LUIGI BOCCARDO E GIUSEPPE ALLAMANO INSIEME E DIVERSI

LUIGI BOCCARDO E GIUSEPPE ALLAMANO BoccardoLuigi

INSIEME E DIVERSI1

 

Il 14 aprile 2007, nella chiesa del S. Volto, a Torino, dal card. José Martins Saraiva, Prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, a nome del Sommo Pontefice, è dichiarato beato il ven. Luigi Boccardo (1861 – 1936), sacerdote diocesano della Chiesa di Torino. Presiede Eucaristia l’arcivescovo di Torino, card. Severino Paletto.

 

Il Boccardo è stato al Convitto Ecclesiastico della Consolata per 30 anni, come direttore spirituale, scelto dal nostro Fondatore. Tra i due c’è stata una grande collaborazione e si è creata anche una comunione, che merita di essere messa in risalto.

 

1. Insieme. Non c’è dubbio che l’Allamano abbia stimato grandemente il teol. Luigi Boccardo, fratello del beato Giovanni Maria Boccardo, in quanto lo aveva conosciuto da vicino quando era direttore spirituale in seminario. Segni concreti di questo apprezzamento, sono diversi fatti: fin dal 1886, l’Allamano ha chiamato il Boccardo come direttore spirituale al Convitto Ecclesiastico della Consolata.2 Inoltre, dopo il caso del teol. Bertolone, nel 1897, lo ha proposto come Postulatore della causa del Cafasso. Secondo alcune testimonianze, l’Allamano ha pensato a lui come primo direttore della comunità dell’Istituto alla Consolatina; progetto, però, che non è andato in porto per diversi motivi.3

 

Cesare Fava, nella biografia del Boccardo, tratta a lungo delle relazioni tra il Boccardo e l’Allamano. Ad un certo punto fa questo commento: «Se si tiene conto della cura con cui l’Allamano studiava i suoi convittori, e della fama che godeva di profondo conoscitore di giovani sacerdoti, si tratta di una scelta significativa».4 E più avanti sembra molto compiaciuto nel riportare il parere del can. G. Rossino: «La diocesi torinese deve perenne riconoscenza al can. Allamano per questa scelta, che intrecciò gli splendori di due astri riverberanti sul Convitto della Consolata».5 Come pure le parole del can. A. Vaudagnotti: «Se il can. Allamano voleva dimostrare di amare il Convitto, ci riuscì certamente con questa scelta del teol. Boccardo, che sembra a noi debbasi annoverare tra le più cospicue benemerenze dell’Allamano in favore del giovane clero».6

 

Il Boccardo non solo stimò l’Allamano, ma ebbe anche sempre parole di apprezzamento per l’Istituto da lui fondato. Fu diverse volte invitato a parlare ai chierici missionari e, alla sua morte, fu pianto come un membro dell’Istituto. Ecco quanto il Da Casa Madre scrisse: «Le sue benemerenze acquistate verso il nostro Istituto ce lo fanno piangere come uno della famiglia. […]. Volle sempre bene al nostro Istituto, a tutti i Missionari della Consolata. Veniva sempre volentieri tra noi: godé delle nostre gioie, soffrì i nostri dolori, pregò tanto per ognuno di noi».7

 

Diversi.8 Un lungo capitolo del Fava è dedicato alla rinuncia che il Boccardo fece dell’incarico alla Consolata, trasferendosi a Pancalieri, nel 1916.9 Vengono riportate diverse testimonianze sulle presunte divergenze di vedute e di metodo tra i due personaggi. L’autore ammette che anche tra i santi possono insorgere legittime divergenze, ma sostiene, con abbondanti prove, che tra l’Allamano e il Boccardo c’è sempre stato un rapporto di piena fiducia e stima. Secondo una testimonianza di p. Bartolomeo Giorgis, scritta a p. Tubaldo nel 1973, anche l’Allamano avrebbe ammesso qualche diversità di vedute: «Tra me e quel bravo canonico c’è qualche differenza».10

 

Reciproca stima. Il Fava riporta la testimonianza della nipote sr. Dorotea: «Il can. Allamano sovente mi mandava da lui per consiglio, e lo teneva in considerazione di santo».11 Così pure, per il Boccardo l’Allamano era un vero santo , che camminava sulle stesse orme dello zio S. Giuseppe Cafasso. Ecco quanto ebbe a dire mons. Silvio Solero, il 12 ottobre 1938, nel discorso commemorativo, in occasione della traslazione della salma dell’Allamano: «Il giudizio formulato da un sacerdote torinese, che noi tutti abbiamo ancora ed avremo sempre nella memoria e nel cuore. Il Can Boccardo rese dell’Allamano questa precisa testimonianza: “Si potrebbe ripetere di Lui, quasi ad litteram, quanto fu scritto del di Lui Beato Zio”».12

 

 

L’ALLAMANO DIRETTORE SPIRITUALE

IN SEI LETTERE AL BEATO LUIGI BOCCARDO

 

Il beato Luigi Boccardo ha avuto l’Allamano come direttore spirituale nel seminario di Torino solo per l’anno scolastico 1879 - 1880. Anche dopo, però, l’Allamano in via eccezionale13 lo ha seguito con saggi consigli. Possediamo sei lettere indirizzate al Boccardo,14 prima come chierico e poi come giovane sacerdote, dalle quali emerge la profondità di contenuto, il coraggio di proposta e un sano realismo nella realizzazione, che hanno caratterizzato l’Allamano come direttore di spiriti e come educatore. Nei consigli dati già si vedono le linee portanti della spiritualità che il nostro Fondatore comunicherà poi ai primi missionari e missionarie. Tre argomenti sono maggiormente sviluppati: la necessità di aderire alla volontà di Dio; un sano realismo nella vita spirituale e la coerenza nell’esercizio dell’autorità. Altri aspetti sono toccati, ma meno sviluppati.

 

 

 

1. La perfezione nel fare la volontà di Dio. Durante un breve soggiorno in famiglia per ragioni di salute, nel mese di maggio 1882, il giovane chierico Boccardo ha ricevuto una lettera15 di incoraggiamento con consigli spirituali appropriati alla sua particolare situazione: «Già mi era noto che il Signore l’aveva voluto provare e per poco allontanarlo dal Seminario, e pregai il buon Dio a dargli forza per fare pienamente e di tutto cuore la Sua Santa Volontà. In questo invero e non nel fare grandi opere consiste la perfezione nostra». Qui si nota già la spiritualità dell’Allamano, che fa consistere la santità nel compiere la volontà di Dio, ogni giorno, non nei grandi gesti, ma nelle cose ordinarie.

 

L’Allamano ritorna sulla volontà di Dio in una lettera del 6 agosto 1884 da Torino16, quando il Boccardo,ordinato sacerdote appena il 7 giugno, si trova con il fratello parroco a Pancalieri, dove c’è un contagio di peste. Assistendo i malati, forse il giovane sacerdote accarezza l’idea di offrire la vita in sacrificio. Ecco le parole dell’Allamano: «Rispondo finalmente alla Sua cara lettera del 28 luglio scorso. Già sarebbe un boccone ben ghiotto morire a modo di S. Luigi, ma il Signore gli farà ancor aspettare un poco il Paradiso, che sarà più saporito dopo lunghe fatiche e sacrifici. Bisogna fin d’ora vincere ogni ripugnanza alla volontà di Dio, che chiaramente lo tiene costì, e sforzarsi di acquistare una santa indifferenza a tutto, e volontà di stare temporaneamente col fratello. Viva di fede e con tranquillità, faccia ogni cosa come nei momenti di fervore senza curare di sentirlo, o di veder chiaro».

 

C’è un altro intervento dell’Allamano sulla necessità di aderire ala volontà di Dio nella lettera da Lanzo, inviata il 1 settembre 1885,17 quando il Boccardo era stato destinato come vice curato con suo fratello parroco a Pancalieri. Non si conosce il perché, ma risulta che questa destinazione non piaceva al giovane sacerdote. Ecco il motivo di questa lettera: «Non voglio ritardare a rispondere alla Sua cara lettera. Saranno le mie parole di consolazione? Sì, ma per fortificare nella S. Volontà di Dio. È certamente bello in certe ora fare proponimenti assoluti di uniformità ai voleri di Dio; ma giunta la prova come le cose cambiano, o almeno si fanno ben più difficili. Eppure, mio caro, è ora il tempo di praticare i fatti proponimenti e piegare questa natura ritrosa al sacrificio e all’annientamento.

Frattanto all’arrivo del baule consideri il come regolarsi se avesse a fermarsi costì tutta la sua vita e faccia le cose in modo come se dovesse fare il V. Curato […]. Proceda col Fratello nel tenore che le dissi a voce. […]. Il Signore ha vie misteriose a nostro riguardo e le fa vedere proporzionatamente al nostro profitto nella virtù; si faccia buono, ripeto, e Dio lo benedirà».

 

 

2. Comprensione e sano realismo. Mentre il Fondatore propone il grande ideale di uniformarsi alla volontà di Dio, nella stessa lettera consiglia il giovane ad impegnarsi per fare un cammino progressivo, quasi un passo alla volta: «Adunque dica quante volte più può, sinché non lo dica con tutto il cuore: Fiat voluntas tua: Ita Pater, quondam sic fuit placitum ante Te [Mt 6,10; 11,26]». Non solo, ma lo tranquillizza, ben conoscendo la situazione psicologica di un giovane con la salute scossa e momentaneamente fuori comunità: «Si conforti, mio caro in G Cr, senza voler sapere una linea in più di quel che voglia il Signore; in mano del Medico ne stii agli ordini come a quelli di un vero Superiore».

 

Il realismo dei consigli del Fondatore risulta anche in altre lettere. Per esempio, in quella da S. Ignazio del 15 luglio 188318, risponde anche ad una domanda del Boccardo sul bere fuori pasto: «Quanto al bere si proponga di non farlo fuori pasto senza che gli sembra averne qualche bisogno, ed allora non soddisfi pienamente la natura; ho detto sembra e qualche, cioè alla buona senza star lì a sofisticare sulla necessità: si bibimus Domino bibimus [1Cor 10,31]».

 

Mentre, ordinato da poco, il Boccardo aiutava il fratello nel ministero parrocchiale a Pancalieri, l’Allamano gli risponde riguardo la preparazione al sacramento della penitenza, nella lettera del 6 agosto 1884:19 «Per la confessione basta la preparazione di un quarticello di ora con pace, poiché le confessioni non si fanno male quando si vogliono fare bene».

 

Nella lettera da Lanzo del 1 settembre 1885, tenuto conto della difficoltà del Boccardo di stare con il fratello come vice parroco a Pancalieri, l’Allamano, agli incoraggiamenti spirituali,aggiunge: «Mi scriva sovente, principalmente nei momenti di malinconia (che non vorrei avesse!), se viene la possibilità di sua visita, mi sarà sempre cara, del che però l’avvertirò quando ritornerò a Torino».

 

 

 

3. Incoraggiamenti spirituali. Uno degli slogans dell’Allamano, ripetuti tante volte ai missionari e alle missionarie, indubbiamente mutuato da S. Teresa d’Avila, era “Dio solo”. Già lo troviamo scritto al Boccardo nella lettera del 12 agosto 1882:20 «Prosegua le solite pratiche di devozione cercando non le consolazioni ma Iddio solo».

 

Nella lettera del 1 settembre 1885,21 quando era stato destinato vice parroco con il fratello a Pancalieri,dopo opportuni consigli, l’Allamano incoraggiò così il Boccardo: «Del resto, mio caro, esto vir fortis [1Sam 18,17]; e procuri di farsi santo con spirito di umiltà, di sacrificio del proprio volere e di preghiera».

 

 

 

4. Pietà eucaristica. Nella lettera del 21 maggio 1882,22 c’è un aspetto collegato con la spiritualità eucaristica dell’Allamano, da cui emerge la stessa elevatezza di proposta, assieme a comprensione e realismo: «Intanto ricevuto Gesù al mattino nella S. Comunione (ogni giorno se è possibile pel male, e se non può tranquillamente quando può) se lo porti con sé nel cuore fatto tabernacolo e preghi il buon Dio a non dipartirsi; quindi non ha che fare nel suo Cuore lungo il dì ciò che farebbe se si trattenesse in Chiesa tutto il giorno».

 

 

 

5. Pietà mariana. A parte le conclusioni delle lettere nelle quali ricorda sempre la Madonna, in quella scritta da Torino il 12 agosto 1882,23 l’Allamano, che è rettore del Santuario da appena due anni, già esprime la convinzione del suo particolare legame, sia personale che come servizio apostolico, con la Consolata: «La cara Consolata nel cercarmi a suo Custode e Segretario mi pose per condizione di soddisfare a tutti i suoi conti e rispondere a tutte le sue relazioni, e da Regina che è del gran numero di miserabili non mi dà poco da fare».

 

Nell’imminenza della festa della Natività di Maria, da Lanzo il 1 settembre 1885,24 per incoraggiare il Boccardo l’Allamano scrive: «Prego la cara Madre a farlo rinascere in questi giorni con Lei ad una vita fervorosa e regolare».

 

 

 

6. Pedagogia dei modelli. Nella citata lettera,25 per incoraggiarlo a fare la volontà di Dio, mette in atto la sua pedagogia dei modelli: «Una Luduina26 si fa Santa con star fissa in un letto per più di trent’anni, mentre grandi Operatori Evangelici forse hanno a sentirsi dire: nescio vos [Mt 25,12]».

 

Nella lettera da S. Ignazio del 10 agosto 1883,27 l’Allamano propone al Boccardo, per la preparazione immediata al diaconato, S. Lorenzo: «Oggi Festa del grande diacono S. Lorenzo voglio proporglielo a modello e protettore. Lo spirito che animava questo santo sia quello da domandarsi in questi giorni per ben disporsi alla S. Ordinazione, e servirà bene all’uopo con qualche mutazione di parole la preghiera, che la Chiesa ci fa recitare nel dì dell’ottava del Santo».

 

Nella lettera del 21 maggio 1882,28 tra l’altro scrive: «Approvo che legga la bella vita della Chantal, particolarmente si fermi agli ultimi capitoli che son pieni di detti e fatti sulle virtù della Santa: molte anime da questo libro ricavano direzione spirituale applicandosi ogni cosa secondo la condizione propria; faccia Lei altrettanto».29

 

 

 

7. Morale benigna, non rigorista. Si sa che l’Allamano, nell’insegnamento della morale al Convitto e nell’esercizio del sacramento della penitenza, ha seguito la morale “benigna” di S. Alfonso e dello zio S. G. Cafasso. Di questa posizione si trova traccia anche nei consigli che dà al chierico Boccardo nella lettera scritta dal santuario di S. Ignazio il 10 agosto 1883:30 «Un’umile confidenza in Dio è il rimedio di tutto quel complesso di tentazioni che l’assalgono; si creda superiore a tutte queste cose e per grazia di Dio tenga di non essere mai caduto finché non è certo, il che non sarà mai che il Signore lo permetta: etsi consistano adversum me castra non timebit cor meum, quondam tu mecum es [Sal 26,3]».

 

 

 

8. Esercizio della responsabilità. Circa il servizio dell’autorità l’Allamano aveva le sue convinzioni che lo hanno molto aiutato durante tutta la vita. Al Boccardo, nominato “Prefetto di camerata” in seminario, che si era rivolto a lui per avere consigli, l’Allamano ha scritto una lunga lettera,31 attingendo dalla propria esperienza. È interessante vedere come, già negli anni ‘880, il Fondatore consigliasse le stesse linee di comportamento che, in seguito, spiegherà diffusamente ai suoi missionari e missionarie. Ovviamente quanto qui viene riportato bisogna leggerlo alla luce della disciplina che allora vigeva nei seminari, ma bisogna pure far emergere lo spirito, che è sempre valido per chi esercita il servizio dell’autorità.

 

«[…] non posso rifiutarmi a dirgli quel poco che l’esperienza mi dimostrò necessario per ben compiere l’ufficio di Prefetto […] Per riuscire buoni Prefetti e corrispondere alle mire, che i Superiori hanno nel costituirli, è necessario a mio avviso: 1. Farsi esemplare ai Chierici in tutto, massimamente nell’osservanza del Regolamento; 2. Aver quattro occhi per osservare tutto ciò che si fa, si dice ect. dai soggetti, e questo farlo in modo semplice, che non se ne accorgano; quindi non in tono da superiore, ma da compagno ed amico e sovente impedire e correggere solo con qualche cenno di pena, che mostriamo di provare per questa o quella mancanza fatta o che si vuol fare, sicché sentano i giovani che si vuol loro bene e per questo solo e pel dovere che incombe si opera; 3. Certe cosette, che non hanno conseguenze, possono aggiustarsi dai Prefetti senza subito dirle ai Superiori, ai quali si diranno forse col tempo, quando tutto sarà già aggiustato, se ne avrà a render conto; questo modo di fare […] piace ai Superiori, cui si risparmia un po’ di dolore e di fatica e fa che i giovani amino il Prefetto, in cui non vedono un censore studioso di incolparli presso i Superiori, ma un amico che li ama e vuol loro molto bene, onde sono spronati ad emendarsi; 4. Del resto tenga il suo posto senza affettar pretensioni [pretese] fuori di ciò che è necessario in forza dell’uffizio; ed allora con semplicità; non si faccia vedere bramoso di avere la confidenza dei sudditi, basterebbe questo per allontanarla; faccia nulla contro lo spirito del Seminario, sebbene non espressamente comandato dalle regole, per compiacere altrui, no!, la condotta del Prefetto dev’essere per ogni modo irreprensibile e d’esempio anche nelle cose di supererogazione [non obbligatorie] e non deve dir parola o far atto anche piccolo a modo di chi vuol farsi vedere spregiudicato».

 

Più avanti ricorda il tempo in cui lui è stato in seminario «ed esulta al ricordo dei giorni che furono». Poi consente che i suoi consigli siano condivisi con un compagno nominato lui pure prefetto e spiega ancora: «Aggiungo che tra essi due passa questa differenza, che nel 1° prefetto essendo tra compagni di corso o vicini deve predominare il trattar da compagno, nel 3° invece un po’ di superiorità senza boria è necessaria, quindi più cautela nel parlare, essendo fatto segno a maggior considerazione dai giovani, che vedono nel Prefetto un veterano dato loro per informarsi a’ suoi esempi e riuscire dopo alcuni anni ad essere eguali in virtù ect.».

 

Ecco la conclusione: «Aggiunga poi sempre, che pensando agli altri non deve trascurare se stesso in nulla, anzi più coltivarsi, ricavando gli altri più frutto dalla sua santificazione, che dalle sue parole, ect. Ma basta perché parolajo qual sono, sarei tentato di non finirla più».

 

Nella lettera del 10 agosto 1883 da S. Ignazio32, dopo avere parlato di altre cose, ritorna sul tema del Prefetto e incoraggia anche l’altro “compagno”: «Gli dica che se non corrisponderà nelle sue deboli forze alle mire dei Superiori, avrà molte occasioni di fare atti di umiltà. Del resto la buona volontà farà crescere le forze, e per quanto è possibile sia di esempio in tutto ai Chierici senza eccezione, né di levata, né di altro».

 

1 Il rapporto tra il Boccardo e l’Allamano è abbondantemente studiato da: TUBALDO I., Giuseppe Allamano, Il suo tempo – La sua vita – La sua opera, 4 voll., Torino, 1982 – 1986. A motivo della trentennale collaborazione tra i due al Convitto della Consolata, la presenza del Boccardo emerge in tutti 4 i volumi. In particolare, è interessante la presentazione che P. Tubaldo fa del Boccardo prima come seminarista, guidato spiritualmente dall’Allamano, e poi come direttore spirituale al Convitto Ecclesiastico: cf. vol. I, pp. 452 – 463. Per quanto riguarda le 6 lettere scritte dall’Allamano al Boccardo, quando era ancora seminarista e appena ordinato, cf. Lett. , I, 135 – 137 (alla nota 1, p. Bona traccia un breve profilo del Boccardo e ne indica la bibliografia); (della seconda, citata dal Tubaldo a p. 454, il p. Bona non parla); 149 – 151; 156 – 160; 160 – 161; 172.

2 A. VAUDAGNOTTI (a cura), Un direttore di anime, un maestro del clero, il Canonico Luigi Boccardo, Torino 1946, p. 85: «Da tempo il Canonico Allamano ha fissato lo sguardo sull’edificante Sacerdote. Da anni ne dirige la coscienza; conosce tutti i moti, le aspirazioni del grande cuore; l’ha visto praticare con scrupolosa esattezza quel Regolamento – che fu da lui approvato – di vita clericale, facile a dar dei punti a non pochi meglio avanzati negli anni; ne conosce la tenerissima devozione a Maria SS. e – gravato di fatiche nel Convitto – lo vuole con sé, pensando di non aver a trovare tanto facilmente un collaboratore più prezioso a’ suoi fini».

3 È interessante la deposizione di p. L. Sales al processo: «All’inizio dell’Istituto, egli [l’Allamano] offrì la carica di direttore al Can. Luigi Boccardo, che subordinò la sua accettazione alla condizione di avere mano libera nella formazione degli alunni. Tale condizione il Servo di Dio non poteva accettare, e non accettò. Preferì privarsi dell’aiuto di un uomo dell’elevatura morale e spirituale di un Boccardo, piuttosto che venir meno a quello che era il suo dovere davanti a Dio: dare agli alunni dell’Istituto il “suo” spirito»: Processus Informativus, III, 351; cf. anche TUBALDO I, o. c., 535 – 536.

4 FAVA C., Un maestro del clero, Luigi Boccardo, Torino, 1991, p. 111.

5 ID., o. c., p. 112.

6 ID., o. c., p. 116. A. VAUDAGNOTTI, o. c., p. 246: «Non si può che dar ragione al Padre Sales, Missionario della Consolata, quando afferma che l’aver scelto a primo Direttore Spirituale del Convitto della Consolata il Teologo Luigi Boccardo – pare a lui – si debba annoverare tra le più cospicue benemerenze dell’Allamano a favore del giovane Clero». In effetti, il p. Sales, nella biografia del Fondatore, ed. 1944, alle pp. 98 – 99 afferma precisamente quanto riferito.

7 “Da Casa Madre”, novembre 1936, pp. 93, 96.

8 P. Tubaldo, nell’opera citata, mette molto in risalto anche le differenze tra i due: cf. Vol. I, 454n., 460 – 463; nel vol. IV, 137 – 139, discute le vere motivazioni delle divergenze che, secondo lui, stavano in questo: il Boccardo era più propenso alla spiritualità mistica, anche nella direzione spirituale. Aveva diretto e indirizzato alla Visitazione di Como quella che diventò una mistica in piena regola: sr. Benigna Consolata Ferrero, di cui scrisse la biografia. Forse l’Allamano no l’avrebbe fatto e, secondo quanto riferiva p. Alberatone, «davanti alle manifestazioni mistiche, preferiva il crocifisso che era sul suo tavolo di lavoro».

A riguardo delle divergenze c’è una testimonianza orale di sr. Angelica Aschieri, Missionaria della Consolata, che, però, va presa più come sentimento che come dato storico. Prima di farsi religiosa, era spiritualmente diretta dal Boccardo, il quale tendeva ad indirizzarla alla vita contemplativa. Fu poi accettata dall’Allamano. Ecco la testimonianza: «Ricordo con precisione che la mamma per tranquillizzarmi anch’essa sulla vocazione da me scelta […], mi disse che il Can. Boccardo contrastava il mio ideale (di essere missionaria) perché aveva lui avuto una prima volta l’idea di fondare un Istituto Missionario e per questo motivo era sorto qualche disaccordo tra l’Allamano e il Boccardo. Vedi – mi disse – sono due santi, ma anche tra i santi può esserci qualche contrasto»: in Arch. IMC; cf. TUBALDO I., o. c., II, 536, n. 161.

9 Nel capitolo intitolato “Il dolore” della sua opera, a p. 238, il can. Vaudagnotti scrive: «Ad un certo punto con lo stesso Canonico Allamano, che è stato il suo Montore felice, amato e benedetto, non si ritrova più. Che pena! Succede spesso alle anime che, giunte ad uno svolto della loro vita, sentono la necessità di un nuovo Anania. Pena singolare, però, restare sotto lo stesso tetto e non aver più l’anima nell’anima!».

Il p. Tubaldo così sintetizza le ragioni per cui il Boccardo, dopo 30 anni di collaborazione, lasciò il Convitto: «Il Boccrdo lasciò, dunque, il Convitto perché le suore di S. Gaetano, affidategli dal fratello, l’aspettavano; lasciò il Convitto perché in quel periodo non stava molto bene e il vitto di comunità non più si addiceva, specie nel periodo bellico, alla sua costituzione. Ma forse la vera motivazione è un’altra. Nel 1916 il Boccardo era ormai un uomo maturo (55 anni), autore di opere ascetiche importanti, direttore spirituale e confessore ricercato… Era più che giusto che dopo 30 anni di Convitto cercasse un campo di apostolato dove poter meglio e più liberamente esplicare se stesso. L’occasione gli venne nel 1916, perché – ed è cosa da tutti dimenticata – nel 1916 il Convitto era ormai completamente vuoto, trovandosi i giovani convittori sotto le armi. Tant’è che anche il suo successore, il teol. G. Lorenzatti, prenderà possesso del suo ufficio solo nel 1919»: o.c., IV, 139.

10 Arch. IMC; cf. TUBALDO I., o. c., IV, 137.

11 ID., o. c., p. 239.

12 In Arch. IMC; cf. anche TUBALDO I., o. c., p. 243.

13 In una lettera del 10 agosto 1883, l’Allamano scrive: «Questo è quel poco che senza volergli fare da Direttore di Seminario, il cui uffizio non intendo per nulla arrogarmi, da buon amico gli credetti scrivergli»: Lett., I, 160.

14 Non si posseggono, però, le lettere del Boccardo all’Allamano.

15 Lettera datata: Torino, lì 21 Maggio 1882, originale autografo su due facciate, in Lett., I, 135 – 137.

16 Cf. Lett., I, 172: originale autografo su una facciata e quattro righe.

17 Cf. Lett., I, 206 – 209, autografo su due facciate e mezzo.

18 Cf. Lett., I, 158.

19 Cg. Lett., I, 172.

20 Cf. Lett., I, 150.

21 Cf. Lett. I, 207.

22 Cg. Lett., I, 135.

23 Cf. Lett., I, 149 – 151: autografo su due facciate e cinque righe.

24 Cf. Lett, I, 207.

25 Cf. Lett., I, 135.

26 La beata Liduina (1380- 1433), olandese, modello di pazienza, costretta a letto per 38 anni, è portata dall’Allamano come esempio di pazienza anche ai suoi allievi missionari: cf. Conf. IMC, I, 217; II, 165, 167; III, 255; Conf. MC, I, 103. L’Allamano riprende questo modello dal gesuita Scaramelli G.B., predicatore di esercizi,di cui valorizza molte volte il Direttorio Ascetico del 1754 in due volumi.

27 Cf. Lett., I, 160 – 161.

28 Cf. Lett., I, 135.

29 P. Bona, nella nota 6 di p. 137, precisa che si tratta della biografia della Chantal in due volumi di mons. Luis Victor-Èmile Bougaud, citando G., FERRANTI, La spiritualità del canonico Luigi Boccardo, Torino 1974, p. 16, ricorda che il giovane Boccardo dovette sforzarsi sulle prime, ma che poi si entusiasmò e si procurò l’opera per gustarsela a piacimento. Si sa che il Boccardo aveva diretto spiritualmente e indirizzato alla Visitazione di Como quella che diventò una mistica in piena regola: sr. Benigna Consolata Ferrero, di cui scrisse la biografia.

30 Lett., I, 160.

31 Cf. Lett., I, 156 – 160: autografo su quattro facciate, datato: S. Ignazio lì 15 luglio 1883.

32 Cf. Lett., I, 161.

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