L’ALLAMANO INCORAGGIATO E… RIMPROVERATO DA DON BOSCO

L’ALLAMANO INCORAGGIATO E…DisDonBoscoAllamano

RIMPROVERATO DA DON BOSCO1

 

Non è facile parlare dei rapporti tra un maestro ed un allievo, così distanti per età e funzioni. Tra San Giovanni Bosco (1815 - 1888) e il Beato Allamano, però, si può affermare che un contatto vero c’è stato, dal quale traspare conoscenza, benevolenza e vicendevole stima. La vera documentazione al riguardo è costituita dalle parole dell’Allamano, sia da quelle pronunciate durante le conferenze ai missionari2 e alle suore3 e sia, soprattutto, dalla sua deposizione al processo canonico diocesano per la canonizzazione di Don Bosco.

 

L’Allamano, durante il processo, affermò di aver incontrato e parlato con Don già a Castelnuovo, quando era ragazzo4 Il vero incontro, però, avvenne a Valdocco, nel 1862, quando l’Allamano entrò nell’Oratorio, assieme al fratello Natale, accompagnato dallo zio Don Giovanni Allamano. Non conosciamo nulla del primo incontro tra Don Bosco e l’Allamano,5 ma conosciamo con sicurezza che tra i due, da allora, iniziò ad instaurarsi una buona intesa.

 

Tra le molte che possediamo, ascoltiamo solo alcune dichiarazioni generali di stima per Don Bosco che l’Allamano ha pronunciato e controfirmato al processo: «[…] Il Venerabile Don Bosco era da tutti amato per la sua bontà, e da tutti riceveva segni di riverenza e di affetto. Il suo sistema era di attirarsi i cuori, e non conobbi alcuno che si lamentasse di lui».6 «La sua vita fu tutta intesa alla gloria di Dio, alla santificazione delle anime, specie giovanili, per cui non si risparmiava né giorno né notte».7«Mentre il Venerabile era in vita vigeva fama di santità intorno a Lui. Dopo morte questa fama non si spense né diminuì, anzi si estese in Italia e all’estero. Questa fama di santità da me condivisa è fondata su argomenti solidi: sulle virtù praticate dal Venerabile durante la sua vita».8

 

Da Don Bosco, come è ovvio tenuto conto della sua squisita arte pedagogica, l’Allamano è pure stato aiutato e incoraggiato nel cammino di formazione: «Che io abbia avuto ed abbia speciale affetto e devozione per il Venerabile, per il bene che mi ha fatto nella mia prima educazione, e per essere stato in quel tempo mio confessore regolare, è verità».9 «So per conto mio che il Venerabile mi animava sempre alla virtù ed allo studio; così vidi che faceva con gli altri».10 «Ricordo d’avermi esortato a raccomandarmi a S. Giuseppe per ottenere profitto negli studi e sanità fisica».11Anche nella Lettera postulatoria a Leone XIII, l’Allamano esprime questo suo particolare rapporto formativo con Don Bosco: «Il sottoscritto poi si stima fortunato d’aver convissuto per quattro anni col Servo di Dio nell’Oratorio Salesiano; durante il quale tempo ebbe ad ammirare le virtù singolari, e potè godere della direzione spirituale del medesimo nel S. Tribunale di Penitenza».12

 

Sembra soddisfatto l’Allamano quando riferisce anche di “rimproveri” ricevuti da Don Bosco: «Ricordo che il Venerabile mi rimproverò una volta per aver fatto un viaggio da Torino a Castelnuovo d’Asti in giorno festivo».13«Ricordo di essere stato severamente rimproverato dal Venerabile perché durante le vacanze avevo letto il romanzo Beatrice Cenci del Guerrazzi, e questo rimprovero mi fece molta impressione e mi fu salutare per l’avvenire».14 Ma il rimprovero più simpatico fu quello che Don Bosco, dopo molto tempo, rivolse all’Allamano, perché, quel famoso 19 agosto 1866, lasciò Valdocco senza salutarlo. È stato lo stesso Allamano a raccontarlo confidenzialmente a P. L. Sales. Ecco il dialogo tra i due, iniziato da Don Bosco: «Me l’hai fatta grossa…Sei andato via senza salutarmi!». «Non osavo…». «E sei andato via di domenica!». «Era per necessità…».15

 

Tenendo conto di tutti i particolari che l’Allamano riferisce su Don Bosco, risulta che lo conosceva bene, come pure che tra i due si era creata una certa confidenza. Per esempio: «Aggiungo che Don Bosco, come mi riferì, si gloriava di essere stato l’ultimo a confessarsi da Don Cafasso, mentre questi, gravemente infermo, era prossimo a morire».16 Parlando del Cafasso agli allievi, nella conferenza del 15 febbraio 1921, diceva: «D. Bosco me lo diceva sempre: da giovane io sono stato da lui per quattro anni: ebbene me lo diceva tutti i momenti: “Se io ho fatto qualche cosetta, lo devo a D. Cafasso”».17

 

Anche dopo aver lasciato l’Oratorio di Valdocco, l’Allamano rimase affezionato a Don Bosco. Andò a trovarlo con grande affetto quando era ammalato: «Alcuni mesi prima della morte visitai il Venerabile nella sua camera e lo trovai seduto su un seggiolone. Mi parve declinasse nelle forze, e lo trovai tranquillo e allegro. Avendogli io manifestato una mia pena, ne prese viva parte e mi consolò, quasi rimproverandomi di non avergliene parlato prima; mi assicurò che si sarebbe interessato di quanto gli avevo riferito. Dopo di allora non lo vidi più».18

 

Quando Don Bosco morì, gli rese omaggio con grande venerazione nella camera ardente: «andai a visitare la Salma, e vidi una folla enorme di persone sfilare davanti devotamente. Escludo che questo concorso sia stato fomentato da industria umana».19

 

L’Allamano conservò sempre un ricordo positivo di Don Bosco educatore e fondatore, assieme all’ammirazione di quanto operavano i Salesiani. Ecco una sua spontanea confidenza fatta al P. G. Nepote Fus, verso la fine della propria vita: «Mi sono domandato molte volte quale sia il motivo per cui il Signore abbia benedetto e benedica i Salesiani in modo così straordinario; e penso che uno dei motivi, se non il principale, è che essi hanno rispettato Don Bosco. L’hanno rispettato da vivo e l’hanno rispettato da morto. Io ne sono testimonio, e ricordo come ai miei tempi nell’Oratorio si eseguivano le volontà e i desideri di Don Bosco. Per questo il Signore li ha benedetti e li benedice».20

 

1 Sui rapporti tra Don Bosco e L’Allamano si veda: PIOVANO G., Il Servo di Dio Giuseppe Allamano e San Giovanni Bosco, in “Il Servo di Dio Giuseppe Allamano, Tesoriere della Consolata”, N. 3, 1966, pp. 483 – 495. In questo articolo l’autore praticamente riporta le risposte dell’Allamano date al questionario, durante il processo canonico di Torino. Cf. pure: MATTEA A., Quattro Anni a Valdocco (articolo postumo), in ibid., N. 3, 1979, pp. 308 – 319; N. 4, 1979, pp. 331 – 339; N. 1, 1980, pp. 379 – 384; N. 2, 1980, p. 4. PEDRINI A., Un Don Cafasso redivivo, Giuseppe Allamano…, in Don Bosco e i Fondatori suoi contemporanei, Roma 1990, pp. 69 – 72.

2 Cf. Conf. IMC, I, 375, 439, 450, 576, 624; II, 173, 217, 229, 243, 264, 270, 283, 688, 827; III, 183, 262 – 263, 367, 536, 699, 721, 273.

3 Cf. Conf. MC, I, 62, 105, 419, 479; II, 99, 190, 193, 203, 225, 493, 512, 513, 533; III, 55, 213.

4 «Conobbi personalmente il Venerabile fin da ragazzo, quando lo vidi a Casatelnuovo d’Asti, e forse nella borgata dei Becchi […]. Certamente gli parlai in Castelnuovo d’Asti in tale occasione per l’accettazione mia nell’Oratorio»: n. 7. Le risposte dell’Allamano al questionario del processo canonico le desumo dal citato articolo di P. Piovano G. D’ora in poi le citerò solo con il rispettivo numero di riferimento.

5 A questo punto ci permettiamo la curiosità di leggere il primo dialogo tra Don Bosco e l’Allamano, come il P. A. Mattea se lo immagina, perché ha una sua verosimiglianza: «Un pomeriggio della fine di ottobre del 1862, durante la ricreazione, Don Bosco notò un ragazzo sugli undici anni che se ne stava in disparte sotto i portici. Lo fissò attentamente, incredulo, e disse fra sé: “È una visione o realtà, questa?...Don Cafasso mi si presenta in mezzo ai ragazzi, lui stesso ragazzo?”. Si avvicina al giovinetto e l’interroga: “Chi sei tu?”. “Sono Giuseppe Allamano; vengo da Castelnuovo d’Asti e sono fratello di Natale”. Già..è vero; adesso ricordo; tuo zio, il parroco di Passerano, mi aveva parlato di te…anzi, è lui che ti ha condotto qui, vero? Non ti avevo riconosciuto. Sai che sei somigliantissimo a don Cafasso? Tu sei anche suo nipote, vero?”. “Sì, signor don Bosco, ma l’ho visto una volta sola”»: o. c., pp. 310 – 311, n. 10. Questo dialogo immaginato da P. Mattea è piaciuto ad A Padrini, che lo riporta nel capitolo che tratta dell’Allamano, nel citato volume che tratta di Don Bosco e i Fondatori suoi contemporanei..

6 Risposta alla domanda n. 25.

7 Risposta alla domanda n. 35.

8 Risposta alla domanda n. 81.

9 Risposta alla domanda n. 8 del questionario.

10 Risposta alla domanda n. 48.

11 Risposta alla domanda n. 44. L’Allamano ha valorizzato più di una volta questo suggerimento di Don Bosco per i suoi allievi, come per es.: Conf. IMC, I, 375; II, 229.

12 Rip. In: Il Servo di Dio Giuseppe Allamano, Tesoriere della Consolata, N. 4, 1979, p. 343.

13 Risposta alla domanda n. 41.

14 Risposta alla domanda n. 66. Nella conferenza agli allievi missionari del 21 marzo 1915, così si esprime: «[…] ne ho letto uno , una volta nelle vacanze; avevo i fratelli studenti, e me lo hanno dato, per farmelo leggere, e io l’ho letto. E pi quando sono tornato in Collegio l’ho detto a D. bosco. A D. Bosco io diceva tutto. E gli ho detto: ho letto quel romanzo: E mi ha lavata la zucca in regola. E mi ha detto , se voleva scaldari la tsrto coi romanzi che…Non era un romanzi di quei lì, era Beatrice Cenci del Guerrzzi. Abbiamo così poco tempo, testa piccola, occuparlo bene»: Conf. IMC, II, 243.

15 SALES L., Il Servo di Dio Canonico Giuseppe Allamano…, Torino 1944, p. 17.

16 Risposta alla domanda n. 61.

17 Conf. IMC, III, 536.

18 Risposta alla domanda n. 76.

19 Risposta alla domanda n. 77.

20 Mons. Nepote Fus G., Testimonianza, in Arch. Generale IMC, rip. Da: PIOVANO G., o. c., p. 494, n. 14.

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