DEDICAZIONE DELLE CHIESE

18 novembre 1923
P. P. Borello, quad. 57-59
Signor Rettore. 18 Novembre 1923
Due parole alla semplice... La dedicazione delle Chiese! Avete veduto quante volte in questo mese ci sono state di queste commemorazioni. Il Duo­mo nostro, il Santo Salvatore ed oggi SS. Pietro e Paolo. Perché la Chiesa si occupa tanto di queste feste? Perché le ricorda tanto ai fedeli, le presenta alla loro meditazione? Per l'importanza che hanno. Nell'Antico Testamento Salomone dedicò il tempio con grandi feste e grandi ricchezze: aveva già il Signore manifestato questo suo desiderio a Davide: che preparasse, suo figlio l'avreb­be poi innalzato. E per dimostrare che ciò gli recava grande piacere fece scen­dere dal cielo il fuoco per bruciare i sacrifizi numerosi di animali e scese una nuvola che avvolse tutto il tempio e così ha dimostrato di prendere possesso del tempio. E se ciò nell'Antico Testamento, quanto più nel Nuovo! Ogni chiesa conserva il SS. Sacramento e Gesù pretende anche quello splendore che è necessario. E noi alla sua presenza dobbiamo rimanere come quei santi che erano così compenetrati del mistero della presenza reale che s'accorgevano se in una chiesa c'era il SS.mo o no. E noi solamente qui l'abbiamo in cinque (?) posti. Come dovremmo andare a vederlo ed amarlo! Sempre dovremmo essere là, ma purtroppo c'è solo permesso rimanere quel poco... Dobbiamo avere di­vozione interna ed esterna. Poco tempo fa il Papa (Pio XI) ha concesso 300 giorni d'indulgenza a chi entrando in una chiesa senza badare ad altro, va su­bito al SS. Sacramento. Molti entrano in chiesa guardano qua e là, si fermano a guardare, ammirare e dimenticano il Signore: ed il Papa concede una tale in­dulgenza per farci guardare a Gesù solo. Dobbiamo aumentare in noi una tal divozione. E che sono gli altri santi, anche S. Espedito? Egli solo è il Padrone. E un po' umiliante per noi che il Papa abbia dovuto concedere una tale in­dulgenza!... Dobbiamo farci l'abito di sentire la presenza reale di Dio, come la sentivano tanti santi, e sentendola regolarci come uno che crede, sia che sia solo in chiesa come ci siano altri. Ricordate quel tale: era in una chiesa chiusa e pregava. E fatta la sua bella genuflessione, fa per andarsene, quando vede un uomo che era nascosto, che gli disse: «credo che c'è realmente il SS. Sacramento e mi converto!» (era protestante). Vedete l'efficacia della fede: se cre­dendo d'essere solo, l'avesse fatta non tanto bene avrebbe impedita la conver­sione di quel protestante. Ci vuole gravità nel fare bene tutte le cerimonie. Cantare bene tutti quei che lo possono, fare bene anche un semplice inchino.
Le cerimonie poi ve le raccomando in modo particolare: non lascio mai passare anno senza fare questa raccomandazione, perché bisogna farle bene e con spirito compenetrati da ciò che si fa. Ma per questo ci vuole cuore. Un giorno mi si disse che un sacerdote dicendo Messa nel voltarsi al «Dominus vobiscum» e specialmente all'«Orate fratres» dava uno sguardo generale a tutti quei che erano in chiesa e che ciò scandalizzava i fedeli; glielo dissi, ed egli mi disse che non se n'accorgeva, non ci pensava. Bisogna essere compresi di ciò che facciamo, bisogna riflettere e pensare per farlo il più bene che si può. Vivere di fede, sempre, quando si è soli come quando ci sono altri, e sem­pre fare tutto bene. «Locus iste sanctus in quo orat sacerdos!». «Pavete ad sanctuarium Dei». State «cum timore et tremore» alla mia presenza.
Mi piace tanto Sant'Alfonso che faceva la genuflessione fino a terra: ed anch'io ho sempre fatto il possibile, ed ora non posso e me ne rincresce. Sta­mane non ho voluto dire la S. Messa in pubblico per non dare scandalo. E voi non dovete scandalizzarvi se venendo da voi non la posso fare proprio bene, perché nell'intenzione voglio proprio farla bene. In qualunque chiesa pensate che c'è il Signore, benché non ci sia tanta esteriorità: in Africa dovrete cele­brare sotto la tenda, ed allora si che ci vorrà fede. Fatevi ora l'abitudine di fa­re le cose con fede ed amore e l'avrete poi anche quando non avrete neanco più questo poco d'esteriore. Tutte anche le più piccole cerimonie! Il Signore dà la grazia di poter studiare meglio, amarlo di più: Egli nulla lascia senza gra­zia. Stimatevi fortunati di servire all'altare anche all'ultimo posto. Mancando chierici, il Cafasso e D. Bosco fecero da accoliti: ed al Superiore che un po' confuso faceva le scuse dissero: «Per noi è un onore!». Studiate le cerimonie! A quella comunità che ha fede e dà importanza alle sacre funzioni e fa bene tutte le cerimonie, il Signore conserva lo spirito; ma se va alla carlona a questo riguardo il Signore non benedice. E tutti i Fondatori di Case Religiose hanno dato importanza a questo e se qualcuna se ne [è] dimenticata, ha diminuito pure il suo spirito. Dio puniva nell'antica legge le mancanze di rispetto: ora se non colpisce più con una morte improvvisa, punisce spiritualmente. Non castiga esteriormente, ma riserva per la vita futura! E quanti all'Inferno, o alme­no al Purgatorio per questo motivo.
Voi dovete farle bene, con fede: cerchiamo in Chiesa collo sguardo subito il Tabernacolo: il cuore a Lui, benché non sia visibile.
Questo un frutto che dovete ricavare dalla festa della dedicazione delle Chiese. Bisogna fare così: da tutto saper prendere occasione per santificarci: tutto serve.
giuseppeallamano.consolata.org