S. SCRITTURA — CARITÀ FRATERNA AVVENTO

9 dicembre 1923
P. P. Borello, quad. 59-63
Signor Rettore. Ai Neo-Prof. 9 Dicembre 1923
(Sant. Consolata)
... Anche P. Botta, se mi domandava il permesso, non lo lasciavo ancor morire... Venite a trovar me; io non posso più andare da voi: quando farà bel­lo guarderò di andarci: vado neppur più in Duomo. Ho esposto al Papa se era il caso di non più andarci e mi ha risposto: «altro che necessario!». Ma voi avete le gambe buone e venite a trovarmi qui. Oggi ho fatto meditazione su di un bel libro e parlava della Sacra Scrittura. E dice a riguardo dell'Epistola di oggi (II Dom. di Avvento) di S. Paolo, su quelle parole: «quaecunque scripta sunt ad nostram doctrinam scripta sunt ut per patientiam et consolationem scripturarum spem habeamus» (Rom. XV-4), che quando S. Agostino fu ordi­nato sacerdote, ebbe dal suo vescovo l'incarico di predicare, e che egli non po­tendosi schermire, gli domandò almeno un mese di tempo per prepararsi sulla S. Scrittura. Cultura profana ne aveva molta, ma non aveva quella sacra, e perciò domandò un mese per prepararsi, ed è giusto! S. Girolamo dice: «Ser­mo presbiteri lectionibus scripturarum conditus sit». Là c'è di tutto: bisogna aver affezione.
È una vergogna che molti preti, ed anche tanti di voi, non l'abbiano anco­ra letta tutta. Neppur io non posso affermare di averla letta tutta di seguito; ma leggevo là dove mi capitava, onde molti tratti li so anche a mente. Bisogna che la leggiamo per il nostro bene e quello degli altri: per predicare e convertire la S. Scrittura è un sacramentale. Essa penetra e va al cuore: è parola di Dio. Citare Sacra Scrittura vale molto di più che citare poeti... tanti citano co­se buone, ma non hanno grande efficacia: il Cardinale Richelmy non citava mai poeti profani, ma molto il Manzoni. È bello, ma come predicazione non va... Voi siete giovani e vi pare di farvi belli, di far vedere che siete istruiti a ci­tare poeti... Parole inutili! Scrittura ci vuole. È parola calda, e come dice S. Paolo (II Tim. III, 16-17), «omnis scriptura divinitus inspirata utilis est ad docendum...ad erudiendum in justitia ut perfectus sit homo Dei, ad omne opus bonum instructus». I Maccabei avevano la lezione di santi libri come una con­solazione. S. Carlo Borromeo dice che la Scrittura era suo giardino.
Questo ve lo dico perché continuate a leggerla; un po' di tempo si trova: guardate anche qualche commento: [Cornelio a] Lapide. Confrontate qualche testo. La nostra Biblioteca è una delle più perfette in fatto di S. Scrittura. Ave­te più copie del Martini: è molto bello ed anche classico come lingua. Importa che prendiate affetto alla Scrittura: è il nostro libro. Una volta non esistevano trattati: i Santi, i Dottori della Chiesa sulla Scrittura commentando, impara­vano la fede, l'imparavano e l'insegnavano. Veri trattati vennero solo più tar­di: S. Giovanni Damasceno fu uno dei primi ad ordinare la dottrina. I Santi tutti insistono sulla lettura dei libri Santi. S. Paolo, adunque, oggi ci dà questo ammaestramento: leggete la scrittura: qui, se uno è triste, ha di che da conso­larsi, a tutto si trova rimedio. Chi legge la Scrittura e l'Imitazione si riempie di buon spirito: leggere l'Imitazione e non sentirsi scosso è impossibile. Il Ven. Cafasso sovente durante il giorno apriva l'Imitazione e qualunque cosa gli ca­pitava davanti la trovava proprio a proposito di ciò che andava cercando. Voi la sentite a leggere più volte all'anno in refettorio. Una volta in Seminario io ne aveva fatto un compendio. Al mattino prima della S.Messa ne leggeva un poco, e durante il giorno lo ruminava, ed alla sera mi diceva: «che cos'è che mi ha fatto più impressione?». E poi lo scriveva e l'ho ancora. Così si deve fa­re della S. Scrittura. Anche fra gli studi un po' di tempo si trova, e bisogna leggere, massime le lettere di S. Paolo. Non occuparvene troppo, perché avre­te tante cose da fare, il dovere nostro, ma un pochino è possibile. Anche in Africa un po' di Bibbia l'avete e nei giorni piovosi che vorrete fare? Leggerete un poco.
Quindi tenete questo come mio ricordo: ed accanto alla Scrittura mettete pure l'Imitazione.Questo libro mi ha accompagnato tutta la vita: ne ho regala­te tante copie, ma la mia l'ho sempre tenuta e mi ha sempre servito... In Semi­nario la facevano studiare... Ed è questo che vorrei si facesse studiare ancora nei primi anni del Seminario. Mons. Gaietti di Alba la sapeva a memoria ed aveva ottenuto l'unzione del suo parlare dalla lettura dell'Imitazione. Predica­va ed andava al cuore. Avete fatto bene a studiare S. Paolo in Noviziato. Da noi i primi due anni si studiava Imitazione e S. Paolo nei tre seguenti di ginna­sio. Era duro eppure lo sapevamo parlare bene, benché la dessero al sabato mattino per la Domenica... Se uno sta attento alla lettura guadagna molto e questo basta per l'eternità. «Ama scientiam Scripturae et vitiis carebis». È co­me una giaculatoria contro le tentazioni. Ricordate che oggi S. Paolo vi dà questo ricordo come istruzione e consolazione. E la consolazione è anche ne­cessaria. Siete giovani... ma i fastidi verranno. Adesso l'unico fastidio dev'essere fare il dovere e continuare il Noviziato. Avete veduto la bellezza della virtù, come si fa a fare meditazione, a vivere con Dio, adesso praticatelo (leg­ge una lettera di Coad. Benedetto Falda). Vedete che non rimpiange: anzi han­no tentato di trarlo fuori dall'Istituto, geloso [della sua vocazione], ma egli disse: «aspetto un'altra paga». Poco fa è stato qui il Console Italiano di Nairobi e mi diceva: «C'è quel tipografo (Coad. Angelo) che se volesse andare a Nairobi, guadagnerebbe oro a volontà ... ma lui non vuole». Ecco lo spirito che ci deve essere nell'Istituto e, grazie a Dio, c'è questo spirito. Coad. Bene­detto, mi scriveva: «Sono maligno mi mandi una benedizione che venga più buono. Tutte le sere ne domando perdono a Dio e scusa a chi ho trattato ma­le». Anche a noi capita di dire una parola un po' secca? Il più presto possibile una buona parola di riconciliazione. Possibile che non possiamo sopportare che ci si tocchi? Una volta c'era uno che diceva: «non gli voglio male, ma lui faccia la sua strada, io faccio la mia». No, questo non è da cristiano e tanto meno da aspirante sacerdote. È come quel tale che diceva: «gli perdono, ma non voglio più vederlo»... Eppure siamo tutti così: temiamo che colui che per­doniamo, si creda poi d'aver ragione. Bello quel passo del Vangelo: Sei tu all'altare e ti ricordi che qualcuno ti ha offeso, lascia il sacrificio va prima a ri­conciliarti... Il Signore comanda di prevenire chi ci ha offeso. La ragione ver­rà poi: hai guadagnato mio fratello. Perché quel tale, vedendo così dirà: «Io che ho torto permetto ch'egli mi prevenga!...» Così bisogna fare, altrimenti si va dietro a tante minuzie. Una volta c'era un tale che non giocava più alle boc­ce, perché gli altri volevano sempre le più belle. Motivi ridicoli! Eppure siamo così fatti che se non stiamo attenti in una comunità si diviene peggio che bam­bini: e tante cose se non osiamo dirle, almeno le pensiamo. Mai un nemico: e se c'è uno che non vuole riconciliarsi, preghiamo per lui. Di qui quanto un Ve­scovo mi diceva un giorno: «Certa gente ci vuole del tempo per rimetterle a posto». Ma perché non rimettersi subito e stare lì più giorni a macchinare ven­dette...
Siamo andati un po' lontani. In questo Avvento bisogna vivere dello spi­rito della Chiesa. L'avvento ricorda tre venute di nostro Signore: quella reale che non si rinnova più, quella della fine del mondo che verrà poi, ma princi­palmente ricorda la venuta spirituale di Gesù nelle anime: e tutto l'Ufficio ri­guarda a ciò. La Chiesa ci sprona a prepararci e supplica il Signore a venire. In tutte e quattro le settimane è così: guardate anche solo gli «Oremus». È fatto proprio per scuoterci. Vedete: i sospiri che la Chiesa ci pone davanti. Prepa­riamoci al Natale altrimenti quando viene, non riceveremo che poche grazie, mentre Gesù ne porta un fagotto. Lo scopo della Chiesa è appunto ricordarci essere vicina la venuta del Salvatore, ed a che serve tutto questo se non siamo capaci ad applicare a noi questi sentimenti e non li comprendiamo?.... Così facendo, si gustano le feste! Guardate S. Francesco d'Assisi: piangeva su Gesù Bambino. E siamo pure anche un po' materiali facendo il presepio: purché in tutti i modi ci solleviamo. Se un prete non vive di questa liturgia, che andrà a predicare egli?... Lasciamo ai teologi le dispute: se l'Incarnazione sarebbe ugualmente avvenuta, supposta l'innocenza di Adamo ed Eva... se ci sono al­tri mondi abitati...
Avanti: che il Signore ci benedica... e noi procuriamo di essere uomini di fede, di Dio. Attenti alla lettura dell'Imitazione, libro prezioso, che lo medita­te, vi servirà anche in confessionale: non ricorderete le parole testuali, ma vi usciranno dalla bocca parole che toccano il cuore... È bello questo testo, che a me piace tanto: Fili, non te frangant labores, quos assumpsisti propter me ... usquequaque (intieramente): vale un perù quest'ultima parola. Si vede che l'autore comprendeva il cuore dell'uomo: concede un poco di abbattimento, ma non molto...
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