DON ORIONE, L’ALLAMANO E IL QUADRO DELLA CONSOLATA

DOrioneN ORIONE, L’ALLAMANO

E IL QUADRO DELLA CONSOLATA1

 

Il rapporto tra San Luigi Orione (1872 - 1940) e l’Allamano, che inizia presto, ha il suo punto culminante nel dono del quadro della Consolata per la chiesetta costruita a Messina, dopo il terribile terremoto, e inaugurata il 5 novembre 1909.

 

Probabilmente, l’Orione aveva conosciuto l’Allamano, già Rettore del Santuario della Consolata da sei anni, quando era allievo a Valdocco, presso i Salesiani, negli anni 1886 – 1889. Si sa che, in quel periodo, il giovane Orione si recava spesso al santuario mariano.2 Però, il primo incontro vero e proprio è documentato dal Cappella nella deposizione per il processo canonico: «Quando il venerando D. Orione visitò per la prima volta il Santuario della Consolata, io stesso ebbi la fortuna di riceverlo in Sacrestia. Siccome chiese di ossequiare il Rettore, io stesso l’accompagnai dal Servo di Dio. Si intrattenne con lui per circa un’ora. Io lo riaccompagnai alla sua uscita. E poi, preso da spiegabile curiosità, chiesi al Servo di Dio la sua impressione. Egli mi rispose: “Questo Sacerdote ha il vero spirito di Fondatore, e la sua opera farà del gran bene”».3

 

Forse nessuno ha chiesto all’Orione la sua impressione sull’Allamano. Tuttavia, la possiamo arguire da una lettera che lui stesso ha scritto all’Allamano, dopo la partenza dei primi Missionari della Consolata per il Kenya(1902), in un momento molto critico della sua esperienza di fondatore: «Veneratissimo Signore e fratello nel Nostro Caro Padre e Signore Gesù Crocifisso, Facciamo una cosa sola la Casa della Consolata per le Sante Missioni e questa povera baracca? Perché mi pare che questa cosa sarà una consolazione per la Madonna, e così alcuni buoni soggetti e qualche buon Chierico desideroso di andare alle Missioni, ci andrebbe per mano della Madonna, e così io starei anche più tranquillo ed essi sicuri di andare bene».4 Indipendentemente dal fatto che non è certo se l’Orione intendesse fare una proposta all’Allamano di fusione o di collaborazione tra i due Istituti, sta di fatto che non c’è dubbio circa la grande stima che emerge da queste parole per l’Allamano.

 

Un momento importante del rapporto tra i due uomini di Dio si è verificato in occasione del terribile terremoto, che la mattina del 28 dicembre 1908 rase al suolo Messina. Avendo già una sua fondazione in Sicilia, l’Orione si è subito portato nell’isola ed, a Messina, ha prestato una generosa opera di assistenza materiale e spirituale. Una sua iniziativa è stata quella di costruire, davanti al cimitero, una chiesetta dedicata alla Consolata, in suffragio delle 80.000 vittime del terremoto.

 

Ecco come ne parla Don G. Pollarolo in un articolo apparso sul bollettino del Santuario, in occasione della sua beatificazione: «Era allora Rettore del Santuario della Consolata il Servo di Dio Canonico Allamano, Fondatore dei Missionari della Consolata, nipote del Venerabile, poi Santo Giuseeppe Cafasso. Don Orione si rivolse a lui pieno di fiducia (i santi fan presto ad intendersi), con la speranza di ottenere un quadro del tutto simile a quello in venerazione nel Santuario di Torino. Il Servo di Dio Canonico Allamano lo accontentò subito mettendogli a disposizione il quadro richiesto».5 Lo stesso San Orione attesta l’incoraggiamento ricevuto dall’Allamano in rapidi appunti concernenti quelle vicende: «[…] Andata a Roma con l’Arcivescovo, e nomina a Vicario. A Torino, dalla Consolata. Il Canonico Allamano, nipote del Venerabile Cafasso, confessore di Don Bosco. Dono del quadro e parole del Canonico: nuova fede».6

 

Lo stesso Allamano ha seguito il fiorire della pietà popolare verso la Consolata a Messina, in seguito all’iniziativa dell’Orione. Incoraggiando gli allievi missionari a non lasciarsi oltrepassare da altri nell’amore alla Madonna, ecco la nota, messa tra parentesi da P. Costa, durante la conferenza del 30 aprile 1911: «Domani comincia… il Mese di Maria (con grande espressione)…e dobbiamo praticarlo con impegno […]. (Dopo, detto della grande attrattiva alla devozione della Consolata, impiantata da D. Orione nella risorgente Messina): Guardiamo di non lasciarci portar via tutte le grazie dagli altri […]».7

 

Una visione sintetica dei rapporti tra l’Allamano e l’Orione si trova nella lettera postulatoria che Don Carlo Pensa, secondo successore dell’Orione, scrisse per la beatificazione dell’Allamano nel 1954. Dopo aver affermato che l’Orione, fin da giovane, sentì l’interesse per la diffusione del Regno di Cristo e, per questo motivo, si affidò al consiglio di uomini santi, continua: «Con la perspicacia della anime sante, vide nel rapido sorgere e svilupparsi dell’Istituto Missionario della Consolata, affermatosi per opera del Servo di Dio Giuseppe Allamano di Torino, i segni palesi di una superiore chiamata all’apostolato. I documenti provano che il rifiorire dell’ideale missionario del nostro Fondatore Don Orione risale al periodo in egli potè avvicinare a lungo il Can. Allamano ed in particolare quando, nel periodo del terremoto calabro-siculo, si recò presso di Lui per ottenere un prezioso quadro della Vergine Consolata che, benedetto dal Papa Pio X, fece collocare nella Cappella baracca espiatoria delle 80.000 vittime dell’immane sciagura, per la quale ottenne dallo stesso Santa Padre insigni privilegi.

 

Il consiglio e l’incoraggiamento alle successive attività missionarie della Piccola Opera della Divina Provvidenza – dato dal Servo di Dio Can. Allamano a Don Orione – è motivo particolare, suggerito da soddisfazione e riconoscenza, perché l’umile sottoscritto unisca la sua alle innumerevoli suppliche […]».

 

 

 

BREVI CENNI DELL'AMICIZIA

TRA IL BEATO GIUSEPPE ALLAMANO

E SAN LUIGI ORIONE

 

P. Flavio Peloso

 

Articolo del p. Flavio Peloso, Superiore Generale degli Figli della Divina Provvidenza (Orionini), rilasciato per la rivista “Dalla Consolata al mondo”.

 

Le prime tracce di questa amicizia risalgono agli anni 1886-1889, quando il giovane Luigi Orione fu per tre anni allievo di Don Bosco a Valdocco. Don Orione ricordava le passeggiate e le visite. Tra le mete vi era il santuario illustre e caro ai torinesi della Consolata dove l’Allamano era rettore: con ogni probabilità l’Orione l’avrà quanto meno visto e di lui avrà sentito parlare.

 

Gli incontri personali tra queste due gemme del clero italiano poterono cominciare solo a partire dal 1897-1898, allorché don Orione aprì in Torino una modesta casa per artigianelli nell’edificio in corso Principe Oddone, messo a sua disposizione dalle sorelle Maria, Severina e Delfina Fogliano, insigni benefattrici dedite ad opere di bene e di apostolato tra la gioventù.

 

 

Il primo incontro a Torino. Fu durante una visita fatta da don Orione a questo suo nuovo istituto di Torino che egli volle recarsi a pregare davanti alla Madonna Consolata, nel suo celebre santuario e vi incontrò l’Allamano. L’episodio, raccontato da un testimone, ha il sapore di un fioretto. Don Orione era arrivato a Torino alla sera di un imprecisato giorno e, al mattino seguente, volle andare a celebrare al santuario della Consolata. Giunto in sacrestia, si presentò per domandare il permesso di celebrare, ma non gli fu accordato perché non munito del “celebret”, il documento di riconoscimento dei sacerdoti.

 

Forse quella richiesta del sacrestano fu dovuta oltre che al senso del dovere anche al colpo d’occhio su quel sacerdote “male in arnese”. Don Orione non si scoraggiò di fronte all’imprevisto rifiuto e chiese di parlare col Vice-rettore; ma anche questi gli mosse difficoltà. Chiese allora del rettore, il canonico Allamano, che non fu più indulgente. Don Orione aveva vivissimo desiderio di celebrare davanti alla Madonna Consolata. Che fare? Con semplicità pregò il canonico Allamano di voler almeno ascoltare la sua confessione. Dopo cinque minuti circa, uscirono dal confessionale e il canonico diede disposizione per la celebrazione di Don Orione.

 

“Gli abbiamo servito la S. Messa – conclude il testimone Giuseppe Rota -, e tornando in istituto Don Orione diceva: «Hanno fatto bene a fare così! Sono disposizioni vescovili». Egli con umiltà accettò quell’umiliazione, senza esprimere alcun risentimento” (ADO, B, 8-11).

 

 

Preziosi consigli in tempi difficili. Dai brevi accenni disseminati nelle memorie del santo tortonese si viene a sapere che il noto e più anziano sacerdote torinese fu suo consigliere negli incerti inizi della congregazione. Si deve avere presente che, tra il 1901 e il 1903, Don Orione e la sua Piccola Opera della Divina Provvidenza attraversarono tempi molto difficili. Il vescovo di Tortona, mons. Igino Bandi, pur stimando e sostenendo Don Orione, avrebbe voluto che la sua opera rimanesse diocesana; giunse a ordinare che tutti i suoi chierici rientrassero in seminario; nel gennaio 1903, era deciso a porre alla testa dell’opera un altro sacerdote più “diocesano” e più “prudente”. Poi, invece, il 21 marzo successivo, firmò il decreto di approvazione diocesana della Piccola Opera della Divina Provvidenza.

 

E’ in questo periodo che Don Orione si rivolse per consiglio al can. Allamano, molto stimato a Torino. Di visite alla Consolata e di colloqui di don Orione con Allamano, troviamo vari cenni e notizie. Di un incontro, in particolare, si ha informazione precisa da una lettera di Don Orione al suo stretto collaboratore Don Carlo Sterpi, del 28 settembre 1901: «Ieri fui alla Consolata dove ho pregato per voi, e dove ho potuto parlare fino verso le 9 con il can. Allamano, nipote di don Cafasso, e dove ebbi tanti lumi e buoni consigli» (Scritti 52, 192).

 

Non sappiamo bene quanti incontri ci siano stati tra don Orione e l’Allamano. Il canonico Giuseppe Cappella, poi rettore della Consolata, ha riferito di un incontro verificatosi poco tempo dopo la fondazione delle Missioni della Consolata (Relazione del 10.8.1945; ADO, C, 4-III). Nella relazione più breve per il processo di beatificazione dell’Allamano (Positio, 1955, p.50), il Cappella dice che quell’incontro avvenne “quando il venerando Don Orione visitò per la prima volta il Santuario della Consolata”. Potrebbe essere la stessa visita cui fa cenno Don Orione nella succitata lettera del 28 settembre 1901. Ma veniamo al racconto.

 

«Nei primordi del diffondersi del nome di don Orione negli ambienti della carità e delle moderne istituzioni religiose, un mattino si presenta nella sacrestia del nostro santuario della Consolata un sacerdote che, al primo aspetto, dà l’impressione di persona modesta e veneranda, non tanto per l’età ma pel portamento. Sentito il desiderio suo di parlare col rettore del santuario, il canonico Allamano, mi faccio premura di accompagnarvelo. Appena il rettore intese il nome del visitatore, ne fu come sorpreso, come di chi si trova improvvisamente avanti a persone di riguardo e di cui forse da tempo desiderava l’incontro. Il colloquio tra i due fondatori fu assai lungo.

 

E, siccome di don Orione già se ne era parlato tra noi sacerdoti del santuario, appena ci trovammo insieme raccolti nell’ora della refezione, mi presi la libertà di interrogare il nostro rettore quale impressione avesse riportata dalla visita di don Orione. Ed egli, quasi premuroso di farci conoscere un santo sacerdote, già tanto benemerito della Chiesa, subito rispose: “Don Orione mi ha fatto subito l’impressione di un uomo di Dio, investito del dono, della prerogativa di un vero ed autentico fondatore di un ordine religioso, che farà del gran bene nella Chiesa. Avendomi poi accennato don Orione a difficoltà, insorte già fin dai primordi della fondazione dell’opera sua, cercai di incoraggiarlo a continuare... ché, le difficoltà, le contraddizioni ed anche qualche incomprensione dei buoni, erano e saranno sempre il marchio delle opere di Dio..., che la corona, che circonda il capo dei santi fondatori di congregazioni religiose, mentre profuma di balsamo prezioso la Chiesa di Dio, non è mai senza spine, e che queste appunto saranno poi quelle che li faranno rifulgere in cielo quasi stellae in perpetuas aeternitates...[quasi stelle nell’eternità]. Tiriamo avanti, caro don Orione - gli dissi - nell’opera intrapresa, sicuri che il Signore, che ce l’ha affidata, non mancherà del suo aiuto, e avanti con la vicendevole promessa di preghiere per noi e per i nostri congregati, fidenti nella Divina Provvidenza e nell’aiuto della santissima Vergine, di poter fare un po’ di bene...».

 

Parola più o parola meno, questo fu il senso di quanto riferito dal can. Allamano. Meraviglia la immediata comprensione da parte di questo uomo di Dio, grande maestro di spirito, nei confronti di un altro uomo di Dio. Riconobbe l’azione dello Spirito in un fondatore di 30 anni che altri giudicavano presuntuoso, avventato, e forse un po’ pazzo.

 

 

Forse fu solo un pensiero: unirsi all’Allamano. La fiducia e l’affetto del can. Allamano nei confronti di Don Orione, proprio in quel periodo di più forti difficoltà, apersero l’animo del giovane fondatore a pensare a una duratura collaborazione di bene tra di loro. Del resto, anche l’Allamano era agli inizi della propria fondazione e, probabilmente, avrà confidato a conforto di Don Orione che anche la sua incipiente congregazione dei Missionari della Consolata stava passando momenti di grande travaglio e incertezza. Senza data, ma riconducibile a questo tempo, è una minuta di lettera di Don Orione.

 

«A nostro Signore Gesù Crocifisso e al santo Padre e alle Anime per Maria santissima. Veneratissimo signore e fratello del nostro caro Padre e Signore Gesù crocifisso, facciamo una cosa sola, la casa della Consolata per le sante missioni, e questa povera baracca? Perché mi pare che questa casa sarà una consolazione per la Madonna, e così alcuni buoni soggetti e qualche buon chierico, desideroso di andare alle missioni, ci andrebbe per mano della Madonna, e così io sarei anche più tranquillo ed essi sicuri di andar bene. Ho anche qualche sacerdote proprio di spirito e di vita interiore, che mi va allevando dei novizi di molte buone speranze, fra cui un giovane professore (Gaspare Goggi), uscito dall’università di Torino e che frequentava il teol. De Maria, e un altro suo compagno torinese, che venne anche aiutato da De Maria. E anche dalle altre case potrebbe venire un buon elemento, e gli eremiti, che sono già, per volontà del santo Padre, sui beni della santa Sede di Orvieto e a Monte Mario in Roma, potrebbero forse servire per l’agricoltura. Dunque, o mio buon fratello, io vi prego di pregare un po’ davanti alla Madonna e, se vi pare che questa cosa sia nei disegni di Dio, scrivetemi».

 

Di questa lettera non si possiede l'originale; esiste solo la minuta autografa di don Orione (Scritti 54, 129). Tutto fa pensare che questa lettera non sia mai stata scritta e spedita, e che don Orione, abbia invece esposto di persona all’Allamano quanto gli stava a cuore. Qui, quello che importa è che essa rivela la stima e la fiducia di don Orione nell’Allamano.

 

 

La devozione alla Consolata. Don Orione ebbe particolarmente cara la devozione verso la Madonna, venerata con il titolo di Consolata nel celebre santuario di Torino. Lo visitò e vi pregò da allievo salesiano e vi tornò poi sovente. Quale il motivo particolare? «Vi si prega con tanto raccoglimento» diceva ai suoi confratelli (Parola, 22.9.1930, IV, 350).

 

Ne conosceva la storia, ne ammirava l’arte, ma più ancora ne apprezzava il clima di religioso raccoglimento. «Quando nel 1706 Torino era assediata dai Francesi, Vittorio Amedeo II di Savoia… e i Torinesi pregavano, recitavano il Rosario, imploravano l’aiuto del cielo; e fecero voto alla Consolata, che è il Santuario dei Torinesi dove si prega meglio, forse, che in tutte le chiese di Torino. Quando andrete a Torino visiterete Maria Ausiliatrice, la piccola Casa, San Giovanni e altre chiese, ma non troverete luogo ove possiate pregare con fervore, con un silenzio, come il Santuario della Consolata» (Parola, 8.9.1939, XI, 123).

 

Nel 1909, Don Orione era vicario generale della diocesi di Messina dopo il terremoto. In tale teatro di dolore e di morte (80.000 morti a Messina), volle aiutare la popolazione superstite della città a cercare rifugio e conforto nella Madonna e, pensando al santuario di Torino, ne propose il titolo e la prerogativa di “Consolata”. Pensò anche al caro canonico Allamano per avere in dono un bel quadro dal santuario di Torino da collocare nella chiesa-baracca aperta in mezzo alle macerie di Messina.

 

In un appunto di Don Orione leggiamo: «A Torino dalla Consolata. Il canonico Allamano, nipote del Venerabile don Cafasso, confessore di Don Bosco. Dono del quadro, e parole del canonico: nuova fede. La Consolata giunge a Roma in Vaticano e bontà del Papa» (Scritti 50, 245b). Dalle brevi parole risulta che il Canonico volentieri fece dono del quadro, con l’auspicio e la preghiera che esso potesse essere strumento per ravvivare a “nuova fede” quel popolo tanto provato dal dolore.

 

A quel quadro è legato anche un gesto di “bontà del Papa”. Infatti, Don Orione si adoperò presso Mons. Giovanni Bressan, segretario particolare di Pio X, perché il Papa benedicesse personalmente il quadro. Lo avvisò: «Verranno quei di Sant’Anna a portarle un quadro della Consolata identico a quello del Santuario di Torino, che deve essermi spedito qui per mettere su un altare della Chiesa pei morti del Terremoto: è un dono del Canonico Allamano, nipote del Venerabile Don Cafasso. Desidererei che mi ottenesse dal Santo Padre che Egli stesso si degnasse benedirlo e annettervi tutti quel favori spirituali che si hanno da chi prega davanti alla Consolata di Torino» (Scritti 84, 228). Due suoi religiosi portarono il bel quadro nello studio privato del santo Papa. Pio X lo guardò e abbozzò una benedizione. I due sacerdoti, però, poco soddisfatti di quel breve cenno, non si muovevano; allora il Santo Padre, indovinandone il pensiero: “Sì, sì - disse - l’abbiamo benedetto e lo benediciamo ancora ampiamente”. E così dicendo, tracciò sul quadro un largo segno di croce, aggiungendo belle parole per la cara città di Messina...» (Bollettino PODP, 1935 gennaio, 6)

 

Quel quadro fu intronizzato prima nella povera chiesa-baracca di Messina e poi nel nuovo grande santuario-parrocchia in cui gli Orionini, ancor oggi, zelano la devozione alla Madonna con il bel titolo caro ai torinesi e al beato Allamano.

 

 

Soprattutto consigliere e amico. Don Orione, parlando dell’Allamano, lasciava capire la grande considerazione che aveva di lui come maestro e consigliere spirituale: «ebbi tanti lumi e buoni consigli» (Scritti 52, 192). Alla Madre Michel, fondatrice e oggi beata, commentò il comportamento di un sacerdote argomentando: «Anche il Teol. Allamano si è espresso ultimamente molto sgradevolmente» (Scritti 102, 22).

 

Scrivendo alla marchesina Giuseppina Valdettaro e sconsigliandola di entrare nella Piccola Opera porta a conferma che «Il Venerabile Cafasso (me lo raccontò Suo Nipote il Teol. Allamano Rettore della Consolata di Torino e del Convitto Ecclestiastico) sconsigliò sua sorella dal mandare il figlio dal Venerabile Don Bosco, perché c’era troppo disordine» (Scritti 65, 147). Lo stesso episodio lo riportò parlando dell’importanza di seguire i consigli del confessore: «Una volta il Cafasso proibì a sua sorella di mettere il figlio da Don Bosco, ed era quello che poi diventò il Canonico Allamano, il fondatore delle Missioni della Consolata» (Parola IX, 376).

 

Don Carlo Pensa, secondo successore di Don Orione, riconobbe il particolare influsso dell’Allamano nella sensibilità missionaria del Fondatore: «I documenti provano che il rifiorire dell’ideale missionario del nostro Fondatore Don Orione risale al periodo in cui egli potè avvicinare a lungo il Can. Allamano […] e al consiglio e incoraggiamento alle successive attività missionarie […]» (Lettera per la beatificazione del can. Allamano, 1954).

 

Tra Don Orione e l’Allamano ci fu una relazione non appariscente, ma molto profonda. Uno dei pochi documenti è un significativo biglietto del 2 luglio 1918. “Rev.mo Mg.r can.co Allamano. Sono di passaggio a Torino il Superiore generale dei Fratelli delle Scuole di Carità di Venezia con un gruppo di suoi religiosi. Li raccomando alla sua bontà, poiché essi vengono per visitare la Consolata e il Ven.le Cafasso. Dio la ricompensi, e preghi la SS. Vergine per questo suo amico in Gesù Cristo Aff.mo Sac. Orione della Div. Provvidenza» (Scritti 43, 89). “Suo amico in Gesù”: Don Orione non poteva fare migliore dichiarazione di affetto.

 

I santi si riconoscevano, si ricercavano, si stimavano, si aiutavano nel comune interesse della santità e dell’apostolato. Possa l’amicizia tra i santi fondatori Luigi Orione e Giuseppe Allamano, iniziata in anni lontani e viva nella beatitudine del paradiso, offrire esempi e intercessione alle rispettive congregazioni affinché continuino ad essere strumento di bene nella Chiesa nelle frontiere della missione e della carità.

1 Il rapporto tra l’Allamano e Don Orione è studiato da: TUBALDO I., Giuseppe Allamano,Il suo tempo, La sua vita, Le sue opere, II, pp. II, 358 – 365; BONA C., La Fede e le Opere, pp. 477 – 484.

2 Così afferma. POLLAROLO G., A proposito della imminente beatificazione di Don Orione…, in Il Santuario della Consolata, 81 (1980), 7, p. 7, riportato da BONA C., o. c., p. 482.

3 Processus Informativus, I, 293 – 294.

4 Arch. Piccola Opera della divina Provvidenza, Lettere 54/129. Non è certo se questa lettera sia stata spedita o no.. L’Allamano non ha conservato l’originale. Una discussione su questa lettera si trova in BONA C., o. c., p. 479 – 480, come pure in Lett., VI, 713, n. 1 e n. 3.

5 POLLAROLO G., o. c., 7.

6 Don Orione nella luce di Maria Madre di Dio, II, 1204 – 1205, riportato da BONA C., o. c., p. 483. Cf. anche TUBALDO I., o. c., II, 363, n. 197, dove si spiega la sorte della chiesetta, demolita nel 1933, e del quadro della Consolata, oggi in una nuova chiesa, costruita dagli Orionisti nel 1960.

7 Conf. IMC, I, 397. Il nome di Don Orione riappare in una lettera dell’Allamano al prof. Attilio Dongiovanni del 20 luglio 1917: cf. Lett., VI, 582 – 583.

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