4. AMMISSIONE E CLASSI DI MEMBRI

Norme per l'accettazione

Oltre ai requisiti di cui abbiamo parlato e che riguardano il postulante, si richiede in ogni caso l'accettazione da parte dei superiori dell'Istituto. La S. Congregazione dei Religiosi, in un Decreto del 1 gennaio 1911, dà saggi e precisi avvertimenti sull'accettazione e formazione dei laici che devono emettere i voti solenni. Tali norme servono pure per i Coadiutori delle Congregazioni con voti semplici, e più ancora per i Religiosi sacerdoti o aspiranti al sacerdozio.

Vuole dunque il citato Decreto che, prima di accettare qualsiasi aspirante, si usino molte e diligenti cautele, si premettano ricerche sulla legittimità dei natali, sull'onestà dei costumi, sulla buona fama di cui gode fra il popolo, sull'idoneità agli uffici che dovrà esercitare, ecc. Vedete quale cura pone la Chiesa nella scelta dei semplici laici! Parrebbe che, per un laico, in Religione, basti un po' di buona volontà di pregare e di lavorare, senza ricercare tante qualità; invece no, non basta. Devono essere di buona nascita, come è detto anche nelle nostre Costituzioni; e che siano già di vita esemplare, che godano stima presso i compaesani: de optima coram populo fama, che abbiano capacità di formarsi allo spirito e alle virtù religiose.

Che dire allora dell'aspirante al sacerdozio? Soggiunge infatti lo stesso Decreto: "Le quali doti tutte, se si richiedono nei laici, assai più debbono trovarsi nei sacerdoti e in coloro che aspirano al sacerdozio". E ciò sia per la loro maggior dignità, come per essere di esempio ai laici. Di qui la necessità per i superiori di andar molto cauti nell'accettazione. Oltre ad assicurarsi che non vi siano impedimenti canonici, essi debbono accertarsi anche su tutto il resto che abbiamo detto.

Questo ve lo posso dire: che non ho accettato alcuni, che avevano lo zio o la zia al manicomio. Così di altre malattie: epilessia, ecc. Così ancora se il padre o il nonno sono dediti all'alcool, il che influenza anche i figli nel corpo e nell'anima; son cose che poi si manifestano.

Si deve inoltre guardare che non siano di condizione troppo bassa.

Insomma è stretto dovere dei superiori procurare che entrino nell'Istituto i soli chiamati, i degni gli idonei, e non oves et boves. Il Signore ne mandi pure, ma stoffa di prima classe. E' questo che voglio: pochi ma buoni, pochi ma in regola: che abbiano spirito, che siano volenterosi e capaci di fare per molti. Non è il numero che conta, ma la qualità, lo spirito; quantunque anche il numero possa avere la sua importanza se accompagnato dalla qualità. Come il Signore ne ha mandati, così se vi è buon spirito, ne manderà, perché l'istituto è opera sua e sono opera sua anche le vocazioni.

Quando vengono da me delle superiore a lamentarsi che nei loro monasteri difettano le vocazioni, domando loro: "C'é buon spirito?... Se c'é, non temete, il Signore è con voi". Ricordo sempre ciò che Mons. Gastaldi, Arcivescovo di Torino, [Mons. Lorenzo Gastaldi (1815-1883) fu Arcivescovo di Torino dal 1871 al 1883, "in virtù di santa ubbidienza" nominò l'Allamano Rettore del Santuario della Consolata, dopo che altri sacerdoti avavano rifiutato la carica. Nel 1882 lo nominò Rettore del Convitto Ecclesiastico annesso allo stesso Santuario.] diceva agli Ordinandi: "Chi sa se, col numero, potrà essere accresciuta anche la nostra letizia? (32). Ah, se potessi raschiare da qualcuno il carattere sacerdotale!". Vi assicuro che sentivamo un brivido per tutte le membra!... Io spero che così non abbia a dire del nostro Istituto, ma s'accresca pure la letizia col moltiplicarsi dei membri.

Le due classi di membri

L'Istituto comprende due classi di membri: sacerdoti e chierici, laici o coadiutori destinati principalmente ai lavori manuali.

Anticamente gli Ordini religiosi costituivano una sola famiglia senza diversità di classi; tutti i religiosi s'applicavano, ciascuno secondo le proprie forze e attitudini, ai lavori manuali e intellettuali. Così i Benedettini. In seguito ci fu la divisione in due classi: quelli dedicati all'Ufficio Divino e quelli dati ai lavori manuali. Prevalse questo sistema, anche perché s'incominciò ad ammetterne alcuni al sacerdozio. Mantengono una sola classe i Fratelli delle Scuole Cristiane e i Maristi. Ad ogni modo, solo a quelli della prima classe, e già professi, spetta il governo e la direzione della Congregazione.

Le Suore di vita contemplativa si divisero per lo più in due classi; lo stesso fecero altre Suore dedite all'insegnamento; mentre molte di quelle che si consacrano alle opere di carità, come le Figlie e Suore della Carità, formarono e formano una sola classe. Vi furono anche Congregazioni di tre e persino di quattro classi, ma non vennero approvate. Nei monasteri claustrali sono ammesse le così dette "Torriere", ossia Suore esterne per le commissioni, le quali si legano alla Comunità con voti speciali.

Le Congregazioni di voti semplici non possono aggregarsi Terz'Ordini propriamente detti, né i loro membri possono ascriversi a qualcuno dei Terz'Ordini già esistenti. Possono però far parte delle semplici Compagnie religiose, come quella del Carmine, ecc.

Venendo ora a noi, troviamo che la prima classe comprende: sacerdoti e chierici.

SACERDOTI - L'Istituto confida molto nelle vocazioni di sacerdoti, e già molti ne vennero e costituirono le prime fondazioni. Costoro, terminati gli studi di Teologia, o anche fatte le prime prove nel sacro ministero, vedendo più che sufficiente il numero dei sacerdoti per la cura d'anime nei nostri paesi, mossi dal desiderio di salvarne in maggior numero, generosamente sacrificano l'acquistata quiete del termine degli studi e talora una già conseguita posizione, per correre in aiuto delle anime che ancor giacciono nelle tenebre del paganesimo, esse pure redente da N. S. Gesù Cristo a prezzo del suo Divin Sangue.

Siano essi i benvenuti; il Signore saprà ben ricompensarli di quanto hanno lasciato per la di Lui gloria. In questa terra li ricompenserà con l'abbondanza dei frutti, in Paradiso con la corona dell'apostolato. Tale fu il Beato Chanel, che fu vicecurato e poi parroco prima di farsi religioso-missionario. Tale ancora il Card. Massaia, già prima impegnato nel sacro ministero qui in Italia. Lo zelo che muove questi zelanti sacerdoti a battere alle porte del nostro Istituto, dia loro coraggio a sostenere i piccoli sacrifici della vita comune, per formarsi al vero spirito dell'Istituto: senza del quale saranno forse buoni sacerdoti, ma non ottimi missionari, né potranno assaporare le gioie di chi serve Dio con generosità, fino al totale sacrificio di se stesso.

CHIERICI - I chierici, lasciatemelo dire, sono la porzione eletta del nostro Istituto e ne formano la maggiore speranza: sia che vengano dal nostro piccolo seminario, che da altri seminari e collegi. A loro sono dirette specialmente le cure di Casamadre. Felici loro, se si lasceranno formare dai Superiori al vero spirito, se si lasceranno lavorare, se si sforzeranno di acquistare gli abiti delle virtù sacerdotali, religiose ed apostoliche! Beati loro se corrisponderanno ogni giorno alla grazia della vocazione e alle sollecitudini dei Superiori! Essi saranno simili a quegli alberi piantati lungo correnti d'acqua, che daranno frutto a suo tempo; le cui foglie non avvizziranno, e tutto quello che faranno prospererà (33).

COADIUTORI - Se i Coadiutori sono utili in tutte le Religioni, sono indispensabili nelle Missioni. Eppure il loro numero è generalmente scarso, per la poca conoscenza che si ha nel mondo del loro sublime stato e del bene che possono operare. Essi sono i veri ausiliari dei sacerdoti; talora li eguagliano nel fare i catechismi, dare battesimi, ecc.: ed anche possono superarli nel fare il bene con il loro esempio. Tanto più che, lavorando essi sempre a contatto con gli indigeni riesce loro più facile far risplendere ai loro occhi la bellezza e santità della nostra Religione: farla risplendere nella pietà, nella carità e nell'esercizio di tutte le cristiane virtù. Essi, con minore responsabilità, vivono una vita di pace e accumulano meriti per il Paradiso.

Ma per ben corrispondere alle speranze dei superiori, essi debbono stimare e amare il proprio stato di Coadiutori. Il P. Lainez, il più insigne Teologo del Concilio di Trento, chiese ai suoi superiori di essere trattato da Coadiutore.

Amare dunque il proprio stato di Coadiutore; avere un buon fondo di umiltà, di obbedienza, di amore alla fatica; avere un grande spirito di sacrificio e di pietà. Inoltre, in conformità alle costituzioni, essi debbono studiare il catechismo e le lingue, ond'essere maggiormente utili in Missione.

Se taluni poi, sia della prima che della seconda classe, dopo essere entrati in Religione con le debite disposizioni, ritornano al secolo, non è da inferirsi che non avessero la vocazione, ma piuttosto che non vi corrisposero: eccetto che Dio abbia altre mire su di essi, come avvenne per S. Camillo de Lellis, per il B. Giuliano Eymard, per S. Giuseppe Labre ed altri.

giuseppeallamano.consolata.org