo di offendere N. Si­gnore. È vero che anche in Purgatorio non si offende più; ma dobbiamo desi­derare di goderlo N. Signore.
6) Dobbiamo pure piangere perché commettiamo sempre gli stessi pecca­ti, siamo sempre i medesimi, sempre le stesse miserie: questa è una tristezza buona; ma bisogna fare attenzione che in fondo non ci sia della superbia. Tan­te volte N.S. permette queste cosette per conservarci nella nostra umiltà... Ma bisogna cercare che siano sempre meno volontarie...
Ma non bisogna mai avere la malinconia che non sia per questi motivi, perché fa del male a noi e fa male agli altri.
Tante volte avviene che siamo malinconici, perché crediamo che ci abbia­no fatti dei torti, o perché siamo ammalati... Bisogna che impariamo a soffri­re, saper sopportare queste cose con meno tristezza possibile, sopportare i no­stri mali da forti.
Adesso vediamo i rimedi contro questa tristezza.
1) Primo rimedio, dice S. Tommaso, è la pazienza.
2) Secondo rimedio è la preghiera: ricorrere sovente a N.S.: specialmente dobbiamo ricorrere a Lui nel SS. Sacramento, quando siamo malinconici: una visita al SS. Sacramento fa del bene. Egli è là che dice: «Venite ad me omnes qui laboratis et onerati estis, et ego reficiam vos!».
È quello che dice anche S. Giacomo: «Tristatur aliquis vestrum? oret». Questo è il secondo rimedio.
3) Vivere secondo il nostro stato: non coltivare nella testa tante velleità, ma vivere contenti ora per ora, giorno per giorno. Essere generosi col Signore: se no ci resta sempre una pena nel cuore, e il Signore non ci dà tutte quelle gra­zie spirituali e quelle consolazioni... Si è lì un quid medium, non si ha energia, non si ha eroismo. Allora il Signore ci lascia lì così, non ci dà quelle consola­zioni che da ai fervorosi. Questa volta ho capito perché tante volte non son contento. Il Signore dà le sue grazie a chi fa dei sacrifizi per amor di Dio... se non siamo generosi abbiamo sempre dentro di noi un pochino di rimorso e di pena.
Ho preso questa occasione per parlarvi dell'allegria e il modo di mettere in pratica anche quello che abbiamo detto sulla tristezza vera.
Del resto non dobbiamo far altro che metter tutto nelle mani di Dio. Dobbiamo essere generosi, lasciar da parte i nostri capricci, e allora il Signore ci benedice.
Questo dobbiamo mettere in pratica a ricordo della settimana Pasquale. Dovete sempre essere allegri, di vera allegria, in modo che tutti vi possano ve­dere felici: che possano dire: hanno lasciato tutto, eppure, guarda, come sono felici.
E poi, perché non esser felici?... «Habentes quibus tegamur et quid manducemus, iis contenti simus! ». Raccomandiamoci a N.S. ed all'Angelo Custo­de; e prendiamo questo proposito di condurre d'ora innanzi una vita fervoro­sa, non essere dei «martuf» diminuire i peccati e le miserie, mettere più ener­gia e cadere meno volontariamente possibile.
In una Comunità se tutti fanno questo proposito sarà un Paradiso antici­pato. Delle miserie ce ne saranno sempre; ma siamo qui per sopportarci e per santificarci: non bisogna venir malinconici, metter tutto nelle mani di Dio. Dobbiamo edificarci noi ed edificare gli altri.
Preghiamo il Signore e ringraziamolo della sua Passione e Risurrezione e preghiamolo che ce ne applichi i frutti.
P. G. Richetta, quad.
3 Aprile 1921
Allegria
1) il Signore lo vuole - Servite Domino in laetitia
2) il Signore predilige gli allegri - hilarem datorem...
3) fa buona impressione al prossimo.
— S. Francesco di Sales attirava tutti.
— le madri portavano i bimbi a Gesù.
Bisogna che questo sia un carattere nostro: Servite Domino in laetitia, ma servite.
Mestizia
Vi sono dei momenti in cui bisogna essere mesti, ma ci vuole un motivo. -Beati qui lugent...
1) piangere sulla Passione di N.S.
2) piangere pei propri peccati
3) piangere sui proprii difetti (sempre gli stessi)
4) piangere sui peccati del mondo
5) piangere perché siamo in valle di lagrime.
Rimedi contro la tristezza:
1) pazienza
2) preghiera, visita a Gesù Sacr.
Tristatur?... Oret... (S. Giacomo)
3) vivere contenti del proprio stato, giorno per giorno.
giuseppeallamano.consolata.org