SEMPLICE CONSIGLIO DI BARTOLO LONGO PER L’ALLAMANO

SEMPLICE CONSIGLIOBartoloLongo

DI BARTOLO LONGO PER L’ALLAMANO

 

Il contatti del Beato Bartolo Longo (1841 – 1926) con l’Allamano sono stati sporadici. Un contatto indiretto si può intravedere in riferimento ai nove sabati della Consolata, di cui abbiamo detto, più sopra, parlando del rapporto tra l’Allamano e il Beato Giovanni Boccardo. Il P. C. Bona, illustrando il libretto I Nove Sabati della Consolata. Considerazioni e preghiere, fa questo rilievo: Ci si ispira, almeno indirettamente, alla pratica domenicana dei quindici sabati, che conobbe un nuovo risveglio grazie allo zelo del beato Bartolo Longo, fondatore del Santuario di Pompei». E qui cita la fortunatissima opera I quindici Sabati del Santissimo Rosario, apparsa a Napoli nel 1877.1

 

Oltre a ciò, c’è stata un’occasione nella quale l’Allamano ha scritto al Longo, ricevendo una risposta educata, con consigli pratici sulle cause per la canonizzazione dei santi Si tratta della richiesta che l’Allamano ha spedito a diversi personaggi per ottenere una lettera postulatoria, indirizzata al Papa, perché concedesse di introdurre la causa di beatificazione del Cafasso.

 

Ecco la risposta del Longo: «Ho letto la sua pregiata lettera e l’opuscoletto, intorno al Servo di Dio D. Giuseppe Cafasso.

L’esperienza che ho fatto nei parecchi casi di postulazioni di cause (sono testimonio in sei cause di santi), mi spingo a dire a V. R. francamente il mio pensiero.

Mi sono convinto che per la cause dei santi occorrono più di ogni altra cosa miracoli evidenti; e poi è necessario che un Vescovo o un Sacerdote noto al Santo Padre, prenda a petto la cosa, si rechi spesso di persona a Roma a pregare lo stesso S. Padre che voglia degnarsi di far sollecitare la causa del Santo.

Si imagini [sic] che io debbo, e lo fo da quattro anni, recarmi a Roma ogni anno, e per mezzo di cardinali ed altri ogni mese mando a sollecitare la causa della B. Margherita Alacoque, causa confortata da strepitosi miracoli qui avvenuti; e per di più è una causa che lo stesso Sommo Pontefice desidera veder spresto espletata, e intanto prende per le lunghe.

Per me le dica francamente che le lettere postulatorie con firme di tante persone che, per lo più non conoscono niente il Servo di dio, e non ne son divoti, non hanno a Roma alcun valore, e sono una spesa e una fatica superflua.

Se io ardissi darle un consiglio, esorterei quei della Casa in cui il Reev. D. Cafasso fu Direttore, di sollecitare dal Santo Padre la causa allorché si recheranno a Roma pel Santo Giubileo Papale, e chiedendo ciò come ricordo del Giubileo e dimostrando la gratitudine che ne verrebbe da tutta la città di Torino e del Piemonte.

Con tutta stima le bacio la mano».2

 

L’Allamano, indipendentemente da che cosa pensasse al riguardo, ha seguito il programma tracciato da postulatore della causa, Mons. R. Virili. P. C. Bona fa questo lapidario commento al consiglio del Longo: «Nel giro di pochi mesi egli [l’Allamano] trasmise a Roma una montagna di lettere, ripartite in quindi gruppi, in corrispondenza di altrettante categorie del popolo cristiano. […] Ovviamente, tra le petizioni, non figura quella del beato B. Longo».3

1 Lett., II, 381, n. 1.

2 Lett., III, 252 – 253.

3 Lett., III, 253 – 254, n. 4.

giuseppeallamano.consolata.org