L'ALLAMANO SI INTERESSA DEI PARENTI DEI MISSIONARI

FondatireTricorno2ALCUNI EPISODI


Per l'accettazione di un allievo. La mamma del ragazzo Gallea Giuseppe, che voleva farsi missionario, assieme al parroco, aveva voluto accompagnare il figlio alla Consolata, con il proposito di convincere l’Allamano a non accettarlo. Ovviamente non vi riuscì. Ecco come il figlio, anni dopo, raccontò quell’incontro: «Quando ella vide che non c’era più nulla da fare, si rivolse al figlio, un po’ stizzita: “Ma allora, se questa era la tua idea, potevi dirlo prima, e non adesso che abbiamo fatto dei debiti”. L’Allamano intervenne subito: “Avete fatto dei debiti? E quanto? Ci penserò io”. La mamma non sapeva più che cosa dire e cominciarono a piovere le lacrime. All’Allamano non rimase che consolarla: “Là, si faccia coraggio, vedrà che si troverà contenta”. Giunti a casa, mio padre l’interrogò sull’esito del suo tentativo. Ed essa: “Che vuoi? Rispondeva in modo che non si poteva più dire niente. Tra gli altri sacerdoti e quello lì c’è una differenza grande”».1 Quella mamma, con tutta la famiglia, fu poi molto felice del figlio missionario!

 

Una concessione per consolare la mamma. Al chierico D. Ferrero, a casa per la grave malattia e morte del padre, il 27 settembre 1908, l'Allamano inviò una cordialissima lettera, in cui, tra l’altro, scrisse: «Fa coraggio alla buona mamma ed a te stesso. […] Fermati in famiglia per quel tempo che ti pare necessario a consolazione della mamma ed a disimpegno di ogni cosa»2. Allo stesso, neo-sacerdote, il 2 ottobre 1913, scrisse ancora: «Il buon Dio però aggiunge alle tue rose le spine colla malattia della cara mamma. Falle tanto coraggio, dille che prego e faccio pregare per Lei la nostra Consolata. Intanto opera quanto stimi bene per Lei sia nelle spese, come accompagnandola a Nizza. Andando in Francia sii libero e sciolto quanto al tempo ed a tutto»3.

 

Due medaglie agli sposini. P. Domenico Ferrero rilascia questo ricordo:« Un giorno di novembre gli notificai che mio fratello intendeva sposarsi. Egli ebbe la delicatezza di proporre subito che andassi io a celebrare il matrimonio, suggerendomi persino quali doni era bene che facessi. La vigilia della mia partenza per casa mi incaricò di portare i suoi auguri agli sposi. […].

Di ritorno, un giorno gli chiesi, un po' confuso, se avessi potuto presentargli mio fratello con la sposa, perché li benedicesse. Accondiscese molto benevolmente, anzi pensò di fare loro un dono come ricordo; scelse due artistiche medaglie d'argento della SS. Consolata, a tergo delle quali fece incidere la data del loro matrimonio».4

 

Lettera a Fr. Bartolomeo Liberini. L'Allamano scrisse al coad. B. Liberini, tornato dal Kenya, prima di partire per il Mozambico, mentre si trovava in famiglia: «Ho ricevuto le tue lettere, e godo di saperti bene, e che la tua venuta abbia fatto piacere ai tuoi parenti, ed abbia specialmente consolata la tua buona mamma; godila pure un po’, prima di separarti forse per sempre».5

 

Dopo la partenza per l'Africa di P. Pietro Benedetto. Durante la conferenza alla comunità: «Ogni volta che si rinnovano questi giorni delle partenze, - confidò l’Allamano - lasciano sempre il cuore pieno di pena e specialmente il mio. […]. Ho da dirvi, però, che quest’oggi ho ricevuto una grande consolazione: mi ha consolato molto il vedere una madre veramente cristiana: sono andato per consolarla, perché partiva il figlio per le missioni, ma non ne aveva bisogno. È la madre del nostro p. Benedetto. Ella disse: “Sono contenta che vada, proceda bene, se il Signore lo chiama!”. Ah! non è facile trovare delle madri così! Queste sono madri che capiscono! È una consolazione che il Signore mi dà, di tanto in tanto, nel mio difficile ministero».6

 

Per la vestizione chiericale del ch. Giulio Peyrani. Nell'omelia l'Allamano disse: «E voi, o genitori, che non badando ai sacrifici fatti per il figlio, gli concedeste di seguire la voce di Dio che lo chiamava a Missionario della Consolata, abbiate l’abbondanza delle benedizioni celesti. Dio vi farà partecipare ai meriti ed al premio promesso a chi si sarà votato e sacrificato nella conversione delle anime».7

 

In occasione della morte di qualche parente dei missionari o missionarie. Le lettere dell'Allamano ai suoi figli e figlie, quando veniva a mancare qualche famigliare, sono caratteristiche. Contengono sentimenti umani di affettuosa partecipazione, sempre arricchiti da pensieri di fede e da incoraggiamenti. Quando occorreva, l'Allamano dava consigli anche riguardo gli interessi connessi con l'eredità. Stralci di queste lettere sono riportati nella sessione degli “Studi”, dove si parla dei “Lutti dell'Allamano”. Come esempio, ne riferiamo qui due:

 

Per la morte del papà di P. Giuseppe Perrachon. Missionario in Kenya dagli inizi del 1911, P. Perrachon dovette soffrire la morte del papà (sig. Giuseppe, vedovo della sig.ra Ernesta Faure) ad un anno e mezzo circa dal suo arrivo. L’Allamano gli comunicò la notizia per scritto il 7 giugno 1912. Nella lettera, oltre ad una straordinaria partecipazione paterna, il Fondatore manifestò un grande realismo ed assicurò il suo interessamento per risolvere i problemi pratici connessi a questo lutto, specialmente in relazione alla giovane sorella rimasta orfana. Si notino anche le notizie particolareggiate sull’ultima malattia del padre, il che dimostra che l’Allamano è stato coinvolto molto personalmente in questo evento.

Ecco il testo integro della lettera, che si può definire un capolavoro dal punto di vista umano, spirituale e di praticità: «Vorrei che leggesse questa mia nella Cappelletta davanti a Gesù Sacramentato. Si tratta di una notizia che non mi pare ancora vera; eppure la realtà si è che il buon padre è partito per il Paradiso nella notte passata. V.S. dica in mezzo al suo dolore il fiat in suffragio di quell’anima benedetta. A soli 52 anni era maturo pel Cielo, dove avrà pure speciale gloria per aver di buon grado acconsentito alla sua vocazione…

Domenica, 26 maggio, venne a trovarmi; si confessò e comunicò nel Santuario, e poi nella giornata l’incolse una congestione cerebrale, che gli tolse parte della memoria. Ritornò tuttavia a Pinerolo, dove parve tranquillo e sano. Martedì venne di nuovo a Torino, dove il male lo incolse più gravemente, e fu necessario ricoverarlo nell’Ospedale Martini che si trova presso l’istituto. Si sperò sempre nella guarigione finché replicati piccoli colpi apoplettici lo ridussero in fin di vita e spirò colla Benedizione del nostro Cardinale e coi Santi Sacramenti..

Comprenderà il dolore della cara sorella (sig.na Maria Perrachon) in questi giorni. La zia di Torino l’assiste, e noi facciamo ogni nostro possibile. Il Teologo Gunetti (economo del santuario) si occupa del trasporto a Pinerolo, dove domani avrà sepoltura.

Quanto alla sorella e gl’interessi stia tranquilla; io le farò da padre, com’essa desidera; farò che i parenti non la inquietino. Essa è forte coi principi della fede, ed il Signore l’aiuterà. Terrò lei al corrente d’ogni cosa anche perché essa è minorenne. La SS. Consolata consoli V.S. e la renda forte come apostolo…Già ho ordinato Messe per il padre; V.S. ne celebri secondo regolamento. Coraggio in Domino; ed io la benedico».8

 

Per la morte del papà di Sr. Lucia Monti. Il sig. Giovanni Monti morì il 7 febbraio 1916, mentre la figlia Sr. Lucia era in Kenya dal 1913. L’Allamano le inviò, nello stesso mese di febbraio del 1916 una lettera di condoglianze, nella quale, come al solito, si nota la tenerezza paterna, la grande fede e la cura anche per le questioni economiche conseguenti al decesso. Nella lettera si noti l’estrema finezza dell’Allamano, che con la sua intenzione, fa anticipare alla figlia lontana e ignara della morte, i suffragi per il padre: «Giunta la triste notizia, tutta la Comunità ne ebbe dolore, e pregammo pel bravo padre. Feci subito celebrare una Messa per la cara anima. Tu anche prima d’ora l’hai suffragata secondo l’intenzione che io posi. Rispondi al fratello. Quanto agli averi lasciati dal padre, digli che si rivolga a me. Sta tranquilla che faremo le cose in buon modo e con pace.9 Mi scriverai se la cifra lasciatati sembra la giusta, se non c’è nulla della madre.10

Tu fa coraggio, ed alza gli occhi al Paradiso».11

1 V. Merlo Pich, Testimonianza, Archivio IMC.

2 Lett., V, 137.

3 Lett., VI, 488.

4 D. FERRERO, Testimonianza, Archivio IMC.

5 Lettere, X, 119.

6 Conferenze IMC, I, 500.

7 Conferenze IMC, II, 107-108.

8 Lett., VI, 158 – 159.

9 Dalla lettera del Fondatore a Sr. Lucia del 15 luglio 1918 risulta che la questione economica è stata conclusa in modo positivo e senza liti: cf. Lettere, VIII, 165.

10 La mamma era deceduta prima che Sr. Lucia entrasse nell’Istituto.

11 Lettere, VII, 296.

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