33. ALTRE DEVOZIONI PARTICOLARI

SS. Trinità

La festa della SS. Trinità è la regina delle feste. Si può dire che la Chiesa celebra in tutto l'anno la festa della Santissima Trinità, perché in tutto l'anno onora il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo: col segno della croce, col Gloria Patri e con terminare ogni Inno a lode e gloria della SS. Trinità. Questo spiega perché la Chiesa nei primi secoli non avesse stabilito una festa particolare ad onore della SS. Trinità. Fu solo nel secolo XIV, che si cominciò a celebrare in qualche luogo, poi a Roma, e in seguito la Chiesa l'estese a tutto il mondo.

Il Mistero della SS. Trinità è il fondamento di tutta la nostra santa Religione. I Teologi dicono che questa verità è necessaria a credersi di necessità di mezzo; senza la fede in questo Mistero non si entra nella Chiesa e non v'è salvezza. È un Mistero incomprensibile; bisogna crederlo e adorarlo. In Paradiso vedremo qualcosa di più di questo Mistero; ma comprenderlo pienamente mai.

Tutti, ma specialmente i Missionari, devono essere divoti della SS. Trinità. Il Vangelo che ci fa leggere oggi la Chiesa è proprio per noi Missionari. È nostro dovere onorare e far onorare il Mistero della SS. Trinità e farlo conoscere. Ora, come persuadere i pagani a credere in questo Mistero? Con la nostra divozione alla SS. Trinità, e col riferire a Dio, Uno e Trino, ogni onore e gloria.

S. Francesco Zaverio era divotissimo della SS. Trinità. Una delle sue invocazioni più frequenti era: O Sancta Trinitas (1024). E ciò faceva sia per la sua particolare divozione, come anche per ottenere che i pagani si convertissero più facilmente. Così voi, se sarete divoti della SS. Trinità, avrete una grazia particolare per far credere questo Mistero. È difatti cosa ammirabile che quei neri abbiano accettato e credano questo Mistero: Dio Uno e Trino!

Quali sono le pratiche speciali per onorare e far onorare questo Mistero? Ossequi alla SS. Trinità, come ho detto, ne facciamo tutto l'anno. Nella santa Messa, dopo l'offerta del calice, il sacerdote offre il santo Sacrificio alla SS. Trinità: Suscipe, Sancta Trinitas... Ripete poi la stessa offerta in ringraziamento della Messa: Placeat tibi, sancta Trinitas... La S. Messa è il primo ossequio alla SS. Trinità, l'unico veramente degno di Essa. Dobbiamo poi recitare con cuore ed entusiasmo i tre simboli: Apostolico, Niceno-Costantinopolitano e Atanasiano. Recitando il Credo, ravvivare la nostra fede, quella stessa fede che dovremo infondere ai pagani. Ma gli ossequi che facciamo più sovente in onore della SS. Trinità sono il Gloria Patri e il segno di croce.

IL GLORIA PATRI - Questa breve preghiera, secondo il Baronio, è di origine apostolica nella prima parte (1025). Le parole: Sicut erat in principio, ecc. vennero aggiunte dal Concilio Niceno contro gli Ariani, i quali dicevano del Figlio di Dio: Erat quando non erat. Che cioè v'era stato un tempo in cui il Figlio di Dio non era. E allora il Concilio aggiunse: Sicut erat in principio et nunc et semper et in saecula saeculorum. Questi eretici non volevano dirlo come noi; ma dicevano: Gloria Patri, per Filium, in Spiritu Sancto. Quando i cattolici volevano conoscere se uno era Ariano, gli facevano recitare il Gloria... Il Papa S. Damaso ordinò poi che lo si recitasse dopo ogni Salmo.

Questa giaculatoria è arma potentissima contro il demonio. Nei tempi passati serviva molto contro la simonia. Gregorio VII volle farlo recitare ad un simoniaco, ma questi non poté recitarlo, e dovette confessare il suo peccato.

Recitiamolo quante volte al giorno ci viene imposto o suggerito dalla Chiesa, ma con affetto, con entusiasmo, intendendo di dare alla SS. Trinità tutta la gloria, che ben si merita, e supplendo a quanti negano a Dio l'onore che gli è dovuto. Sì, gloria a Dio per tutta l'eternità!... Vorremmo che si convertissero tutti peccatori. Perciò non recitarlo distrattamente, senza capire o senza pensare a quello che si dice.

Recitarlo intiero, con tutti gli et. Sono parole sacre: basta toglierne una per negare qualche verità. Quegli et sono tanto significativi!... Aggiungere poi ancora l'inchino. Sempre che, nominando la SS. Trinità, facciamo l'inchino, è un atto di fede in questa verità. E tenere il capo chino fino all'ultimo; non tagliare a metà lo Spirito Santo. Le tre Divine Persone hanno diritto allo stesso onore.

In Duomo, durante l'Ufficiatura, veniva sovente un generale. Vorrei che l'aveste visto come pregava bene e che bel inchino faceva al Gloria Patri, senza alzare il capo se non dopo l'ultimo " o ". E se ciò faceva lui che era militare, tanto più noi!... S. Maria Maddalena de' Pazzi, quando diceva il Gloria, e chinava il capo s'immaginava che le venisse tagliata la testa. Dicono che divenisse persin pallida, perché aveva proprio la volontà, il desiderio di dare la vita per questo Mistero. Non aver dunque paura di rompersi il collo. Alle volte penso: se chinando il capo per recitare il Gloria Patri, mi si spostasse qualche osso, sarei martire della SS. Trinità. Sì, sì, perché è per onorarla che morirei!

Un missionario deve avere questo spirito - bisogna essere santamente furbi, non saputelli dicendo: Son piccolezze! No. Dobbiamo darvi importanza. Che cos'è il Gloria Patri? E un atto di perfetto amor di Dio; far vedere che siamo contenti che Dio sia grande. Lo lodiamo e vogliamo che sia lodato da tutti. Sì, vorrei che lo recitaste sempre bene, con esattezza, intero e con entusiasmo.

IL SEGNO DELLA CROCE - L'altro ossequio in onore alla SS. Trinità è il segno di croce. L'origine di questo segno risale ai primissimi tempi della Chiesa. I primi cristiani l o facevano con molta frequenza, quasi ad ogni atto della loro vita giornaliera. Tertulliano dice: " Ad ogni azione, ad ogni ingresso o uscita di casa ogni volta che ci vestiamo, quando ci laviamo, quando accendiamo i lumi, quando conversiamo, sempre facciamo il segno della croce " (1026). S. Girolamo, scrivendo alla vergine Eustochio, le diceva: " Ad ogni atto, ad ogni passo, sempre la mano tracci la croce - Ad omnem actum, ad omnem incessum manus pingat crucem " (1027).

Il segno della croce è il segno del cristiano, è una preghiera, è una lode alla SS. Trinità, è una professione di fede. Molte grazie si ottengono mediante il segno di croce. S. Francesco Zaverio, una volta che difettava l'acqua da bere e sulla nave morivano di sete, col segno di croce rese dolce l'acqua del mare (1028). L'uso frequente di questo segno è pure raccomandato dal catechismo e da molti Santi.

Non basta però farlo frequentemente, bisogna farlo bene: sia nei movimenti che nelle parole. Per vedere se un Sacerdote, se un Missionario ha buon spirito, basta talora guardare come fa il segno di croce. Sovente si fa malamente quasi da burlarsi della SS. Trinità. Voi soprattutto dovete farlo abitualmente bene, altrimenti non sarete poi capaci di insegnarlo agli altri. In Africa dovrete essere di esempio, anche in questo, e non di scandalo. Il De Hert, autore classico di liturgia, scrive: " Non v'ha dubbio che il segno della croce abbia molta importanza, se fatto con esattezza, con attenzione e divozione, con il debito contatto fisico, e non così monco o fatto così in fretta, da sembrare che uno scacci le mosche. Non fa meraviglia se questi tali hanno poca grazia " .

Come debba farsi il segno di croce l'insegna il catechismo, e più minutamente la Chiesa nelle rubriche della Messa. Badate ad ogni parola: " Quando il sacerdote si segna, pone la mano sinistra sotto il petto, rivolge verso di sé la palma della mano destra, e, tenendo le dita unite e distese, forma il segno di croce dalla fronte al petto, e dalla spalla sinistra alla spalla destra ". Come vedete, la Chiesa non teme di abbassarsi troppo a scendere a queste minutezze; il che indica che sono cose importanti. Notate ancora di dire sempre l'Amen. È una parola assertiva e optativa: come un atto di fede e di amor di Dio. Queste cose bisogna che le gustiate, che le viviate, qui e in Missione. Potete farne anche centinaia al giorno di segni di croce!... Ma piuttosto di farlo male vi dispenso... Se non facessimo altro, oggi, che il proponimento di far sempre bene il segno di croce, avremmo già onorato molto la SS. Trinità.

Il terzo ossequio alla SS. Trinità è di riferire ogni nostra azione a sua gloria. All'unico Dio onore e gloria per i secoli dei secoli! (1029). Tutto ci viene da Lui; quindi tutti i miei pensieri, affetti, azioni voglio che vengano da Dio, cioè siano quali vuole il Signore. Tutto è in Lui; quindi facciamo tutto in Dio, nel Cuore di Gesù. " Tutto in Voi, niente fuori di Voi! ". Sì, tutto per il Signore, in onore e gloria della SS.Trinità.

Lo Spirito Santo

NOVENA DI PENTECOSTE - Siamo nella novena dello Spirito Santo. È una novena singolare, la prima che si sia fatta nel mondo. Anticamente si facevano solo le ottave. Fu Gesù stesso a stabilire questa novena, ordinando agli Apostoli di fermarsi in Gerusalemme, stare raccolti, e così attendere la venuta dello Spirito Santo. Le nostre Costituzioni pongono questa novena tra quelle da farsi con solennità. Quindi ogni mattina canterete il Veni Sancte, e alla sera il Veni Creator e si darà la benedizione col SS. Sacramento, perché Gesù stesso mandi a noi lo Spirito Santo, come lo mandò agli Apostoli.

Questa novena deve esserci cara e mi sta a cuore che la facciate proprio bene; è una novena della massima importanza. A queste feste straordinarie bisogna prepararsi con straordinario fervore. Quel poco che si fa in comune, fatelo bene. A ben ricevere lo Spirito Santo si richiede infatti un'adeguata preparazione, e ciò per tre motivi: a) Perché Gesù l'ha comandata - b) Perché, come spiega S. Tommaso, è il desiderio che rende atto il desiderante a ricevere il desiderato (1030) - c) Per il bisogno che ne abbiamo. S. Agostino dice che lo Spirito Santo è per l'anima ciò che l'anima è per il corpo (1031).

Ora, per far bene questa novena si richiedono quattro cose, che troviamo indicate negli Atti degli Apostoli, come praticate dagli Apostoli stessi (1032). Essi, ritiratisi nel Cenacolo, erano perseveranti e tutti uniti nella preghiera, insieme con Maria SS. Quindi: raccoglimento, preghiera, carità e tutto con Maria SS.

Raccoglimento - Prima disposizione dell'anima per ricevere lo Spirito Santo è il raccoglimento. Lo Spirito Santo non viene nel rumore e nella dissipazione. Raccoglimento non vuol dire che non si debba più parlare, più far nulla, no. Fate pure tutti i vostri doveri, ma lungo il giorno pensate a quello che avete cantato al mattino, ripetete qualche versetto a mo' di giaculatoria.

Preghiera - Gli Apostoli erano perseveranti nella preghiera. Non basta pregare in certi tempi determinati: mattino e sera, prima e dopo i pasti, ecc.; bisogna pregare sempre con aspirazioni o giaculatorie. Perseverare nella preghiera e pregar bene. Non potendo pregare di più in comune, almeno pregate meglio durante tutta questa novena. Inoltre, tutto quello che fate, indirizzatelo allo scopo di ottenere la pienezza dello Spirito Santo.

Carità- Nel Cenacolo erano tutti uniti, tutti d'accordo: unanimiter. Lo Spirito Santo è Spirito di carità. In un cuore che non abbia carità non discende. Quindi, se qualcuno trova in sé qualche minuzia contro la carità, la distrugga. Via, in questi giorni, i piccoli dissapori e malumori; volerci tutti bene; saper vincere le ripugnanze per i difetti fisici o morali del prossimo, che il Signore permette anche nelle Comunità; essere disposti a dare la vita gli uni per gli altri. Insomma, una carità intera, universale; un sol cuore, un sol pensiero, una sola testa. Questo è importante, perché - lo ripeto - dove non c'è carità, lo Spirito Santo non entra.

Con la Madonna - Maria SS. molto aiutò gli Apostoli e ottenne loro l'abbondanza dello Spirito Santo. Ella aiuterà anche voi. Onoriamola con fare tanti fioretti, raccomandiamoci a Lei. È Lei che intercede per tutte le grazie, anche per questa. Quindi star molto uniti a Nostro Signore e far tutto con la Madonna... Spero che lo Spirito Santo discenderà su voi, sulla Casa, sulle Missioni. Dopo Pentecoste voglio trovarvi trasformati, come gli Apostoli.

FESTA DI PENTECOSTE - Questa solennità è detta la seconda Pasqua. La Chiesa, praticamente, nacque in questo giorno. S. Giovanni Crisostomo chiama la Pentecoste: il compimento di tutte le altre solennità. Già la celebravano, e con grande solennità, gli Ebrei, che in questo giorno offrivano le primizie dei frutti della terra.

S. Massimo scrive che la Pentecoste non è solo una commemorazione del fatto avvenuto, ma è la rinnovazione del fatto, sempre nuovo, della discesa dello Spirito Santo. Come allora, così anche oggi lo Spirito Santo discende, non importa se invisibilmente, sulla Chiesa e sui fedeli che vi sono preparati; altrimenti non sarebbero a proposito le invocazioni: Veni, Sancte Spiritus, ecc.

Notate ancora che lo Spirito Santo non discende solo con i suoi doni e con i suoi frutti, ma Lui in Persona: la terza Persona della SS. Trinità. Nostro Signore non disse: " Riceverete i doni dello Spirito Santo ", ma disse: " Ricevete lo Spirito Santo " (1033). Così infatti insegna S. Tommaso, dicendo: " Lo Spirito Santo non manda i suoi doni, ma viene Lui in Persona a portarli ".

Nulla quindi a stupire che la Chiesa dia tanta importanza a questa festa. Oltre a una solenne novena, che al dire del B. Giovanni d'Avila è una seconda Settimana Santa, prescrive un'ottava solennissima, durante la quale, lasciati tutti i Santi, ci fa dire Messa e Ufficio solo dello Spirito Santo, con le più ardenti suppliche, per farlo discendere nell'anima nostra; e con la recita ogni giorno della Sequenza.

Facciamo dunque nostro lo spirito della Chiesa e intanto consideriamo brevemente quali sono i nostri doveri verso lo Spirito Santo. Io li riduco a sei.

Conoscerlo - Nell'Epistola della festa si narra che avendo S. Paolo interrogato alcun i cristiani se avessero già ricevuto lo Spirito Santo, risposero che non sapevano neppure che esistesse. Erano da scusare, perché non ne avevano mai sentito parlare. Ai nostri giorni molti anche fra i cristiani non conoscono lo Spirito Santo o lo trascurano. Ma almeno i Religiosi, e più ancora i Missionari che lo dovranno far conoscere, conoscono essi praticamente lo Spirito Santo? E, conoscendolo, si comportano con Lui come dovrebbero?... Conoscerlo non vagamente, ma praticamente: che è la terza Persona della SS. Trinità, che procede dal Padre e dal Figlio per volontà d'amore; crederlo quindi vero Dio, unico col Padre e col Figlio; e che a Lui perciò si deve la stessa adorazione, unitamente alle altre due Persone Divine.

Allo Spirito Santo si attribuiscono le opere ad extra dell'amore, ed in particolare l'assistenza alla Chiesa e la santificazione delle anime. Nostro Signore fondò la Chiesa e poi la rimise alla cura dello Spirito Santo che l'assiste, la vivifica, la conserva contro tutte le potenze infernali. Il Papa è illuminato dallo Spirito Santo. La stessa propagazione della fede è l'effetto dell'azione dello Spirito Santo nelle anime. Quindi è allo Spirito Santo che va attribuito tutto il bene che si fa nelle Missioni.

Perché, dunque, tanta trascuratezza nel mondo, anche fra i Religiosi e i Missionari, riguardo allo Spirito Santo? Perché ricorriamo a Lui di rado o anche mai. Facciamo, sì, qualche cosa durante la novena, e poi basta. Certo a N. S. Gesù Cristo, che è morto per noi, dobbiamo intenso amore e profonda divozione, ma non per questo dobbiamo far torto allo Spirito Santo, che ci applica i meriti di N. S. Gesù Cristo.

Da lui vengono tutte le opere della grazia. La santificazione delle anime è opera sua. Gli Apostoli, dopo aver passato tre anni alla scuola di Nostro Signore, erano ancora sì difettosi che, alla vigilia della Passione, bisticciavano per sapere chi fra essi fosse il primo. " È necessario - diceva ad essi Gesù - che io me ne vada, perché la mia missione è compiuta; verrà lo Spirito Santo e farà il resto ". Venne infatti e quale cambiamento operò in essi!

Noi sappiamo tutto ciò in teoria, ma tale conoscenza la riduciamo noi alla pratica? Gli prestiamo, come al Padre e al Figlio, il tributo dei nostri doverosi ossequi? Questo bisogna fare: ossequiarlo e raccomandarsi a Lui, massime per ottenere la santità; tenerlo praticamente, e tutto l'anno, come nostro Santificatore; essere intimamente persuasi della necessità di questa divozione.

Amarlo - È una conseguenza della nostra vera e pratica conoscenza. Lo Spirito Santo è tutto amore; sugli Apostoli discese sotto il simbolo di fiamme. Egli è fuoco, come diciamo nel Veni Creator. Egli ci ama e, per l'amore che ci porta, desidera ardentemente di comunicare a noi Se stesso. Ora, amore esige amore; desiderio vuol corrispondenza di desiderio. Ed oh! come ben esprimono questi sospiri amorosi tutte le parole del predetto Inno e della Sequenza. Solo bisogna farle nostre, dirle con tutta l'anima: Veni, Pater pauperum!... Abbiamo un cuore duro, freddo. Diciamo allo Spirito Santo che ce lo rammollisca, che ce lo infiammi, sì da fare di noi altrettante nuove creature...

Bisogna amare, amare, perché Egli è tutto amore Si ricevono dallo Spirito Santo tutte le grazie, ma soprattutto l'amore. Non si fa torto al Padre a voler bene al Figlio, e così pure non si fa torto al Figlio a voler bene allo Spirito Santo. Questo amore è quello che infiammò di zelo gli Apostoli per la salvezza delle anime: ne abbiamo bisogno pur noi, ed è dallo Spirito Santo che dobbiamo ottenerlo.

Ascoltarlo - Ascoltare le sue ispirazioni. Quando diciamo a buone ispirazioni ", intendiamo quelle che ci possono venire dal Divin Padre o da Nostro Signore, o direttamente dallo Spirito Santo. Dobbiamo dunque seguirle con generosità e costanza. Il non ascoltarlo, il resistergli fa parte di quel gran peccato contro lo Spirito Santo, che porta all'impenitenza finale, alla disperazione della salute.

La tiepidezza continua di un Religioso è anche contro lo Spirito Santo. Quante anime in certi momenti di fervore ascoltano i suoi inviti; ma presto si stancano, e lasciano il bene e la propria santificazione a metà! Quindi in esse lo Spirito Santo non può operare le sue meraviglie: quelle meraviglie ch'Egli opera invece nelle anime che lo seguono con coraggio e generosità; delle quali fa altrettanti eroi di santità, come fece degli Apostoli, di S. Francesco Zaverio, ecc. In essi, e per mezzo di essi Egli rinnova la faccia della terra. Et renovabis faciem terrae!

Quando lo Spirito Santo viene in un'anima, porta via tutto per restare Lui solo. È difficile che chi vive sotto l'influsso dello Spirito Santo non si faccia santo. Quando un'anima riceve lo Spirito Santo con i suoi doni e con i suoi frutti, essa immancabilmente viene trasformata.

Non contristarlo - S. Paolo, scrivendo agli Efesini, dice loro: Non contristate lo Spirito Santo di Dio (1034). Come lo si contrista? Il peccato è l'unica cosa che contrista lo Spirito Santo. Sono i peccati veniali e la non corrispondenza alla grazia; cioè quando lo offendiamo e quando non facciamo tutto quello che dovremmo fare. Quei peccatucci, quei difetti, massime se abituali, fanno sì che lo Spirito Santo non possa star bene in noi. Bisogna essere generosi nel taglio dei nostri difetti.

Altre volte non si offende con peccati veniali deliberati, ma non si bada alle imperfezioni; e anche allora lo contristiamo, perché Egli vuole la nostra perfezione, vuol vedere in noi la pienezza della grazia. Quando Noè mandò fuori dall'arca la colomba, questa, non avendo trovato dove fermarsi, rientrò. Lo Spirito Santo è raffigurato nella colomba: dobbiamo evitare tutto ciò che sa di mondo, di profano, se vogliamo che si posi su di noi, che rimanga in noi, che sia contento di noi.

Alle volte non siamo capaci di sollevarci... Se ricevessimo bene lo Spirito Santo, saremmo tutti veri e santi Apostoli!... Dunque non contristare lo Spirito Santo col peccato veniale e con le mezze volontà. Dobbiamo metterci nelle sue mani, lasciarlo fare, seguirlo docilmente: che compia la nostra santificazione.

Non estinguerlo - S. Paolo dice: Non spegnete lo Spirito (1035). Lo Spirito Santo, come spiega S. Giovanni Crisostomo, è velut lucerna, la quale si estingue o per un colpo di vento o per mancanza di olio: si ventum, vel si parum olei infundas (1036). Che cosa significa il vento? Significa il mondo, lo spirito del mondo, l'amore alle cose terrene. Noi dobbiamo staccarci dal mondo, perché così vuole lo Spirito Santo. Lo spirito del mondo è l'opposto dello Spirito di Dio. Sta scritto che lo Spirito Santo è spirito di verità che il mondo non può ricevere (1037). Quindi, via i pensieri, i giudizi, i desideri del mondo, via anche lo spirito sensuale o anche solo troppo umano.

Gesù stesso disse agli Apostoli: Se io non vado, il Paraclito non verrà a voi (1038). Era necessario che gli Apostoli si staccassero anche da Lui. Ma non era buono l'affetto degli Apostoli alla Persona di Gesù? Sì, risponde S. Bernardo, ma era un affetto troppo sensibile, quindi imperfetto. Tanto più noi dobbiamo staccarci da certi affetti non cattivi ma troppo sensibili, come per taluni è l'affetto ai parenti.

Non lasciamo dunque che il vento, lo spirito del mondo, estingua lo Spirito Santo. E insieme procuriamo che non si spenga in noi per mancanza di olio. Che significa l'olio? Significa le opere buone, le virtù. Son queste che tengono vivo in noi lo Spirito. Mancanza d'olio è promettere sempre di essere umile, obbediente, e poi, nel momento in cui uno dovrebbe esplicare l'umiltà e l'obbedienza, saltar su con tutta la propria superbia. Le vergini stolte del Vangelo, che non avevano olio nelle loro lampade, non furono ammesse al festino dello Sposo (1039). Ciò serve per noi, che dobbiamo continuamente accrescere in noi la grazia, e corrispondere alla medesima. Sì, corrispondere alla grazia, affinché questa non ci venga tolta, e non si estingua in noi la carità, che è lo Spirito Santo.

Ravvivare in noi la grazia - S. Paolo scriveva a Timoteo: Ti rammento di ravvivare la grazia di Dio che è in te per l'imposizione delle mie mani (320). Che cosa vuol dire S. Paolo con queste parole? Timoteo, il discepolo prediletto di Paolo, era un santo, e certamente la grazia di Dio era in lui; però S. Paolo gli rammenta di tenerla viva, anzi di ravvivarla sempre più. Vedete: quando pare che il braciere debba spegnersi, lo si ravviva. Così noi dobbiamo ravvivare la grazia di Dio che è in noi, cioè l'accipe Spiritum Sanctum delle sacre Ordinazioni; darle una vita più intensa.

Alle volte i doni dello Spirito Santo sono assai poveri in noi, a motivo delle nostre meschine disposizioni. Non dico che ci manchi addirittura la grazia di Dio, ma non abbiamo vigore, viviamo una vita mediocre. Ed allora ecco: ravvivare in noi la vita della grazia, scuoterci, rimetterci in fervore. Lo Spirito Santo certo farà Lui, ma prima vuole che facciamo noi quello che possiamo... Tenete a mente queste cose. Oggi sarebbe un giorno ben trascorso, se faceste quello che vi ho detto e ve ne ricordaste per tutto l'anno.

I DONI DELLO SPIRITO SANTO - Oltre la grazia santificante, lo Spirito Santo dà ancora le grazie gratis datae, descritte da S. Paolo nella prima Lettera ai Corinti (1040). Queste non sono per tutte le anime. Voi non chiedete mai la grazia di fare miracoli; per far conversioni, sì, ma non per altro. Nei primordi della Chiesa alcuni ebbero di queste grazie straordinarie, s'invanirono e caddero.

Ci sono poi i doni dello Spirito Santo. Che cosa sono ?

E che differenza c'è tra virtù e doni? Le virtù sono facoltà soprannaturali che ci rendono capaci di compiere atti soprannaturali; i doni, invece, sono abiti permanenti, per i quali l'uomo è reso docile e pronto a seguire gli impulsi dello Spirito Santo.

I doni si distinguono dalle virtù in quanto il principio motore delle virtù sono le potenze dell'anima perfezionate soprannaturalmente, mentre quello dei doni e immediatamente lo Spirito Santo: le virtù danno la capacità di compiere le azioni ordinarie della vita virtuosa, i doni di compiere atti straordinari ed eroici.

Poiché i doni sono un regalo dello Spirito Santo, conviene pregarlo che ce li sviluppi, essendo la loro azione di grande importanza.

Passiamoli brevemente in rassegna.

Sapienza - Per questo dono, fissi nel fine per cui fummo creati, disprezziamo i beni di questo mondo, per solo apprezzare gli eterni. È, secondo S. Bernardo, il sapor boni (1O41), gustare cioè le cose spirituali. È vera sapienza quando si è attratti verso le cose spirituali, quando non si rimpiangono le cipolle d'Egitto per tendere solo alle cose del Cielo.

Intelletto - Certuni credono come se vedessero; è una luce che sgombra le tenebre e dà la pace nel credere. Intelletto vuol dire: intus legere (1042). Queste anime leggono dentro, penetrano, per così dire, i Misteri. Non è che l'anima li comprenda, ma di essi ha una luce più chiara. S. Felice Cappuccino, quando parlava di Dio, diceva cose altissime, tutte teologicamente esatte, senza aver mai aperto un libro.

Consiglio - Pel dono del consiglio dirigiamo noi egli altri alla virtù e alla santità; esso ci fa prevedere le tentazioni e ci suggerisce i mezzi per vincerle. S. Giuseppe Cafasso possedeva questo dono in grado eminente.

Fortezza - E quell'energia soprannaturale che ci fa vincere la pusillanimità e la debolezza nelle avversità e nei pericoli, rendendoci pronti al sacrificio e anche al martirio. Senza di questo dono i martiri non avrebbero potuto resistere. Esso è sommamente necessario ai missionari, massime a quelli più inclinati allo scoraggiamento.

Scienza - Per questo dono ci solleviamo dalla considerazione delle cose temporali a quelle eterne. S. Agostino diceva: " Ogni cosa creata mi è di scala a Dio " (1043). E S. Teresa: " Tutte le cose mi gridano di amare Te, o Signore! ". S. Maddalena de' Pazzi da un fiore, da un filo d'erba si sollevava al Creatore (1044).

Questo dono è anche necessario per lo studio e pel disimpegno del lavoro. Lo Spirito Santo è Spirito di scienza. Raccomandatevi a Lui nei vostri studi, specialmente in quello delle lingue indigene ed estere. Ciò che lo Spirito Santo ha fatto per gli Apostoli, lo farà anche per voi, purché mettiate da parte vostra buona volontà e impegno ad apprenderle.

Pietà - Pel dono della pietà si onora Dio come Padre e gli uomini come fratelli; si gusta di stare davanti a Dio, di trattare con Lui con filiale familiarità, come con un papà e una mamma; rende i nostri cuori docili ed arrendevoli. In particolare, questo dono ci fa gustare la pietà e godere di essa.

Timor di Dio - Per questo dono l'anima sta attenta a non offendere Dio. Non è un timore servile, ma filiale. Esso fa sì che non perdiamo la pace, né la confidenza per i difetti che commettiamo. Se uno cade, non si sgomenta, perché sa che Dio è Padre, e ritorna subito a Lui con maggior buona volontà. Anche il timore servile può essere utile, ma il timore filiale è più perfetto.

I FRUTTI DELLO SPIRITO SANTO - I frutti dello Spirito Santo, secondo S. Paolo, sono dodici: Frutto dello Spirito Santo è l'amore, la gioia, la pace, la pazienza, la benignità, la bontà, la longanimità, la mitezza, la fede, la moderazione, la continenza, la castità (1045). Perché si chiamano frutti ? Lo spiega S. Ambrogio: " Perché ristorano l'anima di sincero amore... e perché contengono una grande dolcezza e soavità " (1046). Ciò che i frutti naturali sono per il corpo, che si gustano e saziano, i frutti dello Spirito Santo lo sono per l'anima. Sono così belle queste cose!... Chi gode di questi frutti vive di Spirito Santo. Bisogna gustarli, e per gustarli è necessario essere divoti dello Spirito Santo. Leggeteli, meditateli; sono soavi al cuore, ci fanno passar sopra le miserie di questa vita e ci fanno amare i sacrifici.

TEMPLI DELLO SPIRITO SANTO - S. Paolo dice che noi siamo templi dello Spirito Santo. Che cosa si fa in un tempio? Nel tempio si cura la pulizia. Così noi: essere decenti esternamente e mondi internamente; delicatissimi di coscienza.

Nel tempio si fa silenzio. Così noi: silenzio esterno quando la Regola lo richiede, e silenzio interno: non divagare con la mente, ma pensare allo Spirito Santo che è in noi, desideroso di infonderci la sua grazia.

Nel tempio si prega. Così noi, se fossimo proprio persuasi di avere abitante in noi lo Spirito Santo, come volentieri gli parleremmo, e quanto attenti saremmo ad ascoltare le sue ispirazioni!

Nel tempio si celebra il Divin Sacrificio. Così dobbiamo fare dentro di noi: moltiplicare i piccoli sacrifici, che hanno tanto valore per la nostra santificazione.

Nel tempio si ascolta la parola di Dio. Così dobbiamo fare nella piccola chiesa del nostro cuore; ascoltare volentieri la voce dello Spirito Santo, che è la voce della grazia, e cercare di tradurla in pratica.

Nel tempio si celebrano le feste. E anche noi dobbiamo essere allegri in questa come in tutte le feste della Chiesa. Inoltre, procurare di ornare il nostro cuore con atti di virtù, allo stesso modo che si adornano con drappi i templi materiali...

Lo Spirito Santo si compiace di abitare nell'anima fervorosa; Egli ci lascia solo per il peccato mortale. Quando si commettono peccati veniali deliberati, non ci lascia no, ma resta mortificato. Meditiamo sovente questa grande e consolante verità: noi siamo templi dello Spirito Santo!

PENSIERI SULLA DIVOZIONE ALLO SPIRITO SANTO S.Filippo voleva che i suoi Religiosi fossero tutti figli dello Spirito Santo: io pure voglio che lo siate tutti voi. Egli vi darà le sue continue ispirazioni, i suoi doni, per cui diverrete dotti e santi.

Se non ci curiamo dello Spirito Santo. Egli passa con le sue ispirazioni. Perciò, per essere veri figli dello Spirito Santo, bisogna ascoltarlo, star sempre pronti alla sua voce, attenti alle sue ispirazioni.

Volete divenir santi, staccati da tutti e da tutto. Siate divoti dello Spirito Santo. Si comprende come delle piccole anime abbiano fatto tanto: perché erano ripiene di Spirito Santo. Ah, quando entra lo Spirito Santo in un'anima, basta! Egli consola e sana ogni ferita!

Alle volte siamo maligni, ecc.; questo perché non ricorriamo allo Spirito Santo. Egli dà tutti i doni, tutte le grazie di cui abbisogniamo. Se uno è divoto dello Spirito Santo, ottiene tutto.

Siamo deboli, pieni di difetti, ma se ci riconosciamo poveri non solo a parole ma in verità; se con convinzione di cuore ed efficacemente ci dichiariamo e ci dimostriamo figli dello Spirito Santo, Egli che è Pater pauperum, ci sarà largo dei suoi doni. Si pensa troppo poco allo Spirito Santo nel mondo, pensiamoci almeno noi!

Bisogna che continuiamo a invocare lo Spirito Santo per tutta l'Ottava; non lasciar passare questa settimana senza riempirci di Spirito Santo. Se non è ancor venuto, può essere che venga l'ultimo giorno dell'Ottava. In quel giorno, nella Messa, si leggono cinque Epistole e tanti Oremus; sembra che la Chiesa faccia violenza per farlo discendere.

Dovete anche pregare per gli Ordinandi, su cui lo Spirito Santo deve discendere; altri un giorno pregheranno per voi. Facciamo l'Ottava con questa intenzione.

La vostra divozione allo Spirito Santo non deve però terminare con quest'Ottava, deve durare tutto l'anno, perché tutto l'anno abbiamo il dovere di ossequiarlo e invocarlo. Nessuno ha fissato la data della venuta dello Spirito Santo in noi.

È una divozione che deve compenetrarvi, dev'essere di tutta la vita, di tutti i mesi, di tutti i giorni, di tutte le ore.

In Africa avrete ancor più bisogno dello Spirito Santo. Egli vi aiuterà e, se sarà necessario, farà dei miracoli. Perché S. Pietro convertì nella prima predica circa tre mila persone, e cinque mila nella seconda? Perché lo Spirito Santo dava forza alle sue parole e, nello stesso tempo, illuminava le anime che l'ascoltavano.

Questa divozione vi aiuterà anche in certi momenti di tristezza, di malinconia. Se in quei momenti invochiamo lo Spirito Santo, egli ci dà una spinta...Chi di voi non ha ancora provato questi momenti?... Ci sono temperamenti più inclinati alla malinconia, altri all'incostanza. Ma il carattere dobbiamo formarcelo noi e cambiarlo, da malinconico e incostante, in carattere sempre uguale. Lo Spirito Santo, con il dono della fortezza, ci aiuterà in questo lavoro su noi stessi.

Siamo intesi: lo Spirito Santo non lo abbandoneremo mai, ma lo terremo sempre dentro di noi. Saremo tutti figli dello Spirito Santo!

Il SS. Nome di Gesù

Cara festa è questa del SS. Nome di Gesù! Cara per tutti e specialmente per noi!... Come è dolce questo Nome! S. Paolo, nelle sue Lettere, lo pronunzia 242 volte! S. Agostino diceva che non trovava buona una lettura, dove non ci fosse il nome di Gesù (1047).

La Chiesa ci fa recitare un magnifico Ufficio, con le Lezioni di S. Bernardo, il quale spiega che il nome di Gesù è luce, perché illumina; è cibo, perché sazia l'anima; è medicina, perché ci guarisce dalle nostre miserie (1048).

Il nome di Gesù è anzitutto la nostra salvezza, significando esso " Salvatore ". Negli Atti degli Apostoli si legge: Non c'è sotto il cielo alcun altro nome dato agli uomini, dal quale possiamo aspettarci d'essere salvati (1049). S. Bernardo soleva ripetere: " O Gesù, siatemi Gesù! ", cioè Salvatore (1050).

Il nome di Gesù è potente per ottenere tutte le grazie in ordine alla nostra salute. Nel Vangelo Gesù ci dice: Ciò che domanderete al Padre in nome mio, ve lo darà (1051). Ond'è che la Chiesa chiude quasi tutte le sue preghiere col Per Dominum Nostrum Jesum Christum...

In terzo luogo questo Nome Santissimo è per la salute degli infedeli. Ciò appare dal detto sopra. Nel Salmo 85 leggiamo: Tutte le genti si prostreranno davanti a Te, Signore, e glorificheranno il tuo nome (1052). Fu questa la missione di S. Paolo, come di tutti gli Apostoli, e lo è di tutti i Missionari.

Se quindi ad ogni cristiano, e più ad ogni Religioso, dev'essere dolce questo Nome, quanto più deve esserlo per voi che, come Missionari, siete destinati a portarlo ai gentili e, sull'esempio di S. Paolo, per questo Nome tutto dovete patire. Io gli mostrerò quanto dovrà patire per il mio Nome (1053). Sì, sopportare qualunque cosa, purché il nome di Gesù sia conosciuto ed amato. Nella santa Messa e nell'Ufficio di questo giorno, si parla molto del Nome di Gesù portato alle genti.

Abbiamo grande affetto per questo Nome, facciamolo fin d'ora conoscere ed amare. Non sia mai che pronunciamo il Nome Cristo, senza accompagnarlo con quello di Gesù; perché, almeno in italiano, suonerebbe male. Anzi, quando è possibile e conveniente facciamolo precedere dalle parole: " Nostro Signore ".

Bisogna aver divozione al nome di Gesù e, sull'esempio di S. Bernardo e di S. Agostino, nominarlo sovente. Sarà forse l'ultimo nome che pronunzieremo in morte, e qual rincrescimento allora se dovessimo dire che non siamo assuefatti ad invocarlo!

Pronunziandolo sovente, specialmente con le giaculatorie indulgenziate: " Gesù mio, misericordia! " - " Sia lodato Gesù Cristo ", ecc. Procuriamo anche di accompagnare il nome di Gesù con l'inchino del capo; che se questo non è da farsi sempre fisicamente, facciamolo almeno con il cuore.

Finalmente bisogna riparare le offese fatte al Nome SS. di Gesù. Quante bestemmie si dicono, specialmente contro il nome di Cristo. Quando dunque udite qualche bestemmia, - o anche solo a pronunziare il nome di Gesù invano, dite le sopraddette giaculatorie, almeno col cuore, quando non si può far altro. Anzi, cerchiamo di prevenire le bestemmie. Così, quando si passa vicino a gente che alterca, o in altri casi in cui è probabile la profanazione di sì santo Nome, diciamo subito una giaculatoria. Chissà che il Signore non ci conceda la grazia d'impedire la bestemmia!

Preghiamo che questo Nome, insieme con il nome di Maria, sia l'ultimo che pronunzieremo in punto di morte. Diciamo sovente e facciamolo anche ripetere ai moribondi: O Jesu, esto mihi Jesus! ... Dunque, grande divozione a questo Nome. Sia esso la nostra consolazione!

Il SS. Cuore di Gesù

PER LA CONSACRAZIONE DELL'ISTITUTO AL CUORE DI GESÙ (7 novembre 1902) - Siamo qui radunati per consacrare il nostro Istituto al S. Cuore di Gesù; e con noi, in spirito, sono presenti i cari confratelli che già sono in Africa e quanti verranno all'ombra di questa Casa.

Consacrarsi al Cuore di Gesù! Sono parole di profondo significato. Consacrarsi vuol dire separarsi da un oggetto e dedicarsi ad un altro. Così si consacra un tempio, un calice, ecc. È vero che ogni cristiano, già consacrato al Signore nel santo Battesimo, deve rinnovare tale consacrazione pervenuto all'uso di ragione, ma quanto pochi lo fanno!...

La nostra consacrazione al Cuore di Gesù è quindi la rinnovazione e ratificazione di quella fatta nel santo Battesimo; è il riconoscimento dei sacrosanti, inviolabili diritti che ha il Signore sopra di noi; è il culto di onore e di giustizia che dobbiamo per mille titoli al nostro Creatore, nostro Redentore, nostro Sommo Bene.

Ma questa non è che consacrazione individuale. Che se più persone si unissero ai piedi dell'altare in questo scopo comune di consacrazione, quanto più grata sarebbe al Signore e più meritevole di bene tale consacrazione! Tanto più se fosse tutta una famiglia, un Istituto, un paese, una Diocesi, il mondo intero! La consacrazione del mondo al S. Cuore venne raccomandata dal Sommo Pontefice Pio IX, con suo Decreto del 22 aprile 1875, a tutti i Vescovi del mondo. E questi l'eseguirono consacrando le loro Diocesi a questo Divin Cuore, con formula speciale mandata da Roma. Noi l'abbiamo fatta questa consacrazione coi nostri Vescovi; ma il nostro piccolo Istituto non esisteva ancora e quindi, come tale, non vi concorse. È bene quindi che ancor noi, quali membri dell'Istituto della Consolata per le Missioni Estere, veniamo a consacrarci al S. Cuore di Gesù e compiamo l'atto doveroso, che tanto bene apporterà all'Istituto.

Il P. Roothan, Generale della Compagnia di Gesù, il 4 luglio 1848, vedendo la Compagnia, in quel tempo burrascoso, assai travagliata, perseguitata e dispersa, specialmente in Italia, indirizzava a tutti i Padri una Lettera in cui li esortava a ricorrere al S. Cuore di Gesù, ricordando loro le tante grazie che la Compagnia aveva da Esso ricevute in passato e prescrivendo speciali pratiche di culto verso il Divin Cuore. E concludeva: " Crescete nella grazia e nella cognizione del Signore e Salvator Nostro Gesù Cristo, a cui sia gloria ora e in eterno! ". Che la fiducia di questo santo Religioso sia stata premiata, si può rilevare dalla straordinaria moltiplicazione dei Religiosi e di opere buone in questa Compagnia.

Noi che siamo il granello di senapa che, a Dio piacendo, crescerà in albero; noi che abbiamo una meta sì ardua e tanto osteggiata dal diavolo, noi sì che abbiam bisogno di ricorrere al Divin Creatore e di consecrarci in corpo a Lui, con tutte le anime che Gesù, nella sua bontà, vorrà donarci per condurle al suo ovile di Buon Pastore ed estendere così il suo regno. Adveniat regnum tùum!

Da questa consacrazione - e dai doveri che con essa ci imponiamo di speciale

divozione al S. Cuore, con onorarlo in noi e farlo onorare ed amare da tante anime di infedeli - io aspetto ogni bene al nostro Istituto: la venuta di degni confratelli, la santità dei medesimi e l'ardore di apostoli per le Missioni. Santa Maria Margherita Alacoque scriveva che questa divozione è come un albero ricco di copiosissimi frutti. Una cosa particolare per noi è che questa divozione cominciò fra le Novizie; proprio come adesso tra voi, che siete come i Novizi dell'Istituto.

Raccogliamoci dunque con tutto l'ardore ai piedi di questo Divin Cuore, e più col cuore che con le labbra ripetiamo ogni parola che vi leggerò. Al S. Cuore di Gesù, aperto dalla lancia, coronato di spine, sormontato dalla croce, si deve ogni onore, adorazione ed amore, come a Cuore Divino, perché unito alla Divina Persona di Gesù. Al medesimo, come simbolo del Divino Amore, consacriamoci con tutta l'anima!

SULLA DIVOZIONE AL S. CUORE - Desidero che comprendiate bene in che consiste la divozione al Cuore di Gesù. Essa non consiste in qualche cosa d'invisibile, no; ha invece per oggetto il Cuore vivo, fisico di Nostro Signore. Si fa un po' di confusione al riguardo. Questa divozione ha per scopo di adorare, ringraziare il Cuore Divino e reale di Gesù. Tutto ciò che appartiene a Nostro Signore è Divino, perché appartiene alla sua Divina Persona. Come quando ci proponiamo di onorare il Sangue preziosissimo di Gesù, s'intende il suo vero Sangue, così è del suo Cuore. Quando veneriamo le sacratissime Piaghe di Gesù, non veneriamo già un simbolo, ma le vere Piaghe. Così il culto del Cuore di Gesù è diretto proprio al suo Cuore, vivo e reale.

Perché la Chiesa preferisce onorare il Cuore? Perché, per comune e popolare opinione, esso è come la sede degli affetti. Tutto parte dalla volontà e dal cuore. Se questo si ferma, cessa la vita. Questa è l'intenzione della Chiesa nell'approvare la divozione al Cuore di Gesù; e ciò contro i Giansenisti e contro il Sinodo di Pistoia, i quali affermavano non doversi onorare il Cuore fisico, ma solo quello simbolico e metaforico, cioè raffigurante l'amore di N. S. Gesù Cristo.

Questa divozione non è nuova; è anzi antica quanto la venuta del Divin Figlio sulla terra. È infatti quello stesso Cuore che soffrì tanto durante la sua vita quaggiù, specialmente nella Passione; quel Cuor e che nel Getsemani sopportò il dolore cagionatogli dalla vista di tutti i peccati degli uomini; quel Cuore che sulla Croce fu trafitto, onde a noi si aprissero i suoi misteri d'amore.

Com'erano attratti dall'amabilità del Cuore di Gesù i viventi di allora in Palestina, così attraverso i secoli tutti i Santi attinsero a questa fonte di luce e conforto. Tutti i Santi ne furono divoti: S. Agostino, S. Bernardo, S. Geltrude, ecc. In seguito, nel secolo XVII, questa divozione prese maggiore sviluppo, essendo promotrice S. Maria Margherita Alacoque con le sue rivelazioni. Osteggiata in un primo tempo da molti, finalmente trionfò e la S. Chiesa l'approvò, ne stabilì la festa, e favorì molti atti di questa divozione.

È divina economia che, frigescente mundo, Iddio susciti Santi e specialmente devozioni per ravvivare la fede e l'amore a Nostro Signore. Quando sorgono le eresie, Iddio suscita devozioni contrarie alle medesime. Così quando sorsero i protestanti, si ebbe un risveglio di devozione verso la SS. Eucarestia.

Vennero poi i Giansenisti, peggiori, sotto alcuni aspetti, dei protestanti. Facevano di Nostro Signore, non più un Padre, ma solo più un Giudice severo; richiedevano per far la Comunione condizioni tali, che poche anime avrebbero potuto accostarsi ad essa; per dar l'assoluzione, facevano ritornare il penitente due o tre volte. Fu allora che sorse la devozione al Cuore di Gesù, il cui fine è appunto di farci sempre più conoscere l'amore di Gesù per noi, la sua bontà, la sua misericordia: " Ecco quel Cuore che ha amato tanto gli uomini! "; e così eccitare il nostro amore verso di Lui.

L'amore vuole amore. L'amore ardente di Nostro Signore verso di noi, richiede corrispondenza d'amore da parte nostra: amarlo, riparare le offese a Lui fatte, procurare d'imitarne le virtù, specialmente la mansuetudine e l'umiltà. Imparate da me che sono mansueto e umile di cuore! (440).

PER LA FESTA DEL CUORE DI GESÙ - Vi preparate per la festa del S. Cuore di Gesù. Fate bene la novena, proprio come avrebbe voluto S. Maria Margherita Alacoque.

Nel giorno della festa, farete un'ora di adorazione al S. Cuore. Mi direte: " Come! facciamo l'adorazione al S. Cuore davanti al SS. Sacramento? ". Sì, perché l'onore che noi diamo all'immagine del S. Cuore è diretta al suo Cuore vivo e reale, che fa parte della sua Divina Persona che è viva e reale nella SS. Eucaristia. Quindi vedete che dobbiamo al Cuore di Gesù lo stesso onore che alla SS. Eucaristia. Le due divozioni, benché abbiano un oggetto distinto, si aiutano, si spiegano e s'integrano a vicenda. La divozione al Cuore di Gesù vi fa comprendere l'amore immenso di Nostro Signore che si è dato a noi nella SS. Eucaristia; l'Eucaristia a sua volta ci fa comprendere e ci dona il Cuore di Gesù.

Anche Nostro Signore volle unire queste due divozioni. Tre apparizioni ebbe S. Margherita Maria Alacoque e tutte tre davanti al SS. Sacramento. La prima, la più solenne, ebbe luogo il 27 dicembre 1673, mentre la Santa era in adorazione davanti al SS. Sacramento Gesù le disse: " Il mio Cuore è appassionato d'amore per gli uomini! ". Poi continuò, lagnandosi dell'incorrispondenza d'amore da parte loro.

La seconda apparizione avvenne l'anno seguente, pure davanti al SS. Sacramento, fra l'ottava del Corpus Domini. Il Signore le parlò nuovamente dell'ingratitudine degli uomini; le disse che Lui aveva fatto tanto e sarebbe stato disposto a fare ancora di più per essi, mentr'essi non si curavano di Lui.

La terza apparizione ebbe luogo nel 1675, fra l'ottava del Corpus Domini, e fu la più intima. Nostro Signore le mostrò il suo Cuore, ripetendole che amava tanto gli uomini; poi le chiese che si istituisse la festa in onore del suo Cuore, da celebrarsi nel venerdì dopo l'ottava del Corpus Domini. La Santa gli fece presente la sua incapacità, ma Egli rispose che l'avrebbe aiutata.

Anche l'istituzione di questa festa ebbe molte opposizioni da parte dei Giansenisti, ma poi i Sommi Pontefici l'approvarono. Essa è dunque come una derivazione, un compimento della festa del Corpus Domini. Nel Breviario la Chiesa ci dice che questa festa venne stabilita per ricordarci la carità di Gesù per noi nella sua Passione, di cui l'Eucarestia è il perenne memoriale. Ecco perché queste due feste, benché distinte, sono tuttavia intimamente unite.

Farete dunque un'ora di adorazione al Cuore di Gesù e la farete davanti al SS. Sacramento, meditando l'amore infinito del Cuore Divino per ciascuno di noi.

Ciò non toglie che si possa e si debba onorare anche l'immagine del Cuore di Gesù, secondo le richieste fatte da Gesù stesso alla predetta Santa con le relative promesse. Santa M. Margherita, come leggesi nella Vita, dipinse di sua mano la prima immagine del Cuore di Gesù che poi intronizzò nella piccola cappella del Noviziato, per la prima festa in onore del S. Cuore. Così voi, quando andate in cappella, date prima uno sguardo al Tabernacolo, poi anche uno sguardo all'immagine del Cuore di Gesù, che ci fa meglio comprendere il dono dell'Eucarestia.

Intanto cercate di corrispondere al desiderio del S. Cuore: amarlo, invocarlo sovente. " Dolce Cuore di Gesù, fa ch'io t'ami sempre più! " - " Gesù mite ed umile di Cuore, rendete il mio cuore simile al vostro! ". A Nostro Signore piace tanto questa divozione, e ai divoti del suo Cuore ha promesso grandi favori, fra cui quello di poter convertire i cuori più induriti. Nel nostro Istituto ci deve essere questa divozione. Esso è consacrato al Cuore di Gesù, e ogni primo venerdì del mese rinnoviamo la consacrazione. Questa divozione, pertanto, non deve terminare con la festa, ma continuare sempre.

L 'ORA DI GUARDIA - Ho pensato quale pratica suggerirvi in comune, che non fosse difficile a praticarsi e fosse nello stesso tempo proficua; e mi è parso che la migliore sia la pratica della Guardia d'onore al S. Cuore di Gesù. Consiste nello scegliersi un'ora al giorno, in cui si tiene compagnia a Nostro Signore nel Tabernacolo, facendogli atti di adorazione, di ammenda, ecc. e si offre il suo Sangue preziosissimo all'Eterno Padre per i poveri peccatori. Non c'è bisogno di andare in chiesa, né d'interrompere i lavori, né di pregare tutto il tempo. Basta in quell'ora fare tutto col fine di tener compagnia a Gesù. Oh, sì; dal Cuore di Gesù dobbiamo aspettarci tante grazie, specialmente quella di essere fervorosi e generosi.

L'Angelo Custode

Intendo trattenervi sugli Angeli Custodi, per sempre più eccitare in voi questa santa divozione. Premetterò ciò che i Teologi insegnano sugli Angeli Custodi.

1 - È verità di fede l'esistenza degli Angeli Custodi, cioè che ci sono Angeli deputati da Dio alla custodia degli uomini. Ciò si prova: a) Dalla S. Scrittura. Leggiamo nel Salmo 90: Agli Angeli suoi ha dato ordini per te, che ti custodiscano in tutte le tue vie (1054). S. Paolo scrive: Non sono (gli Angeli) tutti spiriti al servizio (di Dio) inviati in ministero, presso coloro che devono ricevere l'eredità della salvezza? (1055). N. S. Gesù Cristo dice nel Vangelo, dopo aver ammonito di non scandalizzare i pargoli: I loro Angeli, nei cieli, vedono continuamente la faccia del Padre mio, che è nei cieli (1056). Sono sempre alla presenza di Dio, mentre compiono verso di noi la parte di custodi - b) Dai fatti della S. Scrittura: nella storia di Lot, di Tobia, di Daniele fra i leoni, dei tre fanciulli nella fornace, di S. Pietro in carcere, ecc. (1057) - c) Dai S. Padri: S. Girolamo scrive: " Oh, quanto è grande la dignità dell'anima umana, mentre ogni uomo ha, fin dalla nascita, il suo angelo! " (1058). - d) Dalla festa istituita dalla Chiesa in loro onore.

2 - È sentenza cattolica certa che Iddio deputi un Angelo a custodia di ogni singolo uomo, almeno dei cristiani. Difatti Nostro Signore, nel passo citato, dice: I loro Angeli (1059). E di S. Pietro liberato dal carcere alcuni, non potendo credere al miracolo, dicevano: È il suo Angelo! ( 1060).

3 - È comune sentenza dei Teologi più recenti, che anche gl'infedeli abbiano un Angelo Custode (1061). Ciò si deduce: a) Dai Santi Padri i quali, quando parlano dell'Angelo Custode, non distinguono fra fedeli e infedeli. Così S. Girolamo nel testo citato - b) Dalla provvidenza e bontà di Dio, che ha cura di tutti gli uomini e tutti li vuol salvi; ed è questo uno dei mezzi ordinari per dirigere gli uomini alla salute eterna. Iddio vuol bene anche agli infedeli e anche a loro dona questo aiuto. Del resto anche fra i pagani ci fu sempre una certa idea di spiriti tutelari: sia che l'avessero per naturale inclinazione o per tradizione.

4 - È sentenza molto probabile dei Teologi che anche ai singoli regni, province, città, diocesi, chiese, come pure alle singole Istituzioni, Comunità, pie Associazioni, ecc. sia dato a custodia un Angelo (1062). Presso Daniele leggiamo di un Angelo che era princeps Persarum (1063).

Ai sopraddetti punti possiamo aggiungere qualche nota.

1 - Dicono i Teologi che i singoli Angeli Custodi degli uomini sono assunti dall'infimo Ordine, mentre quelli dei regni, ecc. sono degli Ordini Superiori (Arcangeli, Troni ecc.) (1064). Per noi certamente c'è un Angelo appartenente agli Ordini più alti, perché non ha da custodire una casa qualunque, ma una Casa di santi Missionari, Sacerdoti e Religiosi. Anzi neppure mi accontento di uno; ne abbiamo due: uno per l'amore di Dio e la santità, che è un Serafino; un altro per la scienza, che è un Cherubino...

S. Francesco di Sales, prima di recarsi nel Chiablese, si raccomandava all'Angelo di quella regione; la stessa cosa faceva quando predicava: diceva forte un'Ave Maria, poi piano un Angele Dei, sia per il Chiablese sia per i singoli individui che l'ascoltavano, perché ne facessero profitto (1065).

2 - Secondo i Teologi, la custodia incomincia dalla nascita (1066) e dura sino alla morte per quelli che vanno subito in Paradiso e pei dannati; probabilmente essa continua per le anime del Purgatorio, dove l'Angelo va a confortarle, ad averne cura, fino al giorno in cui porterà loro la lieta notizia della liberazione.

3 - Gli Angeli non abbandonano totalmente i peccatori.

I NOSTRI DOVERI - Quali sono gli uffici dell'Angelo Custode verso di noi ? Essi offrono a Dio le nostre preghiere e buone opere; eccitano l'intelletto e la volontà al bene; ci liberano dai pericoli materiali e più da quelli spirituali.

Non poteva Dio dirigerci direttamente? Certo di sì, ma nella sua ineffabile Provvidenza ha voluto in tante cose servirsi degli Angeli. Il Signore, mentre potrebbe far tutto direttamente, stima meglio servirsi delle cause seconde. Così volle darci questa potente guida, affinché ci assistesse. Ringraziamo dunque Iddio di averci dato l'Angelo Custode, che si prende tanta cura di noi. Lasciamoci guidare da Lui. Egli ci precede, ci accompagna e non ci lascia finché non ci abbia condotti alla beata patria. S. Francesca Romana, un giorno che faceva le cose un po' tiepidamente, sentì darsi uno schiaffo dall'Angelo Custode, e si rimise in fervore.

Riguardo ai nostri doveri verso l'Angelo Custode S. Bernardo li riduce a tre: Reverentia pro presentia. Riverenza, ossia rispetto per la sua continua presenza. Non è necessario che lo vediamo, basta sapere che c'è. Bisogna che ci fissiamo bene su questa realtà, la presenza del nostro Angelo Custode; e allora come ardiremo fare alla sua presenza ciò che non oseremmo fare davanti a un grande personaggio?

Devotio pro benevolentia: divozione per la benevolenza che l'Angelo Custode ci dimostra col farci del bene, tutto il bene possibile.

Fiducia pro custodia: fiducia nella custodia ch'egli ha di noi; quindi invocarlo nei bisogni, ascoltare le sue ispirazioni(1067).

È una fortuna che l'Angelo Custode sia uno spirito; così possiamo stabilire delle mirabili comunicazioni che si renderebbero impossibili, se gli Angeli Custodi avessero il corpo. Perché non ricorrere a Lui, che cerca sempre direttamente o indirettamente il nostro bene? Ci vuole fede viva!

Non vi raccomanderò mai abbastanza questa divozione. Praticarla prima verso il nostro Angelo Custode, poi verso tutti gli Angeli Custodi. È tanto bene dire di tanto in tanto un Angele Dei per gli Angeli Custodi più dimenticati, come si fa per le anime del Purgatorio. Anch'essi s'interessano della nostra salute. Vi sono dei cristiani che non pensano mai all'Angelo Custode. Una volta raccomandavo a un ammalato grave di ricorrere all'Angelo Custode. Mi rispose: " Come posso farlo, se l'ho sempre dimenticato? " - " Eh, lo faccia ugualmente! ". Certo, in quel momento, il poveretto sarebbe stato più contento di poter dire di essere sempre stato divoto dell'Angelo Custode.

L'ANGELO CUSTODE E I MISSIONARI - Oltre i motivi che hanno tutti i cristiani, e più gli Ecclesiastici e i Religiosi, di onorare gli Angeli Custodi, noi Missionari ne abbiamo di particolari. La nostra divozione dev'essere molto più viva e radicata nel cuore; e ciò per gli speciali rapporti di ufficio che passano fra gli Angeli e i Missionari.

Il primo ufficio degli Angeli è di lodare il Signore per se stessi, come creature sue, poi di lodarlo per quanti sono affidati alla loro protezione, ma vivono dimentichi di questo dovere. Tale è pure l'ufficio dei Missionari, i quali devono formarsi una vita d'unione con Dio e continuamente lodarlo per se stessi e per gli altri. In Missione soprattutto dovrete pensare a questo dovere: lodare il Signore per quanti dipendono da voi, specialmente per quelle anime che non conoscono ancora il Signore.

Il secondo ufficio degli Angeli è di salvare anime: essi sono ministri di salute. E questo pure è il fine speciale della vostra vocazione. La diversità sta in questo: che il vostro compito è più sensibile, più visibile.

Da questa comunanza di uffici, voi ottenete una certa affinità con essi; siete ad essi più vicini, ed essi nutrono per voi un particolare affetto, sono più interessati ad aiutarvi. Quindi dovete avere una grande confidenza in essi. Essi devono essere nella vostra mente, sul vostro labbro, nel vostro cuore. La divozione agli Angeli Custodi sarà un gran mezzo per giungere alla conversione degli infedeli. Quando v'incontrerete in uno che stenta a capire, o è restio a convertirsi, raccomandatelo a Dio, alla Madonna e all'Angelo Custode.

Una maestra a cui avevo suggerito questa praticami diceva: " Quando vedo gli alunni distratti, li raccomando all'Angelo Custode e si mettono a posto ". La stessa cosa mi diceva una madre di famiglia: " Quando mio figlio non vuole più ascoltare ragioni, mi raccomando all'Angelo Custode e ottengo ". Fortunati voi se non lascerete passare molte ore del giorno senza pensare e raccomandarvi a lui! Fin d'ora ditegli che faccia le vostre veci e salvi anime per voi, mentre non potete ancora applicarvi direttamente all'apostolato.

È ancora nostro particolare dovere il procurare di imitare le virtù del nostro Angelo Custode, specialmente le virtù pastorali: zelo indefesso, pazienza eroica, mansuetudine. Oh, quanto bene farete, se vivrete in questa unione di mente e di cuore con il vostro Angelo!

La divozione all'Angelo Custode dev'essere dunque una caratteristica del Missionario. Nelle nostre Missioni tutte le Stazioni si dedicano alla SS. Vergine. Abbiam fatto eccezione solo pel S. Cuore, S. Giuseppe, per qualche Santo particolare Patrono delle Missioni e per gli Angeli Custodi. Perché? Perché l'Istituto deve avere per gli Angeli Custodi una speciale divozione e aspettarsi protezione. Sì, voglio che sia una caratteristica nostra la divozione agli Angeli Custodi!

Anche nella formula della professione religiosa, così solenne, s'invoca l'assistenza del proprio Angelo Custode. E con ragione, perché Egli farà con l'Istituto e con i singoli membri ciò che Iddio promise agli Ebrei che viaggiavano verso la Terra Promessa: ci precede, ci mostra la via e non ci lascia più, fino a che avremo raggiunta la meta. Quindi facciamo bene a mettere la nostra professione religiosa anche sotto la protezione degli Angeli Custodi.

Bisogna che questa devozione sia profondamente radicata in noi, e non solo pregare l'Angelo Custode mattina e sera, il giorno della festa, nel mese di ottobre - ma esserne sempre divoti. S. Francesca Romana aveva la consolazione di vederlo; noi non abbiamo bisogno di questo; ci basta la fede. Diciamogli che rinunziamo volentieri a questa consolazione di vederlo, ma che ci muova, ci scuota con le sue ispirazioni.

Dunque, se uno non ha questa divozione, l'acquisti; e chi l'ha, la ravvivi. Proponete tutti di avere una vera e costante divozione all'Angelo Custode. Diciamo bene e di cuore l'Angele Dei. Facciamo sì ch'Egli sia contento di noi e possa adempiere con piacere il suo ufficio, e poi presentarci al tribunale di Dio, contento della missione ricevuta.

S. Giuseppe

ONORARE S. GIUSEPPE - S. Giuseppe vien certamente subito dopo Maria SS.; quindi è il primo da onorare dopo di Lei. Il Suarez, con Gersone, Insolano ed altri, affermano che S. Giuseppe fu santificato prima della nascita(1068). Infatti, se così fu di S.Giovanni Battista per il suo ufficio di Precursore di Nostro Signore, quanto più deve esserlo di S. Giuseppe, il quale, come diciamo in una delle preghiere in preparazione della Messa, doveva non solum videre et audire, sed portare, deosculari, vestire et custodire il Divin Redentore.

S. Giuseppe fu inoltre confermato in grazia. La sua puerizia passò nell'esercizio d'ogni virtù. Giovinetto, al dire di S. Bernardo, formava sua delizia la preghiera ed egli ascendeva grado grado alla più alta contemplazione (1069). Se così fu prima di unirsi in sposalizio con Maria SS., quanto più dopo, convivendo con Gesù e con Maria!

Al dire di S. Francesco di Sales (1070), di S. Bernardino da Siena (1071) e di altri, S. Giuseppe sarebbe in Paradiso anima e corpo.

Il Vangelo lo chiama: Vir iustus (1072). Fu il più grande giusto dopo Nostro Signore e la Madonna. Fu giusto nell'osservanza della Legge e dei Comandamenti; giusto nelle parole, nei giudizi, nelle opere. Chiediamogli questa giustizia che vuol dire santità.

Siamo divoti di sì gran Santo. Per quanto lo onoriamo, non lo onoreremo mai come lo onorò Nostro Signore, restandogli soggetto per tanti anni. Consacriamo a lui un giorno particolare della settimana, il mercoledì; e, come si fa per la Madonna alla quale è dedicato tutto il mese di maggio, così dedichiamo tutto un mese a S. Giuseppe. Lo spirito della Chiesa è che gli si dedichi il mese che precede la festa. Perciò, in cappella, canterete il Te Joseph; procurate di capirlo bene, per poter cantare con maggior divozione. Reciterete anche la solita preghiera: " A Te, o Beato Giuseppe ". In comune si fa poco, ma in privato, durante tutto il mese, dovrete pregar molto S. Giuseppe. Vi sono tante giaculatorie indulgenziate, che troverete nei libri di divozione; ma chi ama S. Giuseppe, non ha bisogno di andarle a cercare, se le fa lui.

S. Giuseppe è nostro speciale Protettore. Dopo la SS. Consolata c'è Lui. Le Comunità divote di S. Giuseppe riescono bene, perché non v'è altro Santo che le possa aiutare come Lui. Facciamo bene il mese, la novena, la festa, moltiplicando i nostri atti di virtù, i nostri piccoli sacrifici.

CONFIDARE IN S. GIUSEPPE - S. Giuseppe, dopo Maria SS., è il primo a cui dobbiamo ricorrere nei nostri bisogni spirituali e temporali. Altri Santi sono protettori per questo o per quello scopo, ma S. Giuseppe ha la chiave dei tesori di Gesù e di Maria; è patrono per tutte le grazie. Ciò che non ha in potenza, ha in desiderio, e Gesù e Maria si compiacciono di esaudirlo, come già facevano in terra.

S. Teresa lasciò scritto: " Non ricordo di aver pregato S. Giuseppe per alcuna grazia, che non l'abbia ottenuta. Chi non crede ne faccia la prova " (1073). Questa Santa dedicò dodici Monasteri a S. Giuseppe e dappertutto metteva l'effigie di Lui. Quando poi morì e venne beatificata, si pensò di togliere ad un Monastero il nome del glorioso Patriarca, per sostituirlo con quello della Santa. Ma ella, comparendo ad una Suora, le impose di adoprarsi per far rimettere il nome di S. Giuseppe. Vedete? Anche dal Paradiso si dimostra divota di questo Santo! S. Teresa ha contribuito moltissimo, col suo esempio e coi suoi scritti, a divulgare la divozione a S. Giuseppe. Anche Don Bosco soleva dire: " Non avviene mai che io chieda una grazia a S. Giuseppe, che non l'ottenga! ".

Una leggenda popolare dice: " In Paradiso si vedevano certi ceffi, tutt'altro che di Santi! Un giorno S. Pietro andò dal Signore e gli disse: " C'è tanta gente qui, a cui io non ho aperto la porta; non so come abbia fatto ad entrare". E il Signore a rispondergli: " Che vuoi! mia Madre ha diritto di fare e il mio Padre putativo pure; posso impedir loro di tirarli su per le mura? ". È una leggenda, ma esprime bene il comune sentimento cristiano: che la Madonna e S. Giuseppe ottengono qualunque grazia, anche straordinaria. Quindi chi ha bisogno di spirito religioso, apostolico, Si raccomandi a S. Giuseppe.

Patrono per tutte le grazie, S. Giuseppe lo è in particolare per la salute corporale; lui che salvò la vita al Bambino e alla Madonna e li mantenne col suo lavoro. Lo è pure per l'ingegno, avendo voluto Gesù essere ammaestrato da lui e dalla Madonna.

Mi ricordo che Don Bosco, quando ero giovanetto, mi diceva: " Per ottenere salute e ingegno ricorri a S. Giuseppe ". Egli è validissimo intercessore presso Dio; quindi quando sarete in Missione, rivolgetevi a lui per tutti i vostri bisogni, anche temporali. Le Suore di S. Giuseppe una volta avevano bisogno di un cavallo. Esposero la statua di S. Giuseppe con in mano un cartellino, e il giorno dopo avevano già il cavallo. Si potrebbe pure dire di S. Giuseppe, ciò che diciamo della Madonna: che è onnipotente per volontà di Dio. Siamogli quindi molto divoti: chiediamogli prima le grazie spirituali ed Egli, tanto buono, ci otterrà anche le altre. Preghiamolo per noi, per la Comunità, per le Missioni, per tutta la Chiesa.

IMITARE S. GIUSEPPE - Per onorare un Santo non basta pregarlo, bisogna imitarlo, imitare le sue virtù. Dopo la Madonna, S. Giuseppe ebbe tutte le virtù in grado sommo e conserva il deposito di tutte le virtù Fu per questo il più idoneo all'ufficio altissimo di custode di Gesù e di Maria. Quindi tutte le virtù sono nelle sue mani, come nelle mani della Madonna son tutte le grazie.

Ve lo propongo in particolare come modello di vita interiore. La sua vita fu infatti tutta interiore ed è perciò protettore particolare delle anime Religiose. Come tale, S. Francesco di Sales lo propose alle Visitandine (1074) mentre nella Filotea lo propone come maestro di vita interiore a tutte le anime pie(1075). Chi non sa pregare, chi non sa meditare, chi non sa raccogliersi, si raccomandi a lui. In Missione avrete da fare una vita piuttosto varia e dissipante di sua natura; bisogna perciò unirla a S. Giuseppe che, in mezzo a tutte le sue opere esterne, rimase sempre unito a Gesù e a Maria.

Imitiamolo nell'umiltà, ché di superbia ne abbiamo tutti, specialmente quelli che credono di non averne. S. Giuseppe fu umile. Discendente di stirpe regia, visse povero nel mestiere di falegname, guadagnandosi il pane col sudore della fronte. Osservate, inoltre, come nel Vangelo non si trovi neppure una parola detta da S. Giuseppe.

Imitiamolo nella vita nascosta e laboriosa. Non si legge che in vita abbia fatto miracoli. Quando non c'era pane, credete che venisse ogni volta un Angelo a portarlo? No, lavorava, e col provento del suo lavoro, si manteneva. Il Signore lo condusse per la via comune del lavoro, del nascondimento, del sacrificio. Egli però lavorava con spirito.

S. Giuseppe metteva tutta la sua cura nella custodia di Nostro Signore e della Madonna, e noi dobbiamo avere la stessa cura dell'onore di Dio. L'abbiamo questo interessamento, questo affetto, questa cura singolare di Gesù Sacramentato, mentre tutta la nostra vita si svolge attorno a Gesù Eucaristico?

S. Giuseppe cercava in tutti i modi di rendere contenti Gesù e Maria, e noi dovremmo sempre far tutto per il solo scopo di piacere a loro. Tutto per la gloria di Dio.

Chiediamo ancora a S. Giuseppe la vera divozione alla Madonna e l'amore alla castità. Certo doveva essere castissimo, se il Divin Padre gli affidò la custodia di Gesù e di Maria! Chi è divoto di S. Giuseppe, conserverà certamente illibata questa preziosa virtù. Si legge di un Padre della Compagnia di Gesù che, un giorno, incontrò un povero uomo di campagna, rozzo sì, ma molto avanti nelle cose spirituali, e l'interrogò dove avesse attinto tanta scienza di Dio. Gli rispose: " Non ho avuto alcun maestro all'infuori di S. Giuseppe, che invoco e che mi ispira ".

PATROCINIO DI S. GIUSEPPE - S. Giuseppe non si onora mai abbastanza. Come sono tante le feste ad onore di Maria SS., e sempre vanno aumentando in numero e solennità, così avviene di S. Giuseppe.

Ricordo ancora quando, 1'8 dicembre 1870, il Sommo Pontefice Pio IX proclamò S. Giuseppe Patrono universale della Chiesa. Al Concilio Vaticano erano state presentate suppliche a questo scopo da tutto il mondo e il Papa le esaudì il giorno dell'Immacolata di quell'anno.

S. Giuseppe è Patrono di tutti i ceti e di tutte le condizioni di persone, specialmente degli operai e delle Comunità che ne portano il nome o gli prestano qualche speciale omaggio di divozione. Quante Comunità sono sotto il nome e il patrocinio di S. Giuseppe! Certo che queste sono da lui preferite, ed esse se ne gloriano e non cambierebbero mai un sì bel nome! Se noi non abbiamo questo bel nome per primo, abbiamolo almeno in secondo luogo.

Come Patrono della Chiesa, S. Giuseppe è pure Patrono delle Missioni, che fanno parte della Chiesa. In particolare egli è protettore delle Missioni della Cina, essendo stato eletto come tale nel 1878, con approvazione del Papa Innocenzo XI. Egli è anche protettore dell'Africa, perché fu in Egitto. Quindi è anche nostro Protettore speciale. Egli fu in quei paesi e deve aiutarci.

S. Giuseppe estende il suo Patrocinio su tutti i bisogni e tribolazioni di quanti ricorrono a lui, come la Chiesa ci fa dire nella S. Messa: De quacumque tribulatione... libera nos semper. Preghiamolo a voler continuarci la sua protezione. Diciamogli di cuore: Fac nos innocuam, Joseph, decurrere vitam, sitque tuo semper tuta patrocinio! S. Giuseppe è Patrono e sarà sempre Patrono dell'Istituto!

Le Anime del Purgatorio

IL PURGATORIO - La Chiesa è triplice: militante, purgante e trionfante. Sono come tre rami della stessa pianta, tre schiere dello stesso esercito, tre province dello stesso regno. Con la morte non si rompe questa unione, eccetto che con l'inferno. La Comunione dei Santi è dogma di fede. S. Paolo scrive: Molti siamo un corpo solo in Cristo e, per i rapporti reciproci, siamo membri gli uni degli altri (1076).

È di fede che esiste il Purgatorio e che le anime ivi trattenute possono essere aiutate dai suffragi dei fedeli. Così dichiara il Concilio di Trento il quale, inoltre, comanda ai Vescovi che questa dottrina sana, trasmessa dai S. Padri e dai Concili sia creduta, tenuta, insegnata e studiata diligentemente. Soggiunge di non predicare su cose difficili, incerte e curiose, che possono dare scandalo (1077).

Leggerete il Trattato sul Purgatorio di S. Caterina da Genova, una vera teologhessa. È ancora scritto all'antica e si vede la diffìcoltà di esporre idee tanto alte, ma leggendolo e rileggendolo farà del bene. Dice che se Iddio non avesse creato il Purgatorio, le anime lo richiederebbero. Sono esse stesse che, presentandosi al tribunale di Dio, al vedersi macchiate anche di piccolissime colpe, si gettano nel Purgatorio, tanto è l'aborrimento che concepiscono della colpa. Nel fuoco del Purgatorio si purificano, come il ferro nel fuoco si purifica dalla sua ruggine, e l'oro dalla sua scoria. Per il loro grandissimo desiderio di purificazione, non possono più avere altro desiderio da quello che Dio vuole, e di mano in mano che questa ruggine va scomparendo, esse sentono in certo qual modo sempre più la vicinanza e la presenza di Dio. Quando poi sono del tutto purificate, entrano nella visione beatifica di Dio.

La Santa conclude il suo trattatello parlando di se stessa e spiegando come Iddio le faceva fare il Purgatorio su questa terra, purificandola da ogni scoria attraverso la sofferenza (1078).

NOI E I DEFUNTI - Quando, in punto di morte, un padre o una madre si raccomandano ai figli per non essere dimenticati, questi si ritengono quasi offesi di tale raccomandazione. Ma poi?... Non dico che, terminato il suono delle campane, sia anche terminato il duolo. Se il defunto lasciò denari, gli faranno solenni funerali, più per onore dei vivi, che per suffragare l'anima del defunto; ma poi non bisogna parlarne più. Chi è morto giace e i vivi si danno pace.

Invece noi non dimentichiamo i nostri confratelli defunti. Tutti i giorni preghiamo per essi e, nell'Oremus dopo il De profundis li ricordiamo in modo particolare: Fratres, propinquos et benefactores. Tutti i giorni ancora, nella S. Messa, abbiamo un ricordo speciale di essi. Come è bello, nelle Comunità, quando alla sera, nella lettura del Martirologio, si dice: " Domani è l'anniversario della morte del confratello X... ". Tutti sono così invitati a pregare per l'anima di lui. E tutto quello che si fa dalla Comunità, è sempre anche in suffragio delle loro anime. Anche quando, dopo molti anni, non si farà più particolare ricordo dei defunti, tuttavia la Comunità sarà sempre formata dei vivi e dei defunti, né questo vincolo si scioglierà più, neppure in Paradiso. Quando più nessuno penserà ai parenti, ci sarà sempre chi penserà a noi, chi pregherà per noi. Quale consolazione il pensare che apparteniamo ad un Istituto che durerà fino alla fine del mondo!

I SUFFRAGI - S. Tommaso asserisce e prova che il suffragio è l'atto più insigne della carità cristiana: a) Perché con esso si pratica un grande amor di Dio, il quale nulla più brama che veder libere le anime del Purgatorio; e le anime liberate vanno a dargli gloria accidentale più che mille viventi sulla terra. b) È maggior carità soccorrere le anime del Purgatorio, che i poveri: perché è carità spirituale e non solo materiale; carità verso anime giuste, il che non si può sempre dire dei poveri; perché immensamente più afflitte dei poveri; perché da sé non possono più aiutarsi in niente; perché sono anime riconoscentissime (1079).

È probabile, secondo il Bellarmino, che le anime del Purgatorio preghino per noi, specialmente se le aiutiamo; e che in privato possiamo invocarle, sebbene la Chiesa ciò non usi fare in pubblico (1080).

Il principale suffragio, secondo il Concilio di Trento, è la santa Messa (1081). S. Agostino, riferendosi al sacrificio fatto da Giuda Maccabeo, scrive che si possono aiutare assai le anime del Purgatorio con il Sacrificio del Corpo e del Sangue di Nostro Signore (l082). S. Girolamo non dubita di asserire che ad ogni Messa celebrata divotamente vengono liberate molte anime del Purgatorio (1083). E a ragione fa notare il Shouppe che il Sacrificio della Messa opera ex opere operato ed è sempre soddisfattorio (1084).

Possiamo ora domandarci: perché nel giorno della Commemorazione di tutti i defunti sono state permesse tre Messe? Questo privilegio era già in vigore nella Spagna e nel Portogallo da molto tempo; ma per quante suppliche si fossero rivolte ai Sommi Pontefici per l'estensione di tale privilegio a tutto il mondo, non lo si era ottenuto. Fu Benedetto XV nel 1915, durante la prima guerra mondiale, a concedere che, in tal giorno, tutti i Sacerdoti possano celebrare tre Messe: una applicata a loro piacimento; l'altra applicata per tutte le anime; la terza applicata ad mentem del Sommo Pontefice. Perché dunque un tale privilegio? Tre sono i motivi.

Il primo motivo è il grande numero di Messe che si dovrebbero dire e che non si dicono, perché gli eredi non le fanno celebrare. Non si deve parlare contro il Governo, ma è un fatto che molti legati sono stati incamerati dal Demanio che prende indiscriminatamente senza pensare agli oneri corrispondenti. Così avvenne alla Consolata. Quanti ricorsi furono fatti! E sempre risposero: " Ci pensiamo noi! ". Ma intanto fanno niente. Ecco il primo motivo di tale concessione: l'incuria nel far celebrare le Messe, per cui molte non restano celebrate.

Il secondo motivo è questo: le imposte sono aumentate e tutto costa di più. Quello pertanto che una volta bastava al Sacerdote per vivere, ora non basta più. Per questo furono aumentate le elemosine delle Messe; non solo, ma anche il numero delle Messe lasciate per legato venne diminuito. Se per legato si dovevano dire cinque, dieci Messe, adesso se ne dicono solo più tre o quattro. Naturalmente solo il Papa può concedere questo. Si ricorre a Roma e la S. Sede fissa il numero, perché non c'è più il sufficiente per vivere. Ma intanto molte Messe che si dicevano una volta, non si dicono più. Che fa il Papa? Permette che si celebrino due Messe in più da ogni Sacerdote, per supplire a quelle che non si celebrano più, affinché le anime ricevano il dovuto suffragio.

Il terzo motivo è la guerra. Quanti morti in questa guerra! E il Papa intende di applicare a questi poveri giovani i suffragi che Sacerdoti e fedeli fanno per le anime del Purgatorio celebrando o assistendo a due Messe in più.

Dopo la Messa, come suffragi, vengono le preghiere e le sante indulgenze. E qui ricordate il secondo privilegio concesso dai Sommi Pontefici in favore nostro e delle anime del Purgatorio: l'Indulgenza plenaria toties quoties da mezzogiorno della festa dei Santi, fino a mezzanotte del 2 novembre: tutte queste indulgenze sono applicabili alle anime sante del Purgatorio. Questo privilegio fu concesso da S. Pio X e confermato da Benedetto XV. Voi procurate di guadagnarne il più possibile.

Viene poi l'Atto eroico di carità. In che consiste? Nel mettere nelle mani della Madonna tutte le opere soddisfattorie che facciamo noi e che altri faranno per noi dopo morte, perché tutto disponga in favore delle anime del Purgatorio. Ci spogliamo di tutto in favore delle medesime; alla nostra morte, il Signore ha diritto di non applicare a noi alcun suffragio, avendolo noi ceduto in favore di altre anime. Per questo è detto eroico. È come chi per liberare uno schiavo, si mette lui al suo posto. Ci vuole certo dell'eroismo e perciò bisogna rifletterci su prima di farlo. S. Geltrude l'aveva fatto ed ecco comparirle il demonio, che le dice: " Hai fatto un bel lavoro! Hai dato tutto agli altri e così starai tu in Purgatorio fino al dì del giudizio! ". La Santa sentì un po' di pena, ma Nostro Signore subito la rassicurò con dirle: " Questo Atto vale di più di quanto avresti potuto fare per te! ".

Preghiamo tanto per le anime del Purgatorio, soprattutto per quelle dei Missionari. Chi si ricorda dei Missionari dopo morte? I parenti no, perché già l'avevano visto partire con rammarico, non potendo aspettarsi da lui alcun profitto. Gli altri poi diranno: " È andato dritto in Paradiso! ". Ma purtroppo non è sempre così, ché anche un Missionario può avere tante miserie e non averle sufficientemente espiate durante la vita. Le nostre Costituzioni fissano i suffragi da farsi alla morte dei nostri Missionari, per i quali inoltre, come già ho detto, continuiamo sempre a pregare. Ma bisogna ricordare nelle nostre preghiere di suffragio anche tutti gli altri Missionari, che non potranno non esserci riconoscenti e ottenerci molte grazie.

Pregare inoltre per i nostri benefattori defunti. È questo un sacro dovere di riconoscenza. Infatti che avremmo noi potuto fare o che potremmo fare senza di essi?... Tra i primi dovete ricordare Mons. Demichelis, dal quale avemmo la prima Casamadre; sua sorella che ci lasciò la palazzina di Rivoli; l'ing. Felizzati che morendo mi lasciò suo erede, rispondendo al mio diniego: " Mi lasci morire in pace! "; l'Abate Robilant, ecc... Essi dal Cielo, dove vedono tutto in Dio, conoscono i nostri bisogni e manderanno qualche buona ispirazione a chi ci può aiutare (1085).

Mi piace anche tanto la divozione verso le anime del Purgatorio più abbandonate. C'era una persona che veniva sovente nella sacrestia del Santuario e diceva: " Una Messa per l'anima del Purgatorio più abbandonata ". Certo, l'anima così liberata, non appena in Paradiso, s'interesserà in modo particolare e direi esclusivo di chi ha cooperato ad accelerare la sua liberazione, mentre nessun altro si ricordava di lei...

Oh, la divozione alle anime del Purgatorio!... Parlavo un giorno con un signore sui trent'anni, che mi diceva: " Da quando fui padrone di me stesso, ho sempre fatto celebrare una Messa al mese per le anime del Purgatorio, e quante grazie ho ricevuto! ".

IL PENSIERO DEL PURGATORIO - Il pensiero del Purgatorio fa anche del bene a noi. Anzitutto ci tiene guardinghi da ogni peccato, che se non espiato quaggiù, dovrà scontarsi con la pena temporale del Purgatorio: sia con la pena del danno e cioè la dilazione della vista di Dio (pena terribile che per ora non comprendiamo abbastanza, sia con la pena dei sensi.

In secondo luogo, il pensiero del Purgatorio ci induce a penitenza e ad opere buone per redimere i nostri debiti quotidiani.

In terzo luogo ci spinge alla perfezione, per cui alle anime pie il pensiero del Purgatorio fa più impressione che lo stesso

pensiero dell'inferno.

Ecco quello a cui ci sprona il pensiero del Purgatorio: togliere la ruggine dall'anima nostra fin da questo mondo, con la cura delle piccole cose, costi quel che costi.

Cerchiamo non solo di evitare i peccati, ma anche di vivere bene, in modo da evitare il Purgatorio. Il Signore, prima che moriamo, manda qualche cosa che purifica: malattie o altro. S. Paolo diceva: Quotidie morior (1086). E voleva dire: tutti i giorni muoio alle mie concupiscenze, alla mia volontà, a tutto quello che non deve vivere in me. Così anche voi: morte alla superbia, all'irascibilità; bisogna morire a questa mia cattiva inclinazione, alla mia poltroneria, ecc.

È comodo dire: " Prenderò l'indulgenza plenaria!. "Ma la prenderai proprio plenaria? Perché, per acquistare un'indulgenza plenaria, bisogna che il cuore sia distaccato da tutti gli affetti al peccato, sia abituale che attuale; l'hai tu questo distacco?

Pensiamo al Purgatorio. Il giorno della Commemorazione dei defunti non è per me un giorno di malinconia ma di allegrezza. Non oso dirlo agli altri, ma voi comprendete. S. Giuseppe Cafasso diceva: " Beato quel giorno in cui mi toglierò dal pericolo di peccare! " (1087).

IL DE PROFUNDIS - Vi sono nel Salterio 150 Salmi: alcuni furono composti da Davide; altri furono scritti posteriormente, come afferma S. Girolamo. Tra questi è il patetico Salmo De Profundis, il quale viene attribuito ad un esule di Babilonia; scritto cioè durante la cattività di Babilonia. La Chiesa lo pose tra i graduali e i penitenziali, e lo ha arricchito di speciali indulgenze (1O87bis). Questo Salmo può essere considerato in tre sensi:

Senso letterale - È una supplica degli Ebrei schiavi in Babilonia, esortati a sperare la propria liberazione dalla misericordia del Signore.

Senso mistico - Applicandolo, come fa la Chiesa, alle anime del Purgatorio, che da quel profondo baratro di tormenti sospirano e chiedono la loro liberazione, confidando interamente nella misericordia di Dio e nei meriti di Nostro Signore. Esprime molto bene il sospiro di queste anime che anelano alla gloria del Paradiso. Prima supplicano il Signore che voglia far attenzione alla loro voce, poi pregano per sé e ancora per tutti gli altri. Recitando questo Salmo, noi facciamo la parte di quelle anime.

Senso accomodatizio: applicandolo a noi. È una preghiera di pentimento e di massima fiducia per noi peccatori pentiti, che confidiamo nel Sangue di N. S. Gesù Cristo. Si addice così bene questo Salmo ad un'anima schiava dei peccati, che voglia ritornare a Dio!

S. Roberto Bellarmino dice che in questo Salmo vi sono tre parti: una preghiera, un'esortazione al popolo, una predizione della futura redenzione (1088). Nei primi quattro versetti il tribolato parla a Dio; negli altri quattro parla ai compagni di sventura, ai peccatori, magnificando la misericordia di Dio e la Divina Redenzione.

Il primo versetto è come un preludio, nel quale l'anima chiede udienza a Dio. Essa grida de profundis, cioè da un profondo baratro. Noi al fondo e il Signore in alto; noi nello stato di miseria e Dio nell'altezza delle sue divine perfezioni. Clamavi: per esprimere che la preghiera vien proprio dal cuore. Fiant aures tuae intendentes: esprime la vivacità della preghiera, la speranza e la sicurezza di essere esauditi.

Dopo il preludio, viene una preghiera al Signore. Si iniquitates observaveris, Domine, quis sustinebit? Noi siamo pieni di miserie, o Signore, e se Tu dai retta a questo, non facciamo più niente, non v'è pi ù per noi via di scampo. Quia apud te propitiatio est: presso di Te vi è propiziazione; la clemenza ti appartiene, è tua proprietà, perciò perdonando i miei peccati, Tu fai solo il tuo ufficio. Et propter legem tuam sustinui te, Domine: ed io sto fermo su questo, nella tua misericordia, perché tu l'hai scritto nella tua legge, che basta che uno venga a te con cuore contrito, che subito è perdonato. Sustinuit anima mea in verbo eius: l'anima mia confida nella tua parola e su di essa si sente forte.

Fin qui il tribolato ha pregato per se stesso; ora interviene, a così dire, la turba. Dopo aver parlato di sé, si rivolge ad Israele e lo invita a confidare nel Signore, che è misericordia infinita e presso il quale la redenzione è copiosa. A custodia matutina usque ad noctem speret Israel in Domino: dal mattino alla sera di ogni giorno, come dal mattino alla sera della nostra vita, solo e sempre sperare. È un atto di confidenza e di abbandono che piace tanto al Signore. Quia apud Dominum misericordia et copiosa apud eum redemptio. Tutti si salveranno per i meriti di Nostro Signore, con un atto di fede almeno implicito nel futuro Messia. Così fecero tutti i Patriarchi e i giusti dell'Antico Testamento, come studierete in Teologia.

Vedete come è bello questo Salmo! Non deve servire solo per le anime del Purgatorio, ma anche per noi. Serve a confortare le anime degli altri e per animare noi medesimi ad una viva speranza. Riflettendo a queste cose, lo reciterete meglio e vi farà del bene.

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