IL DIARIO TOCCANTE DI SR. PAOLA ROSSI

Sr._Paola_Rossi16 FEBBRAIO 1926 – 16 FEBBRAIO 2008


Sr. Paola Rossi, Missionaria della Consolata, ha redatto, giorno per giorno, un diario delle ultime due settimane di vita dell’Allamano, esattamente dal 31 gennaio fino al 16 febbraio 1926. In vista del prossimo 16 febbraio, festa del nostro beato Fondatore e 83° anniversario della sua santa morte, crediamo di fare cosa gradita ai nostri lettori trascrivere alcune parti degli ultimi tre giorni di questo diario. Sono pagine molto semplici, che descrivono dettagliatamente quanto succedeva, ma soprattutto rispecchiano i sentimenti di coloro che hanno assistito l’Allamano in quei dolorosi momenti.

 

 

14 febbraio: [l’Allamano] ha qualche ora di apparente calma nel mattino, ma nel pomeriggio perdura nel grave stato dei giorni scorsi. Copioso catarro gli si porta alla gola, producendogli nella respirazione una specie di rantolo. […].

 

Nel pomeriggio, prima della chiusura del triduo [di preghiere] alla Consolata [per chiedere la sua guarigione], riceve anche la superiora e una sorella , che, oltre la benedizione, hanno la grazia di ascoltare ancora qualche sua parola, sempre più preziosa. Egli chiede notizie di Mons. Perrachon, [appena giunto dal Kenya], se l’abbiamo ricevuto bene. […]. Poi la superiora gli soggiunge: “Padre, domani incomincia il mese di S. Giuseppe, noi lo faremo con l’intenzione che Lei possa guarire”: E Lui, alzando gli occhi al cielo ed allargando un poco le braccia,: “La volontà di Dio, la volontà di Dio”. Sembra che non abbia altro da dire in questi giorni, e quella voce velata e rantolante che non sa pronunziare che atti d’amore e di completo abbandono alla divina volontà, l’abbiamo qui scolpita nel cuore e mai, mai ci sarà dato di dimenticarla! […].

 

Si incomincia a temere per la notte. Il rantolo, prodottogli dal catarro, aumenta sempre, la temperatura si alza di più. Il medico, venuto verso le 22 constata lo stato grave e per la prima volta ci dice che non lo salveremo più. Somministra al nostro caro Ammalato diversi calmanti, onde fargli passare meno male il rimanente della notte, durante la quale, né le due suore infermiere, né suo nipote, che da qualche giorno più non lo abbandona, possono prendere un po’ di riposo.

 

15 febbraio: verso l’alba, desidera che si celebri la S. Messa nella camera attigua. All’incominciare di questa, tenta di fare il segno di Croce, ma non riesce a portare la mano fino alla fronte. Ascolta con grande attenzione; al Vangelo tenta ancora di fare il triplice segno di Croce, amando eseguire con perfezione, fino alla fine, le minime sacre cerimonie. Prima della S. Comunione, la sorella prova di dargli da bere, onde inumidirgli la gola, ma egli: “Ho provato in tutti e due i modi e posso trangugiare”. E difatti riceve intera la S. Particola. Oh, quale devozione! È spossato, ma, all’avvicinarsi della S. Ostia, quasi si solleva e con aspetto angelico riceve Gesù.

 

Visitato, in mattinata, dal Rev.mo Can. Paleari della Piccola Casa della Divina Provvidenza [Cottolengo] a lui che gli dice che fa pregare le sue suore: “Sì - risponde - per le cose d lassù”. “Oh, ci sono delle catene - replica il Can. Paleari - che tirano in su, ma ce ne sono tante che tirano in giù e speriamo di vincere”: “No, no, che si faccia la volontà di Dio; non come quella gente lì (alludendo a noi) che prega solo per le cose materiali”. Con questo vuol dire che noi preghiamo soltanto per la sua guarigione. […].

 

A suo Nipote, che sorridendo Gli dice che sembra uno sposo per la nuova biancheria appena indossata, risponde alzando un poco le braccia: “Oh, sì, fra poco vado alle nozze …”.

 

Il miglioramento dell’altro giorno non fu che il miglioramento della morte, o meglio, il Signore lo ha permesso perché ancora potesse rivolgere qualche parola, con chiara conoscenza, e con serenità, al suo Figlio Vescovo [mons. Giuseppe Perrachon], nella prima visita dopo il ritorno dall’Africa.

 

Oggi, la temperatura oscilla da 38 a 38,5; il respiro è faticosissimo, non parla quasi più, tutto minaccia imminente la catastrofe. Egli benedice tutti quelli che si avvicinano, sorride sempre, fa cenno di conoscere tutti. La sorella che l’assiste, approfittando di un momento di maggior tranquillità, gli chiede la benedizione per tutti i missionari e le suore d’Africa, fa i nomi di ogni singola missione e dei superiori e delle superiore delle medesime, della cara suor Chiara, la figlia sua primogenita. Egli dice di ricordarle tutte e di mandare a tutti volentieri la sua benedizione.

 

Il Professore, verso le 10, proibisce le visite per non stancare oltre il caro infermo che continua a peggiorare. “Non la toglieremo più; è questione di giorni”, sentenzia dolorosamente. Alle 14, il termometro segna 38,8, temperatura impressionante per lui così debole. Verso le 15, il Can. Cappella, notando il suo stato già di preagonica, trova conveniente amministrargli subito la Estrema Unzione, che egli accompagna con visibile attenzione e devozione, presenti un gruppo di RR. sacerdoti convittori in cotta, le sorelle infermiere e le sorelle addette all’Ufficio Periodico.

 

Intanto, mentre si avvisa immediatamente a mezzo telefono i superiori dell’Istituto nostro, si prepara per portargli solennemente il S. Viatico da tutti i convittori, i missionari e le suore. Al momento che gli si avvicina il S. Viatico, fa per alzare la mano, ma non ne ha la forza. La sorella capisce il suo desiderio, gli toglie la berretta di notte, ed egli rimane subito contento. Alle giaculatorie che gli vengono suggerite accenna di sì con la testa, sforzandosi di farci capire che gli tornano gradite. Infatti capisce tutto e rimane in sé fino alla fine.

 

Sua Eccellenza Mons. Perlo, che ogni giorno era al suo capezzale, e che da questo momento più non lo abbandona, presenti tutti i missionari e le suore, chiede all’amato Padre morente l’ultima paterna benedizione per tutti, vicini e lontani. Lo sguardo velato del Padre si vivifica all’udire i nomi delle care missioni. “Padre - gli dice Mons. Perlo - ci sono tutti i missionari e le suore che domandano la sua paterna benedizione, affinché possiamo raggiungere i fini per cui ha fondato l’Istituto: la propria santificazione e la salvezza delle anime”. Ed egli, il Ven.mo Padre, che tutto capisce perfettamente, accenna di sì, tenta uno sforzo supremo di alzare la sacra destra, come sempre s’era alzata benedicente sopra di noi, ma subito la lascia cadere inerte sulle coperte. Allora Mons. Perlo, in nome suo conferma quest’ultima preziosissima benedizione su tutti noi inginocchiati e profondamente commossi. È l’ultima benedizione del Padre morente; poi passiamo uno ad uno a deporre su quella sacra destra il nostro affettuoso bacio, colle labbra tremanti e gli occhi pieni di lacrime, che ormai più non possiamo trattenere.

 

I più vicini al suo capezzale possono cogliere ancora dalle sua labbra qualche monosillabo, lieve come un soffio. Si ode con chiarezza un “Amen” e poi, dal movimento delle labbra, cogliamo una “Ave Maria” ed è l’ultima parola, un saluto alla Madre che tanto ha amato e che tra breve gli dovrà rendere il saluto nell’eterno abbraccio dei cieli.

 

Da tutti non si fa che pregare continuamente ad alta voce ed il Ven.mo Padre fa un segno di compiacenza alla recita del S. Rosario, dopo la mezzanotte. […]. È oltremodo commovente vedere il suo figlio primogenito, Mons. Perlo, pallido e con voce malferma, chiamarlo con tanto affetto, suggerirgli atti di perfetto amore e confidenza, ricordargli il suo beato Zio [il Cafasso], l’anima bella del Sig. Vice Rettore [il Camisassa] che già esultano in cielo di gioia per averlo presto partecipe della loro gloria.

 

L’agonia del Padre è l’agonia dei Figli ed ogni suo singulto si ripercuote dolorosamente nel nostro cuore. Oh, che pena essergli tutti attorno, pronti mille volte a dare la vita per salvare la sua e vederlo tanto soffrire e non potergli porgere alcun altro rimedio che quello di inumidire di tanto in tanto quelle labbra riarse!

 

Il Prof. Precerutti passa la notte con noi, vicino al capezzale del suo confidente, non perché speri ancora qualche cosa dalla scienza umana, ma per un bisogno del suo amore quasi filiale. Di tanto in tanto l’occhio così buono dell’amato Padre si fissa in alto, in un punto e sorride… si attende la Madonna, si è sicuri ch’Essa sta vicino al prediletto suo Figlio, si sente fortemente la sua presenza, e… si nutre l’infantile speranza di vederla proprio prendere l’anima di lui e portarla in cielo.

 

16 febbraio: Ed eccola la Madre! Alle quattro e cinque minuti, alcuni singulti più forti lasciano che l’anima bella e santa di Lui, doppiamente purificata da ben tredici ore di agonia e da tutti i conforti di S. Madre Chiesa, voli in Paradiso, fra le braccia della Madonna, accolto e festeggiato dal Beato suo Zio e dall’amato Signor Vice Rettore ed accolto ancora da migliaia di anime che, per mezzo suo, sono salite lassù alla gloria eterna.

 

Tra i singulti recitiamo il primo “Requiem”, pietrificate dal dolore passiamo ancora qualche ora accanto alla cara salma, accanto a Lui che abbiamo tanto amato, la cui desiderata memoria non si cancellerà più dal nostro cuore.

 

Oggi è il primo giorno di Quaresima, primo giorno di una Quaresima che per noi si prolungherà per tutta la vita, poiché da questo primo giorno saremo per sempre private dell’amatissimo nostro Padre. Ma tu, nostro amatissimo Padre, Tu vivrai sempre nel nostro cuore, nel nostro spirito, nella nostra mente. Ti faremo rivivere in tutte le anime che ci sarà dato di avvicinare, poiché la tua dipartita apre una piaga così profonda e cruenta che non si cancellerà fino al giorno in cui, dopo aver speso la vita a tuo esempio “per Dio e per le anime”, ci sarà dato di raggiungerti nel bel Paradiso.

giuseppeallamano.consolata.org