UN “SODO FONDAMENTO” DELLE MISSIONARIE DELLA CONSOLATA
Sr. Margherita Demaria (1887 - 1964) è la prima e più stretta collaboratrice dell'Allamano nella direzione e formazione delle Suore Missionarie della Consolata, a partire dal 1913. Entrata nell'Istituto il 2 ottobre 1910, anno della fondazione, accolta direttamente dall'Allamano, ha emesso la professione religiosa il 5 aprile 1913. Dal maggio successivo, giovane di 26 anni, è stata posta dal Fondatore come sua vicaria per la cura della comunità di Casa Madre, incarico che ha svolto per poco tempo, perché alla fine dell'anno è stata destinata responsabile del gruppo delle prime misionarie partite per il Kenya. Per 34 anni ha lavorato in Africa, prima in Kenya, poi in Tanzania e Mozambico coprendo incarichi di responsabilità. Dal 1947 al 1958 è stata Superiora Generale dell'Istituto. Dopo alcuni anni trascorsi a Roma, come superiora della comunità, si è ritirata a Torino, ove è morta l'8 dicembre 1964.
Figlia affezionata, coerente e fedele. Tra l'Allamano e questa sua figlia si è instaurata una bella intesa da tutti riconosciuta. Di lei è stato scritto: «Dal Fondatore stesso trasse quello spirito fervidamente missionario che informò tutta la sua vita. Mai si allontanmò dai suoi insegnamenti e direttive, anche nei periodi più duri e difficili, più sconcertanti. Questo spirito ella seppe trasfondere nelle sue figlie in patria e all'estero». «Il suo ruolo fu, dal principio alla fine, quello di madre e guida – madre tenera, sollecita, comprensiva e guida coraggiosa e intrepida». Lo stesso Fondatore ha riconosciuto questa sua ricca personalità, scrivendole nel 1914, mentre muoveva i primi passi di responsabile in Kenya: «Continua nel tuo metodo che trovo giusto. Continua il comando dolce, ma fermo».
Che l'Allamano abbia scoperto presto il valore di sr. Margherita Demaria, convinto di poterla valorizzare come fidata collaboratrice all'inizio dell'Istituto delle missionarie, risulta da tanti piccoli particolari. Quando, nel settembre del 1912, si trattava di mandare un gruppo di otto suore, ancora novizie, a sostituire le Gaetanine per il servizio ai missionari nella nuova Casa Madre di via Circonvallazione (ora corso F. Ferrucci), lei è stata scelta come “superiora”. Quando il 5 aprile 1913, le prime 11 novizie hanno pronunciato i voti temporanei, «sr. Margherita - si legge nelle Cronache - veniva invitata per la prima dal nostro Ven.mo Fondatore ad avanzare e pronunziare i voti».
L'occasione che dimostra quanto sr. Margherita sia stata valorizzata è stata la nomina della prima superiora di Casa Madre, alla quale erano riconosciute le funzioni di vicaria del Fondatore stesso. Nel maggio del 1912, essendosi ormai costituita una piccola comunità di Missionarie della Consolata professe, si è ritenuto giunto il momento per Madre Celestina Bianco, che le Suore Giuseppine avevano gentilmente offerto all'Allamano fin dal 1910 per seguire da vicino le prime giovani aspiranti alle missioni, di ritirarsi per permettere che il nuovo Istituto procedesse con le proprie forze. L'Allamano stesso, parlando di questa situazione ai missionari, ne ha voluto spiegare il significato: «Alle Suore ho detto così: Tutte le cose devono cominciare, ma ora dovete vivere da voi, del vostro spirito. Gli altri possono portarci il loro spirito, ma non il nostro. E questo è per mettervi al corrente, è come si fa in famiglia. Tutti insieme, anche colle Missionarie della Consolata».
Ecco come le “Cronache” dell'Istituto riferiscono quell'evento: «[Quando Madre Celestina ci lasciò] noi ci trovammo sole in attesa che il nostro Ven.mo Padre ci donasse un'altra superiora. Non sapevamo ancora quale sarebbe stata, e neppure si cercava di indovinarlo, tenendoci ben disposte ad accettare cordialmente ed amare quella che sarebbe stata a tale ufficio chiamata. Eravamo in Chiesa a cantare il “Tantum ergo” solenne in musica, quando si sentì il nostro Ven.mo Padre entrare in casa e chiamare col timpano Sr. Margherita. Se prima cercavamo di tenerci santamente indifferenti sulla scelta dell'eletta, niente ci proibiva ora di dire il più sentito “Deo gratias” a Gesù Sacramentato che stava per benedirci, con la scelta di Sr. Margherita, certe che dopo la benedizione il nostro Ven.mo Padre ce la presentasse come nostra Vice superiora».
Sr. Margherita collaboratrice preparata dall'Allamano. La collaborazione tra Padre e figlia si è espressa anche in questo: l'Allamano ha seguito sr. Margherita con speciale attenzione per renderla sempre più idonea ai compiti che le aveva affidato. Si può dire che l'Allamano si è formata la prima collaboratrice secondo i suoi principi, garantendo così la riuscita della collaborazione. Lo faccio notare riportando qualche brano di lettere che il Fondatore ha scritto a sr. Margherita per darle istruzioni e per ricevere notizie e suggerimenti.
Anzitutto prima che partisse per il Kenya. Da s. Ignazio, il 17 luglio 1913: «Ti ringrazio della lunga e dettagliata lettera. Sono contento del buon spirito che regna nella Casa. Essendo ancora su questa misera terra non mancheranno difetti; procuriamo almeno che, chi li ha, li conosca, se ne persuada e si metta con animo a correggerli. In ciò consiste la formazione dei soggetti. Quanto a te non inquietarti dell'aridità che provi nelle cose spirituali. Prendi ciò con pace dalla volontà di Dio, il quale talora si nasconde per poco per provare la nostra fedeltà. […]. Parla pure in pubblico e in privato con ardore delle virtù e delle sante pratiche; il Signore applicherà il tutto a te».
Specialmente sono interessanti, come esempi di collaborazione, alcune lettere scritte dall'Allamano a sr. Margherita in Kenya. Così il 16 maggio 1914: «Ho ricevuto la tua bella lettera e te ne ringrazio, godendo specialmente della piena sincerità e del modo minuto con cui mi scrivi. Si tratta del bene e non si deve sver paura di farmi pena. Sarebbe più doloroso se per non farmi dispiacere mi celassi qualche cosa. Vogliamo tutti il solo bene comune e di tutti». Ancora il 13 giugno successivo: «Ho ricevuto la tua lettera, e ti ringrazio di avermi scritto molto e minutamente. Credimi: è falsa compassione quella quella di non dir tutto per non rattristarmi. La verità tutta e sempre è la migliar consolazione per chi desidera il bene e così conosce le cose come sono. Come già ti scrissi, io non m'inquieto per certe miserie, anzi me le aspettavo. Ma passeranno con la grazia di Dio. È impossibile che gente la quale fece sacrifici per venire a salvare anime, non si scuota. […]. Fa coraggio a te e a tutte. Sono giovani, facili a scoraggiarsi, ma buona volontà è in tutte e il Signore le aiuterà». Due settimane dopo, la incoraggia ancora così: «Tu non scoraggiarti, e continua il comando dolce ma fermo; e non inquietarti quando ti scappa un po' la pazienza. Il Signore aggiusterà anche i tuoi difetti e sbagli».
È interessante notare come l'Allamano abbia assunto un atteggiamento tutto particolare, quasi ponendosi a fianco di sr. Margherita, lavorando insieme con lei per superare le prime difficoltà. Certe posizioni piuttosto odiose non le scaricava sulle spalle di sr. Margherita, ma le prendeva lui stesso da Torino, come risulta da questo scritto del 28 dicembre 1914: «Ti mando l'unita lettera per leggere alle Suore. Ti parrà un po' severa; tuttavia leggila tutta a tutte. L'ho pensata e meditata ai piedi della SS. Consolata. Tu poi coraggio nel Signore, Egli ti sosterrà corporalmente e spiritualmente, come io Lo prego. Scrivi sempre come vedi, e sta tranquilla». Alcune volte, inviava a sr. Margherita una lettera aperta, piuttosto severa, a qualche missionaria, incaricandola di leggerla prima e poi di consegnarla chiusa all'interessata. Così la sua collaboratrice non veniva tagliata fuori da certi processi piuttosto difficili.
Sarebbe interessante riportare per intera la corrispondenza dell'Allamano con sr. Margherita durante il tempo trascorso in Kenya come responsabile. Si troverebbero numerosi dettagli che spiegano come due persone, così distanti per età e per spazio, abbiano potuto intendersi così bene e collaborare per impostare e sviluppare un progetto missionario tanto importante. Soprattutto si nota lo sforzo dell'Allamano di sostenere questa giovane collaboratrice, aiutandola a valutare con realismo le concrete situazioni proprie e delle missionarie. Così le ha scritto il 5 giugno 1919: «Tu fatti sempre coraggio col desiderio del perfetto, compatendo però e tollerando le miserie umane, operando sempre per diminuirle. Del resto non scoraggiarti dei tuoi difetti; il Signore che ti affidò l'incarico di dirigere le care suore ti sosterrà, ti illuminerà per il buon esito, e supplirà alla tua pochezza: coraggio!».
Non potendo, dunque, dilungarmi nel riportare questo epistolario, mi limito a sottolineare il fatto che l'Allamano si fidava delle notizie ricevute da sr. Margherita, al punto che su di esse fondava le proprie direttive. Si veda, per esempio, fino a che punto chiedeva informazioni per valutare l'idoneità della missionarie in vista della professione perpetua. Sciriveva il 7 novembre 1917: «Riguardo ai S. Voti perpetui, è mia intenzione di non ammettere le Suore se prima non avrò certe e minute informazioni di ognuna. […]. Tu intanto subito mettiti a farmi una relazione dettagliata di quelle che dovrebbero professare. Noterai il bene e il male, il profitto fatto o non fatto in questi anni; i loro caratteri, e se corretti o no; la seria speranza che danno d'un buon avvenire. Devi scrivere tutto, anche i dubbi; e aggiungerai il tuo giudizio».
La chiarezza di collaborazione con sr. Margherita l'Allamano l'ha dimostrata anche dicendole chiaramente ciò che non andava. Si veda quanto le ha scritto, ovviamente in modo molto paterno, il 1 settembre 1921, rispondendo ad una sua lettera «Mi dici che ti pare di vedere Monsignore [F. Perlo] poco soddisfatto delle Suore nostre». Dopo aver precisato che a lui non pareva esatta questa impressione, continuava: «Di te poi parla bene; ed ha difficoltà di lasciarti venire in Italia. E per dirti tutto in Domino mi fece solo l'osservazione che dimostri un po' di predilezione per le giovani e per quelle che sanno corteggiarti. Che ne sia, è bene che sappi questa impressione per togliere ogni pretesto di malumore».
Una collaborazione a tre. Non posso tralasciare un particolare situazione che si è verificata, a questo livello, quasi unicamente nel caso di sr. Margherita. La sua collaborazione con l'Allamano, come si è visto, è stata totale e molto positiva per lo sviluppo dell'Istituto e delle missioni. Tuttavia, diverse volte questa collaborazione è stata mediata dal Camisassa. Si sa che il Confondatore interveniva in modo speciale nelle questioni che riguardavano le missionarie. Lo stesso Allamano si serviva di lui per comunicare con sr. Margherita, ascoltare le sue idee e riferirle le direttive necessarie.
Per capire il ruolo del Camisassa in questa speciale collaborazione a tre riporto alcuni brani diei suoi scritti a sr. Margherita, scegliendoli tra i molti di questo genere. Ecco l'atteggiamento generale condiviso e seguito: «Il Sig. Rettore vorrebbe pure rispondere alla tua lettera del 4 agosto a lui diretta, ma non avendo tempo m’incarica di dirti soltanto queste cose». Più di una volta il Camisassa ha scritto a sr. Margherita a nome dell'Allamano, dopo avere conferito con lui.
Non solo, ma anche sr. Margherita sapeva che le sue comunicazioni, anche senza doverlo dire espressamente, erano per entrambi, certo con le debite eccezioni: «Ricevetti la tua e ti lascio pensare con quanta mia soddisfazione. Almeno stavolta hai cominciato a scriverci come desideriamo - Dico scriverci - perché quanto scrivi al Sig. Rettore s’intende anche a me, ché le tue lettere leggiamo sempre entrambi; a meno naturalmente che tu scriva cose intime, nel qual caso puoi ben pensare che il Sig. Rettore li tien per sé, e mi dice solo quel tanto delle tue lettere che ci interessa amendue. Ciò sia per tua norma, ad evitarti la fatica di ripetizioni». «Le stesse tue ultime lettere han fatto al Rettore ed a me l’impressione che eri sofferente nello scrivere. E tu in tutto questo tempo neppure un accenno di tutto ciò!! [sr. Margherita non era stata bene] eccetto quella parola d’un “bubu” la notte prima di dar quel battesimo; ma poi più niente. Ti par che vada questo? Crederai sia virtù soffrire e tacere, ma ti assicuriamo che è maggior virtù dir tutto con noi (Dico “con noi”, ché fa lo stesso sia lo scrivi al Rettore che a me)». Ancora: «C’era quella lunga [lettera] a Padre, e si sa che era anche per me, dopo che egli vide che non conteneva cose tue particolari da non dire a me»
Il Camisassa si esprimeva liberamente, a nome dell'Allamano, anche quando si trattava di fare dei richiami: «Mi rincresce aver dovuto scriver un po’ forte, ma è proprio Padre che volle così». Soprattutto incoraggiava sr. Margherita a comunicare tutto con confidenza, perché le sue idee erano molto utili sia al Fondatore che a lui: «Ultima cosa che ti dico a nome del Sig. Rettore e mio s’è da continuar a scriverci a lungo e minutamente sullo stato morale e fisico di tutte costì: è per noi uno studio… ed una rivelazione, e fu appunto in base a queste relazioni, che non accettammo o congedammo qui alcuni soggetti». «Delle miseriuccie che scrivi a Padre… ti risponde di nuovo egli stesso… e tien preziose le sue lettere perché ne scrive tanto poche!».
Incontro a Torino. Ad un certo punto, l'Allamano ha sentito il bisogno di conoscere meglio di persona, e non solo per corrispondenza, la situazione delle missionarie in Kenya. Così ha pensato di richiamare temporaneamente sr. Margherita in Italia. Ecco come glielo ha comunicato il 30 novembre 1919: «Già avrai saputo del mio desiderio di farti tornare fra noi; ma ciò non sarà che al ritorno di Monsignore dall'Italia, cioè verso l'autunno del 1920. In questo tempo potrai pensare a chi potrà sostituirti come superiora. A noi parrebbe Suor Agnese, la quale oltre l'anzianità ha buon spirito; prima d'allora Dio ci illuminerà».
Sr. Margherita, in una relazione del 1956 al Postulatore p. G. Fissore, ha offerto la spiegazione di questo suo rimpatrio: «Obbligato dopo pochi anni dalla nostra formazione a farci partire nel 1913 e nell'impossibilità di recarsi Lui stesso in Africa per vedere di presenza la nostra sistemazione e l'impostazione del nostro lavoro missionario, il Fondatore mi chiamò in Italia alla metà del 1922, per sapere con precisione come ci trovavamo nelle missioni».
Giunta a Torino, corse subito ad incontrare l'Allamano. È commovente come lei stessa descrive l'incontro con il Padre: «E dal Santuario passai alla casa del Convitto, ove trepidante dalla commozione, attendevo il nostro Veneratissimo Padre. Non si fece attendere, e scese le scale. Io non resistetti ad aspettarlo in parlatorio, ma gli mossi incontro nel porticato. Caddi ai suoi piedi, gli baciai la mano, e gli occhi mi si riempirono di lacrime. Egli col suo occhio vivo, penetrante, affettuoso, mi fissò bene in viso, poi mi disse: “Sì, sì, sei ancora tu, sei sempre tu”».
Durante i mesi trascorsi a Torino, tra l'Allamano e sr. Margherita ci sono stati diversi incontri e si accordarono su tutto. A quel punto la loro collaborazione aveva raggiunto il masssimo livello. Rimandandola in Kenya, il Fondatore ha confidato alle missionarie il suo stato d'animo con queste significative parole: «Vi rimando la Superiora Sr. Margherita, sebbene abbia bisogno del suo aiuto in Casa Madre. So che la stimate e l'amate, e se lo merita. Non mi sento di privarvi di tanto conforto per procedere nella via che ben conducete. Ascoltatela e ubbiditela, anche per consolarla nel grave peso che sostiene».