IL ROSARIO CON L'ALLAMANO

La vostra preghiera quotidiana di tutta la vita ”1

 

VoltoCons01Con la Lettera Apostolica ‘Rosarium Virginis Mariae’ del 16 ottobre 2002 (d’ora in poi citata: RVM), il Papa Giovanni Paolo II ha indetto l’Anno del Rosario, dall’ottobre 2002 all’ottobre 2003. Questo nuovo documento pontificio si è proposto l’obiettivo di imprimere come un rafforzamento alla linea del rinnovamento pastorale traiata dalla precedente Lettera Apostolica ‘Novo millennio ineunte’(06.01.2001). E’ un’iniziativa dalla quale il Papa si aspetta frutti positivi per tutta la cristianità. “Una preghiera così facile, e al tempo stesso così ricca, merita davvero di essere riscoperta dalla comunità cristiana” (n. 43). Per questo motivo il Papa si rivolge ai vescovi, ai sacerdoti, ai teologi, ai consacrati, agli operatori pastorali nei diversi ministeri, e li incoraggia a fare esperienza personale della bellezza del Rosario, chiedendo loro di diventarne “solerti promotori”(n. 43). Particolarmente toccante è l’appello rivolto ai laici: “Guardo a voi tutti, fratelli e sorelle di ogni condizione, a voi famiglie cristiane, a voi, ammalati e anziani, a voi giovani: riprendete con fiducia tra le mani la corona del Rosario, riscoprendola alla luce della Scrittura, in armonia con la Liturgia, nel contesto della vita quotidiana” (ibid.). E conclude: “Che questo mio appello non cada inascoltato” (ibid.).

Durante questo anno, può essere utile riflettere su come il nostro Fondatore proponeva questa preghiera ai suoi figli e figlie. A dire il vero, si può tentare un confronto o trovare i punti di convergenza tra la citata Lettera Apostolica di Giovanni Paolo II sul Rosario e la dottrina del Fondatore. Farò alcuni richiami, i titolo esemplificativo, che potranno essere personalmente approfonditi.

 

I. L’ALLAMANO E IL ROSARIO

 

1. Il Rosario inquadrato nella pietà mariana dell’Allamano

La stima e l’amore del Fondatore al Rosario ed i suoi numerosi interventi nelle conferenze per spiegarlo e raccomandarlo, per essere ben compresi, vanno inquadrati più in generale nella sua pietà mariana. La mariologia dell’Allamano appare semplice e personalizzata. Non c’è dubbio che egli possieda una buona conoscenza della dottrina teologica su Maria SS. E’ dimostrato dai contenuti di tutti i suoi interventi educativi. Non è facile contare quante volte l’Allamano abbia parlato della Madonna nelle sue conferenze! E sempre in modo teologicamente puntuale, anche se con stile e forma propri del suo tempo e degli autori cui si riferiva. Ma c’è un elemento che risalta chiaro: il suo discorso sulla Madonna è abbastanza dipendente dalla sua esperienza di vita, sia come Rettore del Santuario della Consolata e sia come Fondatore di due Istituti Missionari.

Ecco, allora, che, come Rettore del Santuario della Consolata, l’Allamano matura una spiritualità mariana legata all’ambiente in cui vive ed opera e, di conseguenza, connessa con il mistero della “consolazione”. Manifesta una semplicità disarmante, ma molto significativa, quando indica Maria Consolata come la “sua” Madonna. Alle suore confida:« Oggi non ho ancor visto la Madonna: stamattina, quando sono venuto via, [la chiesa] era ancora chiusa; stasera sarà già chiusa, ed io non ho visto che la Madonna del Duomo, perché ho celebrato là la Messa cantata. Ho visto quella del Duomo, ma…non è la mia…».2 L’espressione, certo un po’ ingenua, rivela la sua convinzione di avere stabilito con la Consolata un legame che considerava privilegiato, fino a ritenersi« il suo Segretario» e« il suo Tesoriere», con« il diritto di essere ascoltato prima degli altri».3 Nella sua responsabilità di Rettore di un così celebre santuario mariano, si è impegnato al massimo per rinnovare la pietà mariana nella vita della gente. Era convinto della presenza “consolatrice” e continua della Madonna:«Come nostro Signore è morto per ciascuno di noi, così la Madonna si occupa di ciascuno di noi, si occupa di te…di me, come se non ci fosse nessun altro».4 La “consolazione” offerta da Maria Consolata, per l’Allamano, concretamente era la “salvezza” soprannaturale:«La Madonna, in Dio, con Dio, può tutto; Essa è corredentrice del genere umano perché ha sofferto col suo Figliuolo, ha partecipato alla sua passione».5 Inoltre, Maria è la “consolatrice degli afflitti” e, quindi, “speranza”, “conforto” di chi soffre o è in necessità, perché, come esprime l’oremus della festa liturgica della Consolata, “Dio ha disposto di donarci ogni grazia per mezzo di lei”.6 E ancora, Maria è “madre” e, come tale, attende di essere “consolata” dai figli. Benché tutti i misteri di Maria siano presenti nella spiritualità dell’Allamano, questa dimensione ispirata alla figura della Consolata occupa un posto di privilegio.

In quanto Fondatore, l’ Allamano ha la coscienza di un suo rapporto speciale con Maria, proprio a livello di ispirazione e di realizzazione. Riserva, infatti, alla Consolata il titolo di “Fondatrice” e, quindi, “Patrona” dei suoi due Istituti. Vuole che i suoi figli e figlie ne portino il titolo come “nome e cognome”, si sentano “figli prediletti” e che la considerino “madre tenerissima”. In più, insegna che per essi «quando si parla della Madonna, si sottintende sempre la Consolata».7 Propone loro di “annunziarne la gloria alle genti”, per favorire la divulgazione della Buona Novella:«[Gli africani] l’amano tanto la Madonna, la capiscono questa devozione perché essi vogliono più bene alla Madre che al padre; quindi trovano tanto naturale che N. Signore abbia una madre».8

In particolare, come educatore di missionari, l’Allamano indica Maria “modello” efficace, dopo Gesù, per raggiungere l’ideale di essere “prima santi e poi missionari”. La sua proposta pedagogica è sempre collegata al Vangelo e, parlando di una qualsiasi virtù, egli inizia immancabilmente a spiegare come Gesù l’ha vissuta. In grado subordinato e analogo, si può dire la stessa cosa riguardo alla Madonna. Gli è veramente spontaneo e facile indicare Maria come modello di vita riguardo a qualsiasi virtù, perché ne è convinto più per esperienza di vita che per studio.

Si potrebbe continuare con altri enunciati simili e confortarli con citazioni dalle conferenze o lettere dell’Allamano. Mi limito a questo cenno unicamente per dire che il discorso sul Rosario va visto in questo quadro più ampio del suo pensiero e spirito mariano. Così diventa più comprensibile e, sicuramente, più accettabile.

Stesso tipo di ragionamento sembra emergere dalla Lettera Apostolica RVM di Giovanni Paolo II. Al n. 24, dopo aver enunciato i quattro tipi di misteri (della gioia, della luce, del dolore e della gloria), il Papa pone un titolo significativo: “Dai ‘misteri’ al ‘Mistero’: la via di Maria”. Qui fa notare che la meditazione dei vari misteri introduce l’animo “al gusto di una conoscenza di Cristo”, che è la sintesi di tutti i misteri evangelici, è il Mistero del Verbo fatto carne che supera ogni conoscenza (cf. Ef 3,19). Ecco la logica conseguenza di questa premessa: “Il Rosario si pone a servizio di questo ideale, offrendo il ‘segreto’ per aprirsi più facilmente a una conoscenza profonda e coinvolgente di Cristo. Potremmo dirlo la via di Maria. E’ la via dell’esempio della Vergine di Nazareth, donna di fede, di silenzio e di ascolto. E’ insieme la via di una devozione mariana animata dalla consapevolezza dell’inscindibile rapporto che lega Cristo alla sua Madre Santissima: i misteri di Cristo sono anche, in certo senso, i misteri della Madre, persino quando non vi è direttamente coinvolta, per il fatto stesso che Ella vive di Lui e per Lui” . Come si vede, anche per il Papa, il Rosario va inquadrato in un contesto più ampio, che abbraccia tutta la personalità della Madonna, perché ogni mistero, enunciato nel Rosario, la collega con tutta la vita di Cristo a motivo del rapporto inscindibile che ella ha con “il Mistero” per eccellenza, che è il frutto del suo seno.

 

2. L’Allamano “educa” a pregare il Rosario

Esaminando i suoi interventi formativi, si nota come il Fondatore abbia parlato spesso del Rosario, riproponendo, attraverso gli anni, più o meno gli stessi concetti. Questa specie di ripetitività non va considerata come un limite. Essa è un valore dal punto di vista sia della sua vita personale che di capacità educativa. Emerge chiaro come l’Allamano abbia avuto delle convinzioni che, con il passare del tempo, rimasero ferme, anzi si rafforzarono e si svilupparono. Più che la dottrina, che pure c’è in abbondanza, emerge in lui la fede e la pietà. L’Allamano, più che un teologo che insegna, è un santo che vive e che educa a vivere, anche in rapporto al Rosario.

Per conoscere integralmente la sua dottrina sul Rosario, basta esaminare un suo manoscritto che, anche se non è il primo in ordine di tempo, lo ritengo il principale, perché è il più completo e poi perché praticamente è stato la base di tutti gli interventi successivi: per i missionari,9 Siccome «poi il Rosario è pieno di Ave Maria»,10 è utile vedere la magnifica e ampia spiegazione che il Fondatore fa di questa preghiera, che «dopo il Pater, è la preghiera più eccellente».11

 

3. Sano realismo: rischio della ripetitività

Anzitutto, il Fondatore dimostra un sano realismo, proprio di chi ha una forte esperienza di educatore. Si rende conto che il Rosario, data la ripetitività delle sue preghiere, può ingenerare una certa noia, con il pericolo di essere trascurato. Impressiona l’insistenza con cui incoraggia a superare questa sensazione più psicologica che spirituale. Nella sua pedagogia, si nota una speciale sottolineatura della parte affettiva con un crescendo, che cerco di far risaltare riportando, senza commentarle, alcune citazioni dirette. Se, poi, queste sembrano troppe o esagerate, si tenga presente che il Fondatore ha toccato questa aspetto praticamente quasi tutte le volte che ha parlato del Rosario. Nella sua menta sarà stato pedagogicamente rilevante.

Il rischio della noia è reale: «Riguardo a questo benedetto Rosario io ho sempre paura che si dica così, solo per dirlo, tanto per togliere il peso»;12 «Riguardo al Rosario, ho sempre paura che si consideri come un peso, e per sé non sarebbe mica male che sia un peso, ma deve essere dolce peso»;13 «Prendete amore, stima, affezione al S. Rosario, non credetelo un peso, ma un peso soave»;14 «Quando per caso viene un po’ di noia, mandarla via; e se pesa servirà per benedizione»;15 «Fate in questo modo; così il Rosario si dirà sempre bene, volentieri e non si troverà lungo il tempo»;16 «Fate in questo modo recitando il Rosario, e non troverete più lunga e noiosa tale devozione, ma invece corta e soave».17

Non omettere il Rosario con la scusa che è una preghiera noiosa:«Questa preghiera non ci paia noiosa dicendola con poca devozione, e lasciandola quando non possiamo dirla in comune»;18 «[…] O non piuttosto lo troviamo, come tanti cristiani una devozione noiosa, e potendolo lo lasciamo, perché non strettamente obbligatorio?»;19 «Anche in noi può capitare quel po’ di noia e così si lascia a poco a poco…».20

Ripetere “Ave Maria” è segno di amore: «[…] che non venga in testa che esso [il Rosario] sia una ripetizione noiosa. E’ noioso dire alla Madonna che le vogliamo bene? E’ noioso dire al Signore che gli vogliamo bene?»;21 «Alcuni si annoiano…Il Padre Lacordaire dice: “L’amore non ha che una parola, più si ripete, più è dolce, ed è sempre nuova”».22 Qui il Fondatore non teme di portare l’esperienza personale molto bella: «Quando io dico che voglio bene alla Consolata, cosa devo dire…dirò sempre quello».23

Preghiera del cuore: «Nel Rosario vi sono tante Ave Maria, tutto uguale, una dopo l’altra, perché non si cambia?! Sempre ripetere le stesse cose…Quando dicono così è segno che non la recitano col cuore»;24 «Come son belle le parole dell’Angelo! Ogni parola dell’Ave Maria è d’oro. Ora se una cosa bella e buona si ripete sempre; non ci stucchiamo mai! Il provar noia a dir il Rosario è segno delle anime tiepide».25

La Madonna non si annoia a sentirsi ripetere il saluto angelico: «Oh!…sempre ripetere: Ave Maria…Eh! Non sapete che è la più bella preghiera dopo il Pater? La Madonna sente volentieri ripetersi sempre questa preghiera. Il Signore ha forse fatto un libro di preghiere?»;26 «Mai stancarsi di ripetere: Ave Maria.[…] la Madonna non si annoia a sentirlo».27

Vincere le distrazioni: «Per dire bene il Rosario e non distrarci tanto facilmente, si fa come le api, si prende una parola di qua, un pensiero di là…».28

Al termine di queste citazioni, risentiamo gli stessi concetti che ritroviamo sinteticamente espressi nella RVM del Santo Padre: “La meditazione dei misteri di Cristo è proposta nel Rosario con un metodo caratteristico, atto per sua natura a favorire la loro assimilazione. E’ un metodo basato sulla ripetitività. Ciò vale anzitutto per l’Ave Maria, ripetuta per ben dieci volte ad ogni mistero. Se si guarda superficialmente a questa ripetizione, si potrebbe essere tentati di ritenere il Rosario una pratica arida e noiosa. Ben altra considerazione, invece, si può giungere ad avere della Corona, se la si considera come espressione di quell’amore che non si stanca di tornare alla persona amata con effusioni che, pur simili nella manifestazione, sono sempre nuove per il sentimento che le pervade” (n. 26).

 

4. Il Rosario è una preghiera “garantita”

Per l’Allamano il Rosario è una preghiera garantita. Egli si sofferma volentieri ad illustrarne il valore, che vede sostanzialmente in cinque ragioni: 1) La stima che ne ebbero i Santi ed i Papi. 2) Il fatto che tutti gli Istituti Religiosi prevedono nel loro orario un tempo per il Rosario. 3) La composizione in preghiera vocale e mentale. 4) La celebrazione dei misteri della vita di Gesù e di Maria. 5) E’ fonte di grazie straordinarie per noi e per gli altri.29

Di queste ragioni il Fondatore parla in diverse occasioni, facendo, per esempio, elenchi di Santi e di Papi che ebbero in onore il Rosario e spiegando come si devono pronunciare le parole quando si recita in comunità, quale significato hanno i quindici misteri, quali frutti spirituali si ricavano, come le indulgenze e altre grazie, ecc.

In particolare, riguardo ai Papi che ebbero in stima il Rosario, trovo un collegamento tra l’insegnamento del Fondatore e la Lettera Apostolica RVM. L’Allamano si richiama con convinzione ai Sommi Pontefici. Citando il volume intitolato ‘Conferenze al Clero’ del Filippino P. Bruno Giuseppe, egli ne fa un lungo elenco e riferisce il pensiero sul Rosario di ogni Papa che nomina. E’ interessante ascoltarlo: “Un Papa ha detto che il Rosario è l’albero della vita: risuscita i morti e conserva i vivi. Urbano IV disse: Per il Rosario ogni giorno provengono immensi beni al Popolo cristiano. Leone XIII disse: Per il Rosario si placa l’ira di Dio e si ottiene l’intercessione di Maria SS. Sisto V disse: Il Rosario è la salute del cristiano. Un altro Papa disse: Il Rosario è l’onore della Chiesa romana. Adriano IV disse: Il Rosario è il flagello dei demonio. Un altro Papa disse: Il Rosario è la distruzione del peccato e la ricuperazione della grazia. Pio V disse: Per il Rosario si vincono le tenebre dell’eresia e si spande la luce della cattolica fede. Paolo V disse: Il Rosario è un erario di grazie. Urbano VIII disse: Il Rosario è un aumento di cristiani. Tutti i Pontefici si sono scaldati di questo Rosario” (Conf. MC, II, 358-359). Riguardo, poi, a Leone XIII, che faceva parte della sua esperienza personale, aveva scritto: “Vi ricordo le Encicliche sul S. Rosario del P. Leone XIII; vero trattato del Rosario” (Conf. IMC, II, 370). E significativo che il nostro Fondatore indichi l’insegnamento pontificio come fondamento anche per offrire una garanzia alla recita del Rosario. Fa parte della sua mentalità. Questo richiamo ai Sommi Pontefici ha un valore di non secondaria importanza, in quanto si ricollega con il Magistero Supremo della Chiesa, benché ovviamente rimanga a livello di esortazione.

Stesso richiamo ai Sommi Pontefici troviamo al n. 2 della RVM. Giovanni Paolo II ricorda gli ultimi Papi: “A questa preghiera hanno attribuito grande importanza i miei Predecessori. Particolari benemerenze ebbe, al riguardo, Leone XIII che il 1° settembre 1883 promulgava l’Enciclica Supremi apostolatus officio, alto pronunciamento col quale inaugurava numerosi altri interventi su questa preghiera indicandola come efficace strumento spirituale di fronte ai mali della società. Tra i Papi più recenti, in epoca conciliare, si sono distinti nella promozione del Rosario il Beato Giovanni XXIII e soprattutto Paolo VI, che nell’Esortazione Apostolica Marialis cultus sottolineò, in armonia con l’ispirazione del Concilio Ecumenico Vaticano II, il carattere evangelico del Rosario ed il suo orientamento cristologico”. Giovanni Paolo II continua ricordando il proprio insegnamento e non dubita di portare anche se stesso come esempio, con parole molto delicate e paterne.

Per quanto riguarda l’esempio dei santi in favore del Rosario, il Fondatore è molto esplicito. Ciò ha un significato interessante, perché così egli si pone nella linea tradizionale della sana pietà popolare, che ha sostenuto tante persone e comunità cristiane: «Per affezionarci a questa devozione basterebbe l’esempio dei Santi, che da S. Domenico al B. Cottolengo tutti ne furono innamorati. S. Carlo Borromeo la chiamava divinissima devozione. S. Filippo diceva che se un sol giorno avesse tralasciato di recitare il Rosario per intero, non avrebbe tenuto quel giorno per grato a Dio».30

Così pure la RVM valorizza l’esempio dei santi per dare forza a questa espressione di pietà mariana. Di specifico, rispetto al Fondatore, c’è che anche su questo punto il Papa valorizza i santi attuali, quelli la cui dottrina è tutt’ora pubblicizzata o che la gente ha addirittura conosciuto Sotto il titolo “Sulle orme dei testimoni”, il Papa afferma: “Sarebbe impossibile citare lo stuolo innumerevole di Santi che hanno trovato nel Rosario un’autentica via di santificazione. Basterà ricordare san Luigi Maria Grignon de Monfort, autore di una preziosa opera sul Rosario [intitolata Il segreto meraviglioso del Santo Rosario per convertirsi e salvarsi] e , più vicino a noi, Padre Pio da Pietralcina, che ho avuto recentemente la gioia di canonizzare. Uno speciale carisma poi, quale vero apostolo del Rosario, ebbe il Beato Bartolo Longo. Il suo cammino di santità poggia su un’ispirazione udita nel profondo del cuore: ‘Chi propaga il Rosario è salvo!’” (n. 8).

 

5. Preghiera completa: mentale e vocale

Il valore intrinseco e caratteristico del Rosario, per il Fondatore, consiste soprattutto nel fatto che esso è una preghiera completa, composta da due parti complementari e proporzionate: una mentale (Meditazione, contemplazione) e una vocale (lode, ringraziamento, richiesta, implorazione). Stessa idea si trova nella RVM.

Anzitutto il Rosario è meditazione dei misteri della salvezza. Che questo aspetto sia il principale per il Fondatore non ci sono dubbi: «Come mentale è la migliore meditazione sulla vita di N.S. e della SS. Vergine; meditazione che rende soave tutta la recita”».31 Questa è l’espressione che il Fondatore aveva preparato nei suoi schemi. L’esposizione, però, come è stata ripresa stenograficamente da P. Albertone, è più vivace: «E la preghiera mentale? E’ quella che fa preziosa l’altra; quel quarticello d’ora se si meditano i misteri passa come il fumo […] e così noi meditiamo una volta una cosa e una volta l’altra».32 Può essere utile riferire un intervento, nel quale il Fondatore ha spiegato alle suore un metodo per meditare i misteri, mentre si recitano le Ave Maria. Esso si articola in tra modi: 1) «meditare il senso delle parole che si dicono: pensare bene a quello che si dice e non stancarsi di ripetere» (qui fa notare il pericolo della ripetitività); 2) riflettere sul valore dei singoli misteri e «domandare alla Madonna una virtù o l’emendazione di un difetto»; 3) immaginare la scena dei misteri: «pensare ad un mistero e viene subito il quadro davanti…Dire tutta la decina pensando a quello».33 (

Anche la Lettera Apostolica del Papa, al n. 2, fa capire dove veramente sta il significato meditativo del Rosario: “Sullo sfondo delle parole Ave Maria passano davanti agli occhi dell’anima i principali episodi della vita di Gesù attraverso – potremmo dire – il Cuore della sua Madre.” (n. 5) e “preghiera spiccatamente contemplativa” (n. 12) . La ragione profonda della meditazione viene così spiegata: “Alla contemplazione del volto di Cristo non ci si introduce che ascoltando, nello Spirito, la voce del Padre, perché ‘nessuno conosce il Figlio se non il Padre’ (Mt 11,27). Nei pressi di Cesarea di Filippo, di fronte alla confessione di Pietro, Gesù precisa la fonte di una così limpida intuizione della sua identità: ‘Né la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli’ (Mt 16,17). E’ necessaria dunque la rivelazione dall’alto. Ma per accoglierla, è indispensabile mettersi in ascolto” (n. 18). Più avanti, il Papa suggerisce addirittura un metodo per meditare i misteri del Rosario: “E’ opportuno che, dopo l’enunciazione del mistero e la proclamazione della Parola, per un congruo periodo ci si fermi a fissare lo sguardo sul mistero meditato, prima di iniziare la preghiera vocale. La riscoperta del valore del silenzio è uno dei segreti per la pratica della contemplazione e della meditazione” (n. 31).

Il Rosario, in secondo luogo, è invocazione, preghiera vocale. In questo contesto, sono rilevanti le spiegazioni dell’Allamano sul contenuto del Padre nostro e dell’Ave Maria, che compongono sostanzialmente la parte dell’orazione: «N.S.G.C. poteva insegnarci tante preghiere, eppure alla domanda degli Apostoli: doce nos orare, non rispose che colle poche domande del Pater noster; e gli Apostoli si tennero soddisfatti. L’Ave Maria poi a comporla intervennero il Padre Eterno coll’Arcangelo Gabriele, S. Elisabetta da Dio ispirata e la Chiesa; ed è così corta…».34 Queste parole sono come le aveva preparate nello schema della conferenza. L’esposizione è stata più vivace: «Non è composta [la preghiera del Rosario] da lunghe orazioni; né il Signore vuole che si cambi sempre; oggi questa e domani quella; ma ha detto: Sic orabitis; e bastò; e bastò; e non ne hanno mica domandata un’altra […]. E nel Pater c’è tutto. E poi l’Ave Maria: si misero tra tre per fare una piccola preghiera: l’Eterno Padre, manda a farne un piccolo pezzo; poi S. Elisabetta ispirata ne fa un altro pezzo; poi la Chiesa il resto: in tre per fare questa preghiera e noi la diciamo come nulla fosse».35

Anche la RVM si sofferma a spiegare il contenuto del “Padre nostro” e dell’”Ave Maria”: “Dopo l’ascolto della Parola e la focalizzazione del mistero è naturale che l’animo si innalzi verso il Padre. […] Nell’intimità del Padre Egli [Gesù] ci vuole introdurre, perché diciamo con lui ‘Abbà, Padre’ (Rm 8,15; Gal 4,6) […]. Il Padre nostro, posto quasi come fondamento alla meditazione dell’Ave Maria, rende la meditazione del mistero, anche quando è compiuta in solitudine, un’esperienza ecclesiale” (n. 32). “Ma proprio alla luce dell’Ave Maria ben compresa, si avverte con chiarezza che il carattere mariano non solo non si oppone a quello cristologico, ma anzi lo sottolinea e lo esalta. La prima parte dell’Ave Maria, infatti, desunta dalle parole rivolte a Maria dall’angelo Gabriele e da sant’Elisabetta, è contemplazione adorante del mistero che si compie nella Vergine di Nazareth. […] Il ripetersi, nel Rosario, dell’Ave Maria, ci pone sull’onda dell’incanto di Dio: è giubilo, stupore, riconoscimento del più grande miracolo della storia. E’ il compimento della profezia di Maria: ‘D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata’ (Lc 1,48)” (n. 33).

Anche la preghiera del “Gloria al Padre”, che conclude i misteri è commentata dal Fondatore ed evidenziata dalla RVM. L’Allamano ne parla diverse volte, non tanto quando spiega il Rosario, piuttosto in occasione della festa della SS. Trinità. Insiste perché sia recitata con devozione, riflettendo sulle parole che onorano Dio Uno e Trino. Collega pure questa preghiera e la fede nella SS. Trinità alla vocazione missionaria: «Tutti devono essere devoti della SS. Trinità, ma specialmente i Missionari. Voi dovete insegnare agli Infedeli questo Mistero, che non si può comprendere e non si deve comprendere;…e se sarete stati in modo particolare devoti della SS. Trinità, il Signore vi aiuterà colla sua grazia ed indurrà quei cuori a credere. E’ difatti ammirabile come quei neri abbiano accettato e credano questo Mistero di Dio Uno e Trino…».36

Anche la RVM, al n. 34, spiega il significato del “Gloria al Padre” in rapporto al Rosario ed afferma che, se percorriamo fino in fondo la via proposta dai misteri, “ci ritroviamo continuamente di fronte al mistero delle tre Persone divina da lodare, adorare, ringraziare”. Ne deriva che è importante che questa breve preghiera sia messa bene in evidenza, perché è il culmine della contemplazione.

 

6. Preghiera che incide nella vita

L’aspetto più caratteristico della dottrina dell’Allamano sul Rosario probabilmente è questo: in ogni mistero, si possono scoprire virtù proprie di Gesù e di Maria, che noi chiediamo per ottenere e poi ci impegniamo a mettere in pratica. Il Rosario, quindi, diventa una scuola di vita e chi lo recita bene e con regolarità sicuramente progredisce nella vita spirituale. Anche su questo punto preferisco lasciare parlare il Fondatore, rimandando alla seconda parte dello studio, che sostanzialmente presenta come la recita del Rosario influisce nella vita.

Stessa preoccupazione si può trovare nella Lettera Apostolica, che sottolinea l’incidenza del Rosario nella vita individuale e soprattutto sociale, dove si legge: “Nello stesso tempo il nostro cuore può racchiudere in queste decine del Rosario tutti i fatti che compongono la vita dell’individuo, della famiglia, della nazione, della Chiesa e dell’umanità”(n.5).

Un particolare da non sottovalutare è il valore, sempre attuale, del Rosario come preghiera per implorare la pace. Come il Fondatore raccomandava la recita del Rosario per ottenere la pace durante la prima guerra mondiale 37, così anche il Papa, nel cupo orizzonte dell’inizio del terzo millennio, raccomanda questa preghiera, perché essa è “orientata per sua natura alla pace” (n. 40).

 

II. L’ALLAMANO ENUNCIA I MISTERI

Si può recitare il S. Rosario enunciando tutti i misteri con le parole dirette dell’Allamano. Volendo, questo potrebbe diventare un metodo da attuarsi all’interno dell’Istituto in occasioni speciali, nelle quali desideriamo pregare aiutati direttamente dal Fondatore.

Bisogna tener presente, però, che lui non ha mai fatto una “scuola” vera e propria per spiegare i quindici misteri, pur parlandone diverse volte. In qualche occasione, tuttavia, li ha enunciati uno ad uno, con un pensiero particolare per ognuno di essi. L’intento dell’Allamano, a dire il vero, era pedagogico. Per metterci in sintonia con il Fondatore su questo punto, teniamo presente che egli suggeriva agli allievi o alle suore quali virtù si potevano imitare a partire dalla meditazione di ogni singolo mistero. Ne risultano tante enunciazioni, generalmente brevi, a volte slegate tra di loro, riferibili a momenti o situazioni particolari, per lo più improvvisate. In esse si vede come Gesù e la Madonna diventano maestri di preghiera e soprattutto di vita.

Come base per riferire il pensiero del Fondatore sui singoli misteri del Rosario, mi servo delle due conferenze del 7 ottobre 1917, tenute rispettivamente ai missionari e alle suore, e completandole, dove è possibile, con pensieri presi da altre conferenze sugli stessi misteri. Per i misteri della luce, che ovviamente il Fondatore non ha previsto, mi riferisco alle conferenze nella quali l’Allamano parla di quel particolare tema. Propongo un semplice saggio, che può essere arricchito e meglio ordinato.

Nell’esporre i misteri seguo l’ordine usato dal Papa nella RVM: misteri della gioia, della luce, del dolore e della gloria, riferendo le parole dirette del Fondatore, evitando commenti.

 

1. Misteri della gioia ( cf. RVM, n. 20).

Primo – L’Annunciazione: «[…] nel 1° gaudioso si annunzia il Mistero dell’Incarnazione a Maria SS. [sic]. Si pensa alle virtù che ha esercitato la Madonna in questo mistero: umiltà, purità, spirito di sacrificio. Ebbene, durante questo mistero pregherò la Madonna che mi ottenga l’amore alla bella virtù della purità. Un’altra volta domanderò l’umiltà; essa che si chiama serva mi faccia umile. Questo si fa in un momento: O Maria, voi che siete così umile ottenetemi questa grazia»;38 «[…] così un’altra volta considererò il contegno che mantenne l’angelo nel presentarsi a Maria SS. Immaginatevi con che rispetto le parlò! E penserò: sono anch’io così rispettoso così devoto di Maria SS.?»;39 «Fate un atto di fede all’incarnazione del Verbo, poi considerate le virtù esercitate dalla Madonna che sono particolarmente tre […]».40

Secondo - La Visita: «Nel 2° la Visitazione a S. Elisabetta. Voi fate così: Immaginatevi di essere con la Madonna che va da S. Elisabetta; e mentre si recita questo mistero domandate la grazia di fare sempre le cose con ordine; la Madonna in casa di Elisabetta non chiacchierava e neppure era muta: faceva quel che doveva fare, così voi domandate di vivere come si deve in Comunità»;41 «Questo mistero è fatto per le persone di vita attiva. La Madonna ci insegna a vivere nel mondo […]. Mi comporto io come faceva la Madonna?».42 Questo mistero è tra i più commentati a motivo della festa annuale della “Visitazione”.

Terzo – Il Natale: «Nel 3° la nascita di N.S. E qui chi non pensa al Bambino? Voi che venite di lassù fate che anch’io monti su da questa terra»;43 «Ringraziare in questo mistero il Signore che è nato per me; domandare affezione alla povertà».44 I commenti al mistero della nascita, se vogliamo, li troviamo molto abbondanti nelle conferenze in occasione della festa del S. Natale.

Quarto –La Presentazione di Maria SS: «Nel 4° la Presentazione al Tempio. Simeone annunzia che avrebbe sofferto molto, ed essa offre tutto all’Eterno Padre. Anch’io voglio offrire tutto a Voi, o mio Dio»;45 «La Madonna ebbe il primo dolore. Essa, tutta pura, si è messa con la gente del mondo…E poi considerare che il Signore si è offerto fin d’allora per salvarci».46

Quinto - La Perdita e il Ritrovamento: «Nel 5° lo smarrimento tra i Dottori. Quando io voglio vincere a tutti i costi non sono umile come N. Signore. E poi se il Signore ci vuole un poco staccati dai parenti…se ce li prendesse…dovremmo ben staccarci per forza»;47 «Questo mistero serve a distaccarci dai parenti, non solo materialmente, ma col cuore».48

 

2. Misteri della luce (cf. RVM, n. 21)

Primo - Il Battesimo di Gesù: «[Gesù] non si pose all’opera che dopo essere stato battezzato da Giovanni e di essere dal Padre pubblicamente mandato: “hic est…”»;49 «Ora facciamoci una domanda: ho sempre fatto tutto bene? Se non l’ho fatto lo farò […] Vedete che bell’elogio ebbe N. Signore confermato certo dal suo Eterno Padre: Questi è il mio Figlio diletto nel quale ho posto le mie compiacenze. Imitiamo anche noi N. Signore e facciamo tutto bene».50

Secondo - Le Nozze di Cana: «Nelle nozze di Cana, la Madonna era così sicura di ottenere il miracolo che non è stata a questionare niente. Tanta è la potenza della Madonna sul suo Divin Figliuolo! Il Signore ha messo tutto in mano alla Madonna…, e se la Madonna ha così a cuore le cose materiali, e se pensò di far cambiare il vino senza esserne pregata, tanto più a cuore avrà le cose spirituali. […] Dopo quel miracolo delle nozze di Cana, i discepoli di Gesù cedettero. Non credevano prima? Avevano già lasciato tutto e seguito Gesù. Sì, credevano, ma con una fede debole; non appena videro il miracolo […], si confermarono nella fede».51

Terzo - L’Annuncio del Regno e Conversione: «Sicut misit me Pater, et ego mitto vos [come il Padre ha mandato me, così io mando voi]. […] L’Eterno Padre ha mandato il Figliuolo, il Figliuolo ha mandato la Chiesa, e la Chiesa per mezzo mio manda voi […]. E vi manda a far che cosa? A predicare il Vangelo omni creaturae. Quindi il vostro zelo non deve avere limiti, vi manda per tutta la terra, in ogni luogo. Dovete procurare la conversione di tutto il mondo. […] N.S. Gesù Cristo vi dice: “Colla stessa missione che ha affidato a me l’Eterno Padre, così io mando voi per la conversione delle genti”».52

Quarto - La Trasfigurazione: «Voi gustate quanto sia buono il Signore, e come si stia bene con Lui: quam bonum est nos hic esse [è bello per noi stare qui]»;53 «E voi apprezzate come si merita la grazia di abitare in questa santa casa, e procurate di corrispondere alla medesima [vocazione] con ogni vostro impegno? Dite: il bonum nos hic esse”».54

Quinto - L’Istituzione dell’Eucarestia: «[il Giovedì Santo] è il giorno dell’amore al SS. Sacramento […], durante il quale “bisogna essere tanti Sacramentini»;55 «Siate dunque tanto devoti di Gesù Sacramentato,…che avuto questo avrete tutto…lo vedrete poi in Africa…Voglio che questa sia la devozione dell’Istituto»;56 «La Messa è il memoriale della passione. […] Bisogna aver fede viva, carità ardente, proprio come se si fosse là sul calvario. […] Immaginatevi di essere sul calvario con la Madonna»;57 « La Messa, la Comunione e la Visita […] devono essere i nostri tre amori».58

 

3. Misteri del dolore (cf. RVM, n. 22)

Primo - L’Agonia nel Getsemani: «Nel 1° Gesù nell’orto deve commuoverci: soffre per chi? Per i suoi dolori? Si, ma anche per me. E poi gli apostoli che lo abbandonano. Immaginatelo là che dice: Quae utilitas in sanguine meo? [quale utilità nel mio sangue?]. Tanti nel mondo non ne fanno profitto. Ebbene questo sangue scenda su di me»;59 «S. Carlo a Varallo andava sempre a pregare nella cappella rappresentante Gesù nell’Orto. Oh! Com’è bello (con entusiasmo) consolare Gesù nella sua agonia!»;60 «Gesù nel Getsemani soffre, suda sangue. Quae utilitas in sanguine meo? Immaginiamo che il Signore rivolga queste parole a noi…E’ un rimprovero di cui dobbiamo approfittare per noi e per le anime».61

Secondo - La Flagellazione: «Nel 2° la flagellazione. Quando io ho un piccolo bubù oh!…vorrei che tutti mi fossero attorno. No, voglio d’ora in avanti soffrire con coraggio»;62 «Chi vi ha flagellato, o Gesù?…i miei peccati»;63 «Dite in questo mistero al Signore: Ma anch’io vorrei essere così generosa da soffrire qualche cosa per voi».64

Terzo - L’Incoronazione di spine: «Nel 3° la coronazione di spine. Io non son capace a soffrire un po’ di mal di testa; e quando ho queste storie cattive per la testa penso che sono tante spine a N.S. perciò via…»;65 «Coronazione di spine: per tutte le storie che ho in questa testa, ecc.»;66 «Il Signore così sensibile soffrì molto; ed io non sono capace a cacciare certe storielle…Domandate pensieri robusti».67

Quarto - Il Viaggio al Calvario: «Nel 4° la condanna a morte. Signore son io che ho meritata la morte, non voi; io che non son capace a sopportare una parola di un mio compagno»;68 «Gesù porta la croce; ed io porto la mia croce, come? O la faccio grossa perché ho una cosetta da portare?».69

Quinto - La Morte in Croce: «Nel 5° Gesù in Croce. La croce c’è sempre in Chiesa; pensate di essere sotto: E’ così che bisogna fare meditazione»;70 «Morte di Gesù. Alla morte di Gesù potremmo pensare alle sette parole di Gesù in croce, e dire: Signore, versate il vostro sangue su di me».71

 

4. Misteri della gloria (cf. RVM, n. 23)

Primo - La Risurrezione: «Nel 1° il Signore risorto per non più morire. Io risorgo tutti i sabati [con la confessione], e non movebor in aeternum, poi dopo due ore…di nuovo come prima»;72 «La risurrezione: fatemi risorgere dai miei peccati” (Conf. MC, I, 185); “Domandate al Signore di farvi risorgere una buona volta».73

 

Secondo - L’Ascensione al Cielo: «Nel 2° l’Ascensione. Pensate a ciò che disse agli Apostoli: vado parare vobis locum, e un posto io voglio da Missionario, non coi bambini»;74 «Ascensione: che Gesù ci prepari un bel posto in Paradiso»;75 «Dire al Signore: preparatemi un posto da Missionaria in Paradiso, e non in mezzo alla turba».76

 

Terzo - La Pentecoste: «La discesa dello Spirito Santo: par di essere nel cenacolo nella Pentecoste: e pregare che il Signore mandi lo Spirito Santo; spirito di pietà, di timor di Dio, e domandare una grazia inerente a quel mistero»;77 «E Mettiamoci in mezzo alla Madonna e diciamo allo Spirito Santo: Vieni su di me! Bisogna desiderarlo lo Spirito Santo»;78 «Discesa dello Spirito Santo: cacciamoci in mezzo con Maria e gli Apostoli per avere anche noi una lingua di fuoco»;79 «Cacciatevi in mezzo agli Apostoli: Emette Spiritum tuum et creabuntur [manda il tuo Spirito e tutto sarà creato]».80

 

Quarto - L’Assunzione di Maria SS.: «Ne 4° la morte e l’Assunzione di Maria al Cielo. Desideriamo che Maria SS. venga ad assisterci in punto di morte. I Santi lo desideravano. Il Ven. Cafasso diceva: Ah se potessi averla accanto al letto di morte!…e l’ha avuta. Diciamole che ci prepari il posto in paradiso»;81 «La morte di Maria e noi diciamo: tiraci su…»;82 «Domandate di morire santamente, la perseveranza finale».83

 

Quinto - L’Incoronazione di Maria SS. Regina: «Nel 5° la incoronazione di Maria SS. Bisogna dire: Io voglio essere presente a questa festa. Sapete che si rinnova sempre. Voglio essere una stella nella corona della Madonna»;84 «Incoronazione di Maria: diciamo con S. Alfonso: io mi muoio dal desiderio di vedervi, o mio Dio…»;85 «Dite a queste mistero: Voglio anch’io incoronare la Madonna, essere una delle rose della Madonna».86

 

CONCLUSIONE

Da quanto si è detto appare chiaro la stima, anzi il profondo amore del Fondatore per il S. Rosario. Secondo lui, il Rosario, per i sacerdoti, è «quasi un’aggiunta la S. Breviario»;87 « […] e noi Sacerdoti dopo il Breviario abbiamo subito il Rosario. […]. Ogni bravo sacerdote [e noi possiamo aggiungere: missionario] lascia mai di dire il Rosario tutti i giorni. Fate così, e otterrete tante grazie per voi, per la Chiesa e per la Società. Fate così».88

Ed ecco la conclusione per tutti: «Dunque oggi [7 ottobre 1917] desidero che facciate il proponimento di dire sempre il Rosario in Chiesa coi Confratelli più che è possibile: mai che si vada a letto senza aver recitato il Rosario»;89 «Risolvete oggi [6 ottobre 1918] di non lasciare mai ogni giorno di dire il Rosario, anche quando non potrete dirlo in Comunità; dirlo volentieri, e non come peso o con noia…».90

«Qual piacere sarà per la Madonna sentirsi dire tante volte: Ave Maria! Ma bisogna che le diciamo con sempre più fervore. Il S. Rosario deve essere il nostro pane quotidiano»;91 «Il Rosario poi, naturalmente, deve essere la vostra preghiera quotidiana di tutta la vita; mai lasciarlo»;92 «Bisogna fare in modo che il S. Rosario ci sia di soddisfazione per tutta la vita».93

1 Conf. MC, III, 461.

2 Conf., MC, II, 556-557.

3 Notiziario delle Suore, ‘Filo d’oro tra la culla e il campo’, N. 3 [1924], p. 11.

4 Conf. MC, III, 405.

5 Conf. MC, II, 598.

6 Cf. Conf. MC, II, 594.

7 Conf. MC, III, 17.

8 Conf. MC, III, 406.

9 Cf. Conf. IMC, II, 370-371; inoltre: III, 164-165; 244; per le missionarie, conf. MC, II, 147-148 [identico all’IMC, III, 164-165]; 356 [identico all’IMC, III, 244].

10 Conf. IMC, II, 683.

11 Cf. Conf. IMC, II, 680-687; cf. anche: Conf. MC, I, 424, dove il Fondatore spiega sia il “Padre nostro” che l’”Ave Maria”.

12 Conf. MC, II, 357.

13 Conf. MC, II, 361.

14 Conf. MC, I, 185.

15 Conf. MC, II, 361.

16 Conf. MC, II, 491.

17 Conf. IMC, II, 371.

18 Conf. IMC, I, 107; cf. 109; si noti che questa è tra le prime conferenze in cui il Fondatore parla del Rosario, essendo del 7 ottobre 1906.

19 Conf. IMC, II, 370.

20 Conf. IMC, II, 372.

21 Conf. MC, II, 149.

22 Conf. MC, I, 183; cf. anche II, 360.

23 Conf. MC, II, 360.

24 Conf. IMC, II, 687.

25 Conf. IMC, III, 468.

26 Conf. MC, III., 356.

27 Conf. MC, III, 406.

28 Conf. MC, I, 184).

29 Cf. Conf. IMC, III, 164-165; Conf. MC, II, 147-148; 356-359.

30 Conf. IMC, III, 164; cf. anche II, 370, dove sono citati altri santi.

31 Conf. IMC, II, 371.

32 Conf. IMC, II, 373; cf. Conf. MC, I, 184.

33 Cf. Conf. MC, II, 360.

34 Conf, IMC, II, 370-371.

35 Conf. IMC, II, 372; cf. anche III, 167-168.

36 Conf. IMC, I, 292.

37 Cf. Conf. IMC, II, 435; III, 165, 167.

38 Conf. IMC, III, 168; cf. II, 373; MC, I, 184; II, 50-51; 491.

39 Conf. IMC, II, 179.

40 Conf. MC, II, 149-150.

41 Conf. IMC, II, 168; cf. II, 179; 373-374; 622; MC, I, 184; 393-395.

42 Conf. MC, II, 150.

43 Conf. IMC, II, 169; MC, I, 184.

44 Conf. MC, II, 150.

45 Conf. IMC, II, 169; cf. MC, II, 488-490.

46 Conf. MC, II, 150.

47 Conf. IMC, II, 169.

48 Conf. MC, II, 150.

49 Conf. IMC, I, 27.

50 Conf. MC, I, 418-419; cf. IMC, II, 673.

51 Conf. MC, II, 223; cf. anche IMC, III, 197.

52 Conf. IMC, III, 469.

53 Conf. IMC, II, 246; MC, I, 118.

54 Conf. IMC, II, 690); MC, I, 427; cf. Conf. MC, II, 117, dove il Fondatore, cirtando le Opere Spirituali del Da Kempis, spiega il senso simbolico delle tre tende: la prima, per Gesù, mite ed umile di cuore, rappresenta l’umiltà; la seconda, per il mitissimo Mosè, rappresenta la mansuetudine; la terza, per Elia che dormiva in una spelonca e mangiava come poteva, rappresenta la povertà.

55 Conf. IMC, III, 411; cf. Conf. MC, I, 342.

56 Conf. IMC, I, 248.

57 Conf. MC, I, 224-225.

58 Conf. IMC, II, 609.

59 Conf. IMC, II, 374; III, 169.

60 Conf. MC, I, 184.

61 Conf. MC, II, 150.

62 Conf. IMC, III, 169.

63 Conf. MC, I, 185.

64 Conf. MC, II, 150.

65 Conf. IMC, III, 169.

66 Conf. MC, I, 184.

67 Conf. MC, II, 150.

68 Conf. IMC, III, 169.

69 Conf. MC, II, 150.

70 Conf. IMC, III, 169.

71 Conf. MC, II, 150.

72 Conf. IMC, III, 169.

73 Conf. MC, II, 150.

74 Conf. IMC, III, 169.

75 Conf. MC, I, 185.

76 Conf. MC, II, 150.

77 Conf. IMC, II, 374.

78 Conf. IMC, III, 169.

79 Conf. MC, I, 185.

80 Conf. MC, II, 151.

81 Conf. IMC, III, 169.

82 Conf. MC, I, 185.

83 Conf. MC, II, 151.

84 Conf. IMC, III, 169.

85 Conf. MC, I, 185.

86 Conf. MC, II, 151.

87 Conf. IMC, III, 164.

88 Conf. IMC, III, 169.

89 Conf. IMC, III, 168.

90 Conf. IMC, III, 244.

91 Conf. MC, III, 112).

92 Conf. MC, III, 461; cf. I, 347.

93 Conf. MC, III, 138.

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