IL CAMISASSA “INDIRIZZAVA” I GIOVANI ALL'ALLAMANO
L’Allamano operava molto in prima persona, ma sapeva anche farsi aiutare. Il suo dinamismo era condiviso con diverse persone, ma prima e soprattutto con il can. G. Camisassa. L’Allamano ha avuto l’abilità di scegliersi un collaboratore che lo completasse. Ne aveva potuto conoscere le qualità, durante il periodo del seminario, trovandolo adatto e affine. Sentiamo quanto gli ha scritto, probabilmente nel settembre del 1880, per invitarlo ad accettare la nomina ad economo del Convitto: «Veda, mio caro, faremo d’accordo un po’ di bene, eserciteremo la carità coi vecchi Sacerdoti là ricoverati e procureremo di onorare col S. Culto la cara nostra madre Maria Consolatrice. […] Io sono certo che V.S. vorrà imitare il suo antico Direttore nella ubbidienza agli Ordini del Superiore ed avrò la fortuna di dividere con una persona, che tanto amo e di cui ho sempre tanto ricevuto prove d’amore, i tanti nuovi travagli che mi aspettano».1 Come si nota, ci sono ragioni umane e soprannaturali che l’Allamano adduce per convincere il Camisassa e l’obiettivo appare chiaro: lavorare («fare un po’ di bene») d’accordo, insieme. Se esaminiamo quanto l’Allamano ha detto dopo la morte del Camisassa, si vede che queste previsioni si sono avverate. Per esempio: «Era sempre intento a sacrificarsi, pur di risparmiare me»; «Con la sua morte ho perso tutte due le braccia»; «Erano 42 anni che eravamo insieme, eravamo una cosa sola; «Tutte le sere passavamo in questo mio studio lunghe ore»; «Abbiamo promesso di dirci la verità e l’abbiamo sempre fatto».2 Il rapporto con il Camisassa, più che una semplice collaborazione, può essere definito un lavoro eseguito a due, in perfetta complementarietà.
Detto questo come omaggio al Fondatore e al Camisassa, vorrei proporre come: il Camisassa, nell’esercizio della sua vocazione di “confondatore”, ha saputo, non solo collaborare, ma anche indirizzare i missionari e le missionarie all’Allamano, di modo che dipendessero da lui unicamente per la formazione. Era convinto che solo dal Fondatore potevano ricevere il vero spirito. Questa è stata una collaborazione molto preziosa. Esprimo questo atteggiamento del Camisassa con le parole che egli ha scritto a fr. B. Falda, dopo avergli dato dettagliate istruzioni per i lavori: «Del tuo spirituale e del resto scriverai al Sig. Rettore (e scrivigli più spesso)». Svolgo le mie riflessioni attraverso una serie di affermazioni, che desumo da parole e atteggiamenti che trovo nelle lettere del Camisassa ai missionari e alle missionarie.
1. “Padre”. Non è significativo che il Camisassa chiamasse l’Allamano per lo più con il nome di “Padre” (senza l’articolo)? Questo modo di parlare vale soprattutto per le suore, che lo usano ancora oggi. Riporto una frase curiosa che il Camisassa, mentre era in ferie, ha scritto alla comunità delle suore: «[…] Vi devo stare [a Torino] la prima metà di luglio stante l’assenza del Sig. Rettore….(m’è scappata la parola: leggete Padre amatissimo) […]».
Il Camisassa, però, sentiva di partecipare, almeno in qualche misura, della paternità del Fondatore. Ecco come si è espresso scrivendo dalla fattoria di Nyeri, il 18 luglio 1911 ad un gruppo di giovani suore, dopo la loro vestizione: «Mie buone figliuole, Permettete che io pure vi chiami con questa dolce parola, detta a sei di voi con tanta bontà e tenerezza, come mi scrivete, dal nostro venerato Padre nel bel dì della loro vestizione. Certo che non ho diritto di chiamarvi mie figlie, ma pur qualcosa come un padre putativo vostro vorrei pur esserlo: d’altra parte, se bastasse l’affetto paterno per considerarvi come figlie, sento d’averlo tutto e, non so perché, più vivo e forte dopo che son qui sul vostro futuro campo d’apostolato. Se sapeste quante volte penso a voi, e m’immagino quel che farete attorno a queste povere fanciulle[…]». Emerge chiaro che il Camisassa è entrato in pieno nel clima di famiglia voluto dal Fondatore, in modo non indipendente, ma a seguito di lui.
2. Dava consigli per la vita spirituale, mettendosi sempre in secondo piano. Il Camisassa sapeva dare consigli di vita spirituale molto belli. Leggendoli si vede la sua piena sintonia con il Fondatore. A volte dice addirittura le stesse espressioni. Avevano gli stessi principi pedagogici, almeno quanto a contenuti. Tuttavia sapeva tenere la sua posizione. Le persone dovevano sapere che quanto toccava l’intimo delle loro coscienze era riservato al Fondatore. Ascoltiamo le sue parole del 17 maggio 1914 a sr. Margherita: «Ricevetti la tua N 3 del 28/3 – 914 e ti lascio pensare con quanta mia soddisfazione. Almeno stavolta hai cominciato a scriverci come desideriamo – Dico scriverci – perché quanto scrivi al Sig. Rettore s’intende anche a me, ché le tue lettere leggiamo sempre entrambi; a meno naturalmente che tu scriva cose intime, nel qual caso puoi ben pensare che il Sig. Rett. li tien per sé, e mi dice solo quel tanto delle tue lettere che ci interessa amendue». […].
Alla stessa sr. Margherita, il 13 giugno 1914: « Ho ricevuto la tua letterina… graditissima come sempre, ma più ancora se fosse stata più lunga… Però c’era quella lunga a Padre, e si sa che era anche per me, dopo che egli vide che non conteneva cose tue particolari da non dire a me. ]…]. Delle miseriuccie che scrivi a Padre… ti risponde di nuovo egli stesso… e tien preziose le sue lettere perché ne scrive tanto poche!».
Al nipote P. Luigi Perlo, raccomandava: «Sincerità col Sig. Rettore nel riferirgli le cose complete e tali quali sono oggettivamente, e tutte senza restrizioni, senza sotterfugi per nascondergli la verità: massime quando ti succedesse di fare sbagli e cose comunque contrarie alle vedute del Superiore. Ubbidienza ma completa e anche questa senza restrizioni; semplice, senza industrie per eluderla; e non ai soli ordini, ma eziandio ai desideri comunque fatti capire dal Sig. Rettore e che un ordine dato s’osservi non soltanto per 8 giorni, ma sempre. Umiltà massime d’intelletto, persuadendosi che sono sempre più conformi al volere di Dio le viste del Superiore e le direzioni da esso date sia nello spirituale che nel materiale. Il Sig. Rettore ti farà poi l’augurio particolare di cui tu più abbisogni cioè il Discite a me quia mitis sum… et reliqua. Io però ho voluto inculcarti quelle 3 virtù perché veggo qui all’atto pratico il male che produce talvolta la loro mancanza in qualcuno che imparò forse in illis temporibus a non osservarle. E per ora non dico di più. E questa predica puoi anche leggerla a D. Costa ché non gli farà del male».
A sr. Maria degli Angeli Vassallo, il 19 agosto 1921, mentre era in Africa, scriveva: «La predica della pazienza e dolcezza coi neri, come quella della carità vicendevole tra di voi sono le più frequenti che facciamo Padre ed io alle Suore qui… ed anche le più frequenti raccomandazioni che fo per lettera scrivendo costì… Ciò malgrado non poche mi scrivono come tu, lamentandosi che altre – e non son poche – non le osservano… Possiam far di più noi per correggerle? E ne han bisogno parecchie… massime a misura che divengono più anziane. Come è vero che è più facile perderne nello spirito in Africa… che non in Casa Madre. Almeno si pentissero e facessero fermi propositi ogni giorno!». Da questi interventi si nota come, circa la vita spirituale, il Camisassa camminasse sulla via seguita dal Fondatore. Dalla sua pedagogia emerge anche la sua santità.
3. Scriveva a nome del Fondatore e sapeva interpretare il suo pensiero. Diverse volte, nelle lettere del Camisassa, si vede che scriveva a nome del Fondatore. Ciò appare logico quando si trattava di cose organizzative o di affari. Tuttavia, questo stile di interventi in comune avvenivano anche riguardo a contenuti spirituali e formativi. Ecco, per esempio, quanto scriveva a fr. B. Falda, l’8 marzo 1904, in una lunga lettera contenente specialmente istruzioni per i lavori: «[…] Ma adesso finisco, e ti aggiungo solo una raccomandazione da parte del Sig. Rettore. Egli lesse con gran piacere le tue lettere a lui ed a me, e oltre all’esser soddisfatto del vostro lavoro, fu però contento di sapere che tu avevi già un nero che cominciava a darti sollievo nel maneggio della sega. Vuol dire dunque che questi si va affezionando a te e al lavoro, ed è ciò che tu devi cercar d’ottenere da tutti i neri che ti aiutano. Cioè di affezionarteli, e poi anche sul lavoro dir loro qualche parola di Dio, della felicità di chi vive secondo la legge di Dio, della soddisfazione che si trova nel lavoro, come non si senta quasi più la fatica quando si lavora pel paradiso ecc. ecc. Sono poche massime brevissime che il tuo angelo custode ti suggerirà e che dette così di sfuggita ma con gran convinzione, fanno breccia in quei cuori semplici, e così tu sarai doppiamente apostolo: col lavoro, e colla parola. Questo ti dice il Sig. Rettore».
A sr. Margherita De Maria, in data 03 ottobre 1914: «Il Sig. Rettore vorrebbe pure rispondere alla tua lettera del 4 agosto a lui diretta, ma non avendo tempo m’incarica di dirti soltanto queste cose […]. Ultima cosa che ti dico a nome del Sig. Rett. e mio s’è da continuar a scriverci a lungo e minutamente sullo stato morale e fisico di tutte costì: è per noi uno studio… ed una rivelazione, e fu appunto in base a queste relazioni, che non accettammo o congedammo qui alcuni soggetti».
4. Comunicava decisioni a nome del Fondatore. Diverse volte il Camisassa si faceva portavoce delle decisioni o della volontà del Fondatore. In questi casi si intravede un indirizzo unico dei due, ma il Camisassa evidenzia sempre l’autorità del Fondatore per dare un valore alle decisioni, ma poi lascia capire quando è lui che parla. Un esempio evidente si ha in questa letterina al nipote Teol. F. Perlo del 03 aprile 1903, scrive: «Il Rettore vuole per tutti un bicchiere di vino per pasto, massime suore – allarga più la mano nel provveder il vitto: se ne lamentano – non questionare col T. Borda che ti ama». Da quel “allarga…” si comprende che e il consiglio dello zio al nipote.
A sr. Margherita De Maria, superiora in Kenya, in data 20 dicembre 1921: «Grazie delle tue ultime lettere a me ed a Padre alle quali io non potei rispondere. Non so poi se Padre scrivendoti ultimamente ti abbia detto che lasciò l’ordine a Monsignore di mandarti in Italia fra due o tre mesi dopo il suo arrivo costì. Dunque io ti fo già gli augurii di buon viaggio. […]. Ti aggiungo che fra le prescrizioni fatte ultimamente da Padre vi è quella che egli non può, senza la tua approvazione, cambiar Suore da una Missione all’altra, e poi che per eleggere Assistenti nuove di qualunque stazione ci vorrà prima l’approvazione di Padre. La salute di lui e mia sono ottime per ora, e arrivederci presto».
Alla medesima, in data 15 dicembre 1915, dava queste istruzioni un po’ delicate: «Quanto alla lettera che scrivesti a Padre, egli mi incarica di dirti che per le spesuccie che ti possono occorrere, tu domandi 25 lire a Monsignore che te le darà e di queste spese potrai render conto a lui od a noi. A tal proposito parmi che quando partisti ti diedi un po’ di denaro per vostre spese sul bastimento, ed il residuo da tenere poi tu per vostre spesuccie. Ed è questa l’intenzione di Padre, che cioè tu tenga una piccola somma, che chiederai a misura del bisogno a Monsignore, da servire per spesette per le quali avessi soggezione di palesare a Mons.».
Questo compito di portavoce, il Camisassa lo compiva anche quando aveva contenuti pesanti. Per esempio, ancora a sr. Margherita De Maria, dopo averla un po’ ripresa per la sua troppa comprensione verso una suora ritenuta capricciosa, in data 30 agosto 1915, comunica questa disposizione: «Padre dice che […] ella deve tornare in cucina (non di qualche missione, ma della Farm). Se lì non fa bene bisogna rimpatriarla. Questo è non solo consiglio, ma decisione di Padre. Non vuole che le si dia altro impiego; perché quello in cui essa vuol spuntarla è appunto di non far la cuoca, e non deve spuntarla. È stato uno scandalo la sua condotta nei primi tempi in cucina, uno scandalo che fece male a tutte (e potrei dire anche a tutti della Farm) e ci vuol una riparazione. Per ragioni di salute sappiam compatir anche noi… ma qui è testardaggine. Persuaditi che la volontà di Padre è volontà di Dio. Anzi egli aggiunge che ti obbliga a scrivergli sinceramente e sovente sul come si regolerà Sr. Fil. in cucina… perché questo punto è stato uno delle più penose sue disdette. Mi rincresce aver dovuto scriver un po’ forte, ma è proprio Padre che volle così».
6. Sostituiva il Fondatore. Accadeva soprattutto con le suore che il Camisassa, in alcune circostanze, dovesse sostituire il Fondatore in fatti che riguardavano la formazione. In questi casi, però, il Camisassa sapeva usare un tatto tutto particolare, per cui il Fondatore risultava come presente e sempre in primo piano. Come esempio, porto un testo molto significativo: «10/7/21 – «Parole pronunciate dal Ven.mo vice Rettore in occasione della partenza di quattro nostre sorelle, e lettera spedita da S. Ignazio dal nostro Ven.mo Padre alle medesime.
“Padre ha scritto una lettera unicamente per voi partenti, lettera3 che rivela tutto il suo affetto più che paterno e tutte le sue speranze per il vostro avvenire. Ve la leggo. [Dopo averla letta prosegue]: Dopo le parole di Padre non dovrei aggiungerne delle mie, perché queste sono troppo preziose e più che sufficienti. Tuttavia aggiungo una parola togliendola dalla lettera che Padre ha scritto anche ai Missionari partenti – lettera paterna e incoraggiante come questa – e che io ho letto qualche momento fa. Diceva: “Qui ai piedi di S. Ignazio prendo il mandato per mandarvi in Missione, ai piedi di quel S. Ignazio che diede lo stesso mandato a S. F.sca Zaverio”. Padre non è qui a darvi questo ordine di partenza, ma ve lo manda. Voi avete la missione – direi – dallo stesso S. Ignazio.
Padre continua ancora: “Andate tranquilli, sono sicuro che farete buon viaggio e arrivati là vi rimetterete e sarete dei buoni missionari”. Per me questo è una profezia, credete che io la ritengo così. Questa stessa profezia l’ho sentita due sole volte nella mia vita: una fu quando io dovevo andare in Africa. Dopo aver pregato e quando tutto fu deciso, mi disse le precise parole: “Vada, farà buon viaggio, farà del bene laggiù”. Il viaggio infatti non potevo farlo migliore. E voi siccome fate il viaggio con quelli a cui fu detto questo, avete un’assicurazione.
Io, ripeto, lo ritengo per una profezia, perché Padre non è da meno di suo Zio e di altri santi di cui leggiamo la vita; e verrà un giorno in cui leggeremo anche la sua. Richiamate alla mente quello che sempre vi ha detto in questi anni di preparazione e siate costanti a fare quello che vi ha detto. […]. [Dopo aver aggiunto qualche suo consiglio e conclude] Fate tesoro di quel che vi ha detto Padre e vedrete che il Signore vi benedirà, come egli pure vi benedice».4
7. Trasmetteva stima, rispetto e “amore” per il Fondatore. Nel Camisassa si nota l’impegno di incoraggiare gli allievi ad amare il Fondatore, a fidarsi di lui, a stargli vicino. È difficile trovare una lettera del Camisassa ai missionari o alle missionarie senza che parli o, comunque, nomini il Fondatore. La sincera intesa con l’Allamano che lui vive, si vede che vuole trasmetterla agli Istituti. Questo lo trovo manifestato in diversi modi. Ecco alcuni esempi significativi:
- Dava notizie della salute del Fondatore e, a volte, anche della sua: «Padre ed io ottimamente in salute» (a sr. Margherita De Maria, 29 marzo 1914); «Salute di Padre e mia ottima» (alla medesima, 13 giugno 1914); «La salute di Padre e mia continua bene malgrado tanti fastidi» (alla medesima, 06 febbraio 1917); «Di quanto scrivesti al Sig. Rettore risponderà lui stesso. […]… e finisco bene, dicendoti che il Sig. Rett. ed io godiam buona salute pur invecchiando a vista d’occhio…» (alla medesima, 29 settembre 1918).
- Benediceva a nome o assieme al Fondatore: «Il Sig. Rettore vi benedice tutti di cuore ed io pure vi mando la benedizione della SS. Consolata con voti di ogni bene per voi e vostri neri» (a p. G. Panelatti, 07 agosto 1920); «Il Sig. Rettore ti benedice e si unisce a me nel farti animo» (a p. D. Ferrero, 03 marzo 1919).
- Raccomandava il Fondatore alle preghiere: scrive dal Kenya a p. Costa. il 23 novembre 1911: «Chiedete adunque a Gesù Bambino che accetti, benedica e rassodi queste vostre promesse; che mantenga ed accresca in tutti i missionari che son qui queste stesse disposizioni; che a me conceda colla salute la grazia di compiere fruttuosamente la missione per cui son venuto; che al nostro amato Monsignore dia sempre ispirazioni e lumi per ben dirigere la grande opera dell’Apostolato tra questi cari indigeni: ma in particolare che spanda ogni più eletta grazia sul nostro venerato Padre, conservandocelo per molti anni alla formazione di Santi missionari, ripieni di spirito apostolico».
- Si rallegrava assieme al Fondatore: così scriveva a p. L. Sales, il 1 febbraio 1919: «Il Sig. Rettore che non ha tempo a scriverti vuole che ti esprima, uniti ai miei, i suoi rallegramenti per la ricuperata salute, con voti di molti anni e molto lavoro proficuo per le nostre Missioni».
8. Si preoccupava e custodiva la salute del Fondatore a sua insaputa. Ecco le istruzioni a p. D. Ferrero, procuratore a Roma, il 23 marzo 1919: «[…]. 4° All’arrivo del Sig. Rett. a Roma tu trovati alla Stazione Termini, e parlando prima dell’arrivo del treno al conduttore dell’Omnibus che ha la dicitura Hotel Minerva gli raccomanderai che riservi un posto al Sig. Rettore. E poi vai ad aspettarlo non dentro la stazione (che credo sia ancor proibito) ma al cancello d’uscita e in fretta lo condurrai al detto Omnibus, ché può darsi altri vi prevengano e non troviate più posto. Altre cose da far in Propaganda, per ora niente: il resto te lo dirà il Sig. Rettore».
Soprattutto, si faccia attenzione a questo capolavoro di lettera allo stesso p. Ferrero, il 26 marzo 1919, nella quale dà istruzioni per il soggiorno del Fondatore a Roma: «[…]. Sta bene attento mentre pranzerai assieme e cenerai… di procurargli carne ben tenera al mattino e magari assieme con 2 pietanze acciò se non mangia bene dell’una, possa nutrirsi dell’altra – E il mattino talvolta anche un pesce fritto… oppure con majones… La sera poi preferibilmente un pesce fritto o in carpione o un zabaglione… Sforzandolo un po’ con insistenza a mangiare – Prima osserva sempre bene il menu della table d’hotel e se non c’è di conveniente comanda roba a parte – Anche la frittura, ma tenera, di fegatini gli va… Insomma lo lascio nelle tue mani, e scrivimi ogni giorno con espresso». A lato del foglio, il Camisassa aggiunge: «Il Sig. Rett. non sa di questa lettera e non parlargliene». Qui c’è più che semplice amicizia; c’è la cura di conservare “Padre”, il più lungamente possibile, ai figli e figlie!
L'Allamano ricambiava di altrettanta stima e considerazione il Camisassa. Ecco la testimonianza, datata 20 novembre 1948, dell'ex cd. Luigi Falda, il quale racconta come che, mentre era a Torino per assistere Don Reffo, l’Allamano aveva ottenuto che andasse da lui per assisterlo le domeniche pomeriggio, quando si trovava solo al santuario (i convittori e il personale era a passeggio), continua: «In quelle ore quante cose belle diceva ricordando i lontani Missionari, leggendomi o facendomi leggere lettere venute di là, commuovendosi ai dettagli più importanti. Esaltava poi in modo tutto particolare l’opera del suo Vice Rettore, il Rev, Canonico Camisassa, cercando di far scomparire se stesso nella grande opera intrapresa della fondazione dell’Istituto e delle Missioni, dicendomi: “Vedi, non sempre il merito delle fondazioni è di quello di cui si esalta il nome; ma il più delle volte è di quelli che li coadiuvano o nel silenzio o nell’oscurità si sobbarcano il maggior peso, tutta la parte noiosa, disgustosa e le spine delle difficoltà, mettendo in mostra il nome e il prestigio della persona cui si dedicano e per questo non sono meno santi, anzi forse hanno maggior merito degli stessi fondatori».
Si comprende la raccomandazione del Fondatore……:«Non dimenticate quest’uomo!».
1 Lett., I, 124.
2 Per le reazioni dell’Allamano cf. Lett:, IX/1, 448-449: Il rapporto tra l’Allamano e il Camisassa è stato studiato molto bene da: TUBALDO I., L’Allamano visto da vicino, Vite parallele, promanoscritto, Torino 1998.
3 La lettera del Fondatore, datata “S. Ignazio, 08 luglio 1921, si trova in: Lett., IX/1, 103-104.
4 Arch. IMC, Corrispondenza Camisassa, cart. II: Lettere a: Mons. F. Perlo, a Missionari, a Missionarie, n. 18; stessa cart. n. 27.