27. SPIRITO ECCLESIASTICO

L'abito ecclesiastico

Sebbene l'abito non faccia il monaco, tuttavia non vi é monaco senza abito. In tutti i seminari ben costituiti, secondo le norme del Tridentino, ciascun giovane ha la sua veste talare, che indossa nelle domeniche e in altri tempi. Amare l'abito talare e portarlo con rispetto é anche un segno di vocazione.

Chi non avesse inclinazione a portare questo santo abito, mancherebbe già di un dato, di un segno di spirito ecclesiastico. Bisogna avere per esso un grande affetto e un grande rispetto.

I Sacerdoti dabbene non lo depongono mai. S. Giuseppe Cafasso, benché ai suoi tempi vi fossero ancor molti sacerdoti che non vestivano l'abito talare, lo indossava; e nessuno, neppure il domestico, lo vide mai senza talare o anche solo con la talare non perfettamente in ordine.

L'abito aiuta molto. Il Card. Cagliero diceva che l'abito é come la corteccia, che ci ripara da tante miserie. Sebbene la corteccia non sia l'albero, tuttavia lo preserva. Così sebbene l'abito non faccia il monaco, tuttavia aiuta ad essere monaci. Voglio che lo desideriate, lo amiate e lo rispettiate. Anche nelle Missioni i Padri lo portano sempre; i Coadiutori, poi, lo portano quando vanno in chiesa e tutto il giorno nelle domeniche.

Gli Ordini Minori

In antico gli Ordini Minori si ricevevano separatamente, per lasciar tempo agli ordinati di esercitare i doveri propri di ciascun Ordine. Al presente si usa conferirne alcuni assieme, senza tuttavia nulla togliere alla solennità dell'atto. È il Vescovo che li conferisce.

TONSURA - Con la Tonsura si entra nel ceto ecclesiastico (i non tonsurati non sono quindi ancora veri chierici) e si acquistano i diritti del Clero; ad esempio, il privilegio del Foro Ecclesiastico. La Tonsura si conferisce dal Vescovo col taglio dei capelli e coll'imposizione della cotta. Il Vescovo recita alcune preghiere e taglia i capelli sul davanti, daccanto, di dietro e dove si fa la tonsura. Fra l'altro, egli dice e fa ripetere ai Tonsurandi: Dominus pars haereditatis meae et calicis rei - Il Signore é la porzione della mia eredità e del mio calice (660). Nell'Antica Legge, la tribù di Levi, destinata al sacerdozio, non ebbe parte nella divisione della Terra Promessa; solamente ebbe poche città per abitarvi. Per il resto dovevano vivere delle offerte dei fedeli al Tempio. Siccome le sorti venivano poste in un calice ed estratte dalle singole tribù, quella di Levi non ebbe parte all'estrazione, perché Dio solo era la sua porzione (661).

Così é delle persone che, con la Tonsura, entrano nel ceto ecclesiastico. Essi scelgono per loro eredità e per loro porzione il Signore, lasciando tutto il resto; I promettono cioè di osservare la povertà, col distacco dalle cose di questa terra e, in particolare, da tutto ciò che é superfluo, simboleggiato nei capelli. Non entrano nello stato ecclesiastico per arricchire; il Signore penserà Lui a mantenerli. Nessun sacerdote buono é mai morto di fame.

La Tonsura dev'essere satis latens et patens, cioè larga e ben visibile. Un giorno vidi nella sacrestia del Santuario della Consolata un sacerdote che l'aveva molto piccola, e glielo feci osservare. " Non dovrei lasciarla celebrare, se non la fa allargare ". - " Oh, ma adesso sono già prete; queste cose si guardano solo in principio! " - " Oh, bella! Invece di aumentare, lei ha diminuito! ".

Si deve inoltre procurare che sia ben visibile, farla cioè rinnovare sovente, una volta alla settimana e anche più, se c'é qualche festa od occasione particolare. La tonsura é una specie di rinnovazione dello spirito di povertà, di distacco dal mondo e dalle cose inutili. Quando perciò vi fate la tonsura, ripetete con spirito quelle parole: Dominus pars haereditatis meae et calicis mei.

Dopo questo, il Vescovo dà ai Tonsurati la cotta, dicendo: Induat te Dominus novum hominem qui secundum Deum creatus est in justitia et sanctitate veritatis. Il Signore ti rivesta dell'uomo nuovo, creato secondo lo spirito di Dio, nella giustizia e nella santità della verità. Il chierico deve portare la cotta convenientemente, santamente.

OSTIARIATO - Vengono poi gli Ordini Minori, ritenuti dai più non quali Sacramenti, ma Sacramentali: i quali non danno la grazia ex opere operato, ma solo ex opere operantis, cioè secondo le disposizioni di quelli che li ricevono. Non sono d'istituzione divina, ma vennero stabiliti dalla Chiesa; non esistettero sempre e dovunque.

Il primo é l'Ostiariato. Con esso il chierico diventa sacrestano (i sacrestani di oggi, nelle parrocchie, non sono veri sacrestani). L'Ostiario é un sacrestano materiale e spirituale, come indicano le parole che il Vescovo rivolge nell'atto di conferire tale Ordine. Dice loro dapprima: È compito dell'Ostiario suonare la campana, aprire la chiesa e la sacrestia, tener aperto il libro a chi predica. Quindi li ammonisce a far ben attenzione: affinché per vostra negligenza nulla abbia a guastarsi di quelle cose che sono in chiesa. A significare questo ufficio, il Vescovo fa loro toccare le chiavi.

Sono inoltre sacrestani spirituali, in quanto devono difendere la chiesa non solo dai ladri materiali, ma anche dai ladri spirituali che sono i demoni, come dice loro il Vescovo: Come con le chiavi materiali aprite e chiudete la chiesa visibile, così studiatevi con le parole e con i fatti di chiudere al diavolo e di aprire a Dio la casa invisibile di Dio, cioè i cuori dei fedeli; cosicché ritengano nei loro cuori e pratichino la parola che hanno udito.

Anche quando sarete sacerdoti, non dimenticate che siete Ostiari, cioè sacrestani, e che perciò la chiesa é affidata alle vostre cure. Il sacerdote deve sovraintendere agli altri, procurare che si faccia tutto bene. Andate a interrogare quelli addetti al Santuario della Consolata, se io non sto dietro a tutto!... Fui sacrestano in seminario per tre anni e me ne glorio più d'ogni altra cosa. Vorrei, se fosse possibile, far passare molti di voi a fare i sacrestani, perché tutti abbiano ad acquistare questo spirito.

Nella Messa, al Lavabo, il sacerdote dice: Signore, ho amato il decoro della tua Casa e il luogo dove tu abiti (662); ma bisogna che dica la verità, che il Signore non abbia a rispondergli: " Non é vero, hai niente di cura per la pulizia della chiesa, dell'altare, delle paramenta! ". Quando recito quel Salmo, faccio ogni volta un po' di esame di coscienza, per vedere se proprio ho cura del Santuario. E quando c'é qualche cosa che non va chiamo i sacrestani e li sgrido a dovere, perché se ne ricordino.

Anticamente molti rimanevano semplici Ostiari, come S. Pietro martire, S. Abbondio, S. Teodoro; e costoro restano i Protettori degli Ostiari.

LETTORATO - Il secondo Ordine Minore é il Lettorato. Che cosa é il Lettorato? Dice il Vescovo nel conferire quest'Ordine: Ut sitis lectores in domo Dei nostri - Che siate Lettori nella Casa del Signore Dio nostro. Dunque essi hanno in custodia i libri sacri: custodirli, portarli e anche studiarli. Quest'ordine dà la grazia di potersi applicare con profitto allo studio della S. Scrittura e a tutti gli studi che hanno relazione con la medesima e che serviranno per la predicazione. Lo stesso dicasi del canto sacro. Protettori dei Lettori sono S. Eutropio, S. Senesio e molti altri.

ESORCISTATO - Il terzo Ordine Minore é l'Esorcistato. Esorcista é colui che ha la facoltà di scacciare i demoni dagli ossessi, che non mancano anche oggi. In Africa, poi , sono più numerosi che da noi. Però se il chierico riceve tale facoltà, la Chiesa non vuole che la eserciti senza l'autorizzazione del Vescovo, il quale esamina prima se si tratta di vera ossessione, e poi designa lui la persona che deve fare gli esorcismi. Anche di quest'Ordine molti sono i Protettori; vi suggerisco S. Agatone.

ACCOLITATO - Il quarto Ordine Minore é l'Accolitato. L'Accolito ha per ufficio di servire all'altare, procurare tutto ciò che é necessario per i santi Misteri; egli prepara e porta i candelieri, le ampolline, ecc. Deve essere ben compenetrato di ciò che fa, mostrarsi compreso dell'importanza del servizio di Dio; quindi camminare e agire con modestia, con gravità, far bene tutte le cerimonie. Come Protettore vi propongo S. Tarcisio.

Suddiaconato e Diaconato

SUDDIACONATO - Il Suddiaconato fa ora parte degli Ordini Maggiori e ha inerente a sé il voto solenne di castità, I'obbligo del Breviario ed ha il titolo Ecclesiastico. Il Suddiacono é già in sacris.

Parlando della castità, vi ho già detto quanto belle e solenni siano le parole che il Vescovo rivolge agli Ordinandi, prima che facciano il grande passo. Mi pare ancora di udirle dalla bocca di Mons. Gastaldi; le diceva con tale forza, che faceva venir la pelle d'oca. Mi ricordo di un bravo chierico a me vicino che piangeva e singhiozzava ed io non potevo consolarlo... avevamo da pensare a noi medesimi! Il poverino tremava tutto; io lo tenevo... ma sì, scappò ugualmente. Questo vi dico, non per spaventarvi, ma solo per dire l'impressione che fa il legarsi in perpetuo.

Dopo fatto il grande passo gli Ordinandi si prostrano a terra; e si cantano le Litanie dei Santi, per invocare la loro intercessione in favore di quelli che devono sottoporsi a questo onere. Vedete l'importanza che dà la Chiesa a queste cose, come é profonda nelle sue cerimonie! In tutto, anche in questo, é ispirata dallo Spirito Santo.

Le virtù proprie del Suddiacono sono ben rappresentate da quelle esercitate da Maria SS. nella sua Annunciazione.

1 - Umiltà. La Madonna non disse: " Ecco la Madre di Dio! "; disse invece: a Ecco la serva del Signore! ". Non accostarsi dunque al Suddiaconato col pensiero che, dopo, i Superiori saranno costretti a farci andare avanti, che saremo più liberi, ecc. Ah, no! Se la Madonna chiamò se stessa ancella, che dovremmo dire noi?... Quando sarete là prostrati, confessate il vostro nulla, professandovi non solo non degni, ma indegni di salire a sì alto grado. Però, conosciuta la volontà di t Dio, direte con la Madonna: " Si faccia di me secondo la tua parola! ".

2 - Castità. La SS. Vergine era disposta a rinunziare alla dignità di Madre di Dio, piuttosto che perdere la sua verginità. Dite dunque alla Madonna che vi ottenga un grande amore a questa virtù, nonché un proposito efficace di usare i mezzi necessari per conservarla. Ditele: " O SS. Vergine, ottenetemi questa bella virtù e che io possa conservarla illibata fino alla fine della vita; piuttosto che abbia a perderla, mi ritiro dal Suddiaconato ".

3 - Spirito di sacrificio. In quell'istante, la Madonna fu illuminata per conoscere le sofferenze inerenti alla sua dignità e alla sua missione. Doveva essere la Madre Dolorosa ed Ella accettò. Voi pure, quando sarete là prostrati, offritevi come vittime al Signore, specialmente voi Missionari.

DIACONATO - Diciamo anche una parola sul Diaconato: che serva a noi, che già ne siamo onorati, di eccitamento a crescere nelle virtù proprie di tale Ordine; a voi che vi aspirate, a prepararvi bene a quel giorno fortunato. Negli Atti degli Apostoli (663) sono elencate cinque qualità richieste per i Diaconi.

1- Che abbiano buona testimonianza fra coloro con cui vivono: Sceglietevi di mezzo a voi sette uomini di buona riputazione. Questa, veramente, é una dote esterna, ma suppone l'esercizio della virtù; perché di uno che pur senza dare scandalo, non dia edificazione, non si darebbe tale testimonianza. Cercate dunque di procurarvi questo favorevole giudizio, sia dei Superiori e sia dei compagni.

2 - Che siano uomini pieni di Spirito Santo: Pleni Spiritu Sancto. Pieni cioè di grazia santificante e non di difetti. Che questa grazia sia veramente in voi come abito, sì che traspaia da tutto il vostro essere e vi faccia apparire per uomini spirituali, non materiali; ripieni dello spirito di Dio, non dello spirito del mondo.

3 - Che siano pieni di fede: Pleni fide. Ah, la fede deve informare tutta la vostra persona, anima e corpo! Via dunque tutto ciò che vi può essere di contrario ai dettami della fede: nei pensieri, nelle parole, negli affetti e nelle azioni. Non le passioni, non il mondo, non l'amor proprio, ma lo spirito di fede deve regolare ogni vostro atto.

4- Che siano pieni di sapienza: Pleni sapientia. Pieni cioè, in primo luogo, della vera sapienza che ci fa gustare le cose di Dio e assurgere a Lui; poi anche della scienza acquisita, per poter portare le anime alla verità e al bene.

5 - Che siano pieni di fortezza: Pleni fortitudine. Ciò é necessario specialmente pel Missionario: fortezza nel vincere le difficoltà, ben temprati nella disciplina; poi fortezza per compiere il ministero apostolico nelle Missioni... E notate che di tutte queste virtù bisogna essere pieni, come lo furono S. Stefano, S. Lorenzo S. Vincenzo Diacono, S. Francesco d'Assisi.

Il Sacerdozio

Temo che non si faccia abbastanza caso e non si dia la dovuta importanza alle frequenti grazie che il Signore ci fa colle sacre Ordinazioni. Per un paese per una comunità, é segno di predilezione divina. Ogni qualvolta uno viene ordinato in questo Istituto, é per me una festa, un vero godimento del cuore. È come una conferma di stabilità del nostro Istituto; é una grazia straordinaria che il Signore ci fa. È segno che il Signore vuol bene all'Istituto, vuol sostenerlo e moltiplicarlo. Avete mai pensato a questa grazia? Noi formiamo un solo corpo e godiamo di vita comune; tutte le grazie perciò che il Signore fa a un membro - materiali e spirituali - le fa a tutta la comunità. Ah, infelici quei paesi, dai quali non esce mai un sacerdote, e quegli Istituti che mancano di soggetti!... Il Signore concede tale grazia solo alle comunità e ai paesi che predilige.

Fermiamoci pertanto a considerare la dignità del Sacerdozio, sulla scorta della S. Scrittura e dei Santi Padri. Il Sacerdozio é la più alta dignità: dignità regale, angelica, divina.

1 - Dignità regale. Si può paragonare il sacerdote a un re. Che cosa fa il re? Governa i sudditi, li regge, procura il loro bene materiale. E il sacerdote? Cerca il bene delle anime, le difende, le comanda, non le lascia fino alla morte. È un re che regna e domina sulle anime, quindi molto superiore in dignità ai re della terra, che comandano ai corpi dei sudditi, ma non possono imporsi ai cuori. Dice perciò S. Ambrogio che i sacerdoti sono di tanto superiori ai re della terra, quanto l'oro é superiore al piombo (664).

Sempre il sacerdote é stato stimato come un re e anche superiore ai re. Presso tutti gli antichi era tale la stima del sacerdozio, che gli imperatori pagani vollero sempre accentrare in sé la potestà civile e quella religiosa. E anche nei tempi recenti forse che gl'imperatori di Russia e d'Inghilterra non usurparono essi pure l'autorità sacerdotale? E questo perché sapevano che tale autorità li elevava. Conseguenza: avere un giusto sentimento della nostra dignità senza insuperbirci, ché non é roba nostra.

2 - Dignità angelica. Sta scritto in Malachia: Le labbra del sacerdote devono custodire la scienza e dalla sua bocca ricercheranno la legge, perché esso é l'angelo del Signore degli eserciti (206). La sua dignità é dunque angelica. Come infatti gli Angeli son destinati ad eseguire la volontà di Dio presso gli uomini, così i sacerdoti sono mediatori fra gli uomini e Dio. S. Paolo dice: Noi facciamo... da ambasciatori per Cristo (665).

Il sacerdote é anche più di un angelo, perché ha ricevuto più alti ministeri in terra e in cielo. Tali sono i poteri di consacrare e di assolvere. C'é un Angelo che possa celebrare la Messa? L'Angelo, inoltre, non può assolvere neppure un peccato veniale. S. Francesco d'Assisi diceva che se avesse incontrato un Angelo e un Sacerdote, avrebbe prestato ossequio prima a questi e poi a quello (666). Nell'Apocalisse é scritto che S. Giovanni, incontratosi con un Angelo, volle inginocchiarsi per adorarlo, ma l'Angelo non glielo permise e gli disse: Guarda di non farlo; sono conservo tuo! (667).

3 - Dignità divina. S. Clemente dice chiaramente che il sacerdote viene subito dopo Dio ed é come un Dio in terra: Post Deum, terrenus Deus (6). S. Dionigi Areopagita afferma che la dignità sacerdotale é più divina che angelica: Angelica immo divina dignitas (668). dignità divina, perché partecipa della potenza di Dio.

Già le turbe si domandavano: Chi può rimettere i peccati se non il solo Dio? (669). Quando Nostro Signore interrogò gli Apostoli: La gente chi dice che sia il Figliuol dell'uomo? (670), essi gli risposero che alcuni lo ritenevano per Elia, altri per Giovanni Battista, ecc. Allora Nostro Signore: Et vos... e voi chi dite che io sia? Vedete: li separò dal resto degli uomini. S. Girolamo che fa notare la cosa e cosi commenta: " Gesù separa gli Apostoli dagli altri; costoro erano semplici fedeli, gli Apostoli invece erano suoi ministri, suoi rappresentanti (671). Quando il sacerdote assolve dice: " Io ti assolvo... ". Quando consacra, dice: a Questo é il mio corpo... ". Il sacerdote non é più lui ; Nostro Signore si é immedesimato in lui. Voi vedete il sacerdote e dovete dire: " È Nostro Signore sotto la forma di quel Sacerdote ".

Il sacerdote ha dunque un'autorità regale, angelica, divina. Gli scritti dei Santi Padri sono pieni di testi riguardanti la dignità del sacerdote. Quando vedete passare vicino a voi un sacerdote, pensate a queste cose. Agli occhi della fede egli é alter Christus, meritevole perciò di alto rispetto e di venerazione.

Purtroppo il mondo non apprezza la dignità sacerdotale; e anche in qualche comunità non la si apprezza abbastanza. Bisogna che almeno noi la conosciamo a fondo, altrimenti non possiamo stimarla convenientemente. Chi non stima in altri la propria dignità, non saprà neppure stimarla in se stesso. Dice S. Ambrogio che é cosa del tutto conveniente che la dignità del sacerdote sia prima da noi conosciuta, per poterla in noi conservare (672).

Fra i sacerdoti ve ne sono dei santi, ma purtroppo anche dei tiepidi. Se per disgrazia un sacerdote perdesse la testa, la celebrazione della Messa vale lo stesso, come pure l'assoluzione. Rispettiamo dunque il carattere sacerdotale, anche quando non é accompagnato da tutto quel corredo di virtù che il sacerdote dovrebbe avere. Sappiamo distinguere le miserie umane dal carattere e dalla dignità sacerdotale. Nessuno può raschiar via il carattere sacerdotale. Esso sarà la gloria de l sacerdote in Paradiso o la sua maggior condanna nell'inferno. L'imperatore Costantino diceva: " Se vedessi un Sacerdote peccare, invece di andare a propalare la sua mancanza, la coprirei col mio manto regale ". E noi copriamola col manto della carità e intanto preghiamo.

L'altra conseguenza da trarre sia di prepararvi con tutto l'animo per essere un giorno meno indegni di si sublime dignità. S. Francesco d'Assisi rimase Diacono tutta la vita. I suoi Frati volevano che ricevesse il Presbiterato; ma presentatosi a lui un Angelo, con una boccetta d'acqua limpidissima, gli disse: " Se sei limpido come quest'acqua, va avanti! ". Egli si spaventò e rimase Diacono. A tale dignità deve infatti corrispondere altrettanta santità.

Nell'Antico Testamento il sacerdote portava scritto sulla fronte: Sanctum Domino, perché si ricordasse di essere santo (673). La Chiesa nei primi secoli non ammetteva al sacerdozio chi, dopo il battesimo, fosse pubblicamente caduto in colpa grave, e deponeva per sempre dal sacerdozio chi vi fosse caduto dopo l'Ordinazione, dicendo il Concilio di Nicea: Qui sancti non sunt, sancta tractare non debent (674). Chi non é santo, non deve trattare le cose sante. Che se più tardi ammise anche i peccatori, non lo fece che dopo che avessero fatto molta penitenza.

La santità sacerdotale é come una scienza ed arte che, di regola, non si acquista se non attraverso un lungo tirocinio. È vero che il carattere l'imprime l'Ordinazione, ma se uno cerca di prepararsi per tempo, fin da chierico, il giorno dell'Ordinazione sarà per lui un giorno pieno; e riceverà la benedizione di Davide, non solo quella di Saulle. Purtroppo che si deve sempre dire: " Non son degno ", ma é il Signore che si é compiaciuto di elevarci a tanta dignità; Egli é che solleva da terra il misero e dal letame alza su il povero (675).

Il Trochon, che é un buon autore, parlando dei requisiti del sacerdote, dice che il sacerdote e chi vi aspira deve evitare le colpe anche leggere, le quali in lui sarebbero gravi; - evitare anche l'apparenza del male per essere veramente luce e sale della terra; essere disposto a fare ogni sorta di bene, cioè tutto quel bene che Dio vuole da lui; - affaticarsi ad essere virtuoso in grado eroico, senza paura di andare agli eccessi.

La Santa Messa

I FINI - La S. Messa si celebra per quattro fini principali (676). 1° - Latreutico, per dare a Dio l'onore che gli é dovuto. Noi non saremmo di ciò capaci; nella Messa Nostro Signore lo rende Lui per noi, perciò il Divin Padre riceve un onore di valore infinito. Celebrando o assistendo alla Messa, possiamo dire: Mio Dio, io vi rendo quell'onore che meritate! - 2° - Propiziatorio, per chiedere perdono delle offese che gli abbiamo fatto. Noi siamo deboli; per quanta volontà abbiamo di non più offenderlo, é sempre poco in rispetto alla Maestà infinita. Nella Messa Nostro Signore chiede Lui perdono per noi, e il Divin Padre lo accetta per condonarci le offese. Se non fosse della Messa che si celebra continuamente, il mondo, per i suoi peccati, non potrebbe più sussistere. - 3° - Eucaristico, ossia per ringraziare Dio di tutti i benefizi che ci ha fatto. - 4° - Impetratorio: per impetrare cioè le grazie di cui abbiamo bisogno. Quando chiediamo noi, non abbiamo alcun merito per essere esauditi; ma nella Messa é Nostro Signore che intercede per noi, ed é impossibile che non venga esaudito.

Vedete l'importanza della S. Messa! In essa non solo si rappresenta, ma si rinnova lo stesso Sacrificio della Croce. C'é la stessa Vittima, lo stesso scopo. È diverso però il modo con cui si compie l'oblazione: sul Calvario la Vittima fu offerta in modo cruento, nella Messa viene invece offerta in modo incruento. Come é bello pensare che, ogni volta che celebriamo o assistiamo alla Messa, siamo proprio là sul Calvario, ai piedi della Croce, con la Madonna e S. Giovanni! Dice l'Imitazione di Cristo che ogni volta che uno celebra o ascolta la Messa, dev'essere per lui un'azione così grande, così nuova e così gioconda, come se in quello stesso giorno Nostro Signore Gesù Cristo, discendendo nel seno della Vergine, si facesse uomo; o pendente in Croce, patisse e morisse per la salute degli uomini (677). S. Tommaso chiama la Messa: memoriale della Passione di Nostro Signore (678).

Vogliono i Teologi - scrive S. Alfonso - che, conforme alle parole di Nostro Signore: Fate questo in mia commemorazione (679) i sacerdoti, nel celebrare la Messa, siano tenuti a ricordarsi della Passione di Nostro Signore (680). Lo dice anche S. Paolo: Quante volte voi mangiate questo Pane e bevete questo Calice, voi rammenterete l'annunzio della morte del Signore (681). Quest'obbligo é pel sacerdote che celebra e per colui che assiste.

ECCELLENZA - Il Concilio di Trento dice: Nullum aliud opus adeo sanctum quam hoc mysterium - Non vi é azione più santa di questa (682). Tutte le opere buone unite assieme non equivalgono al Sacrificio della Messa, perché sono opere di uomini, mentre la Messa é opera di Dio. Il martirio stesso é un nulla in confronto della Messa, perché il martirio é il sacrificio che l'uomo fa a Dio della propria vita, mentre nella Messa é un Dio che fa sacrificio del proprio Corpo e del proprio Sangue per l'uomo. Questo pensiero é del santo Curato d'Ars (683) e concorda con quanto scrive S. Tommaso: che in ogni Messa c'é tutto il frutto della Passione e Morte di Nostro Signore (684).

La stessa cosa afferma S. Giovanni Crisostomo, dicendo che la celebrazione della Messa vale quanto la morte di Gesù in Croce (685). Bella pure e teologicamente esatta é quest'asserzione dell'Imitazione di Cristo: Quando il sacerdote celebra, onora Dio, letifica gli Angeli, edifica la Chiesa, aiuta i vivi, ottiene sollievo alle anime del Purgatorio e rende se stesso partecipe di tutti i beni (686).

La santa Messa sostiene il mondo in mezzo a tanti pericoli e peccati, come ho già detto; senza di essa non si potrebbe andare avanti. Ecco perché gli eretici, istigati dal demonio, mossero sempre guerra alla Messa e cercarono in ogni tempo di abolirla.

S. Giovanni Crisostomo e S. Gregorio Magno dicono che, quando si celebra, si aprono i cieli e scendono a schiere gli Angeli per assistervi (687) e ciò dice di aver veduto S. Nilo Abate, discepolo del Crisostomo, mentre questi celebrava (688).

Abbiamo noi questa stima della santa Messa, quando celebriamo o vi assistiamo ? Lo facciamo con la fede e con l'amore che si conviene?... S. Francesco di Sales, quand'era nel Chiablese, per poter celebrare la Messa, attraversava ogni giorno un fiume, trascinandosi carponi su di una trave gelata; e a chi gli faceva osservare il pericolo in cui si metteva, rispondeva:" Ebbene, sarò vittima per la santa Messa! " (689). Una Messa di più vuol dire molte grazie al mondo tutto. Lo stesso Santo, essendosi accorto che un sacerdote ometteva un po' facilmente di celebrare, gliene chiese il motivo. " È perché non son degno! ". E il Santo a lui: " Se non é degno, si faccia degno! " (690). Per parte mia, ho mai tralasciato di celebrare, eccetto che per malattia. Per permissione di Dio ebbi a fare due malattie, e ancora qualche mattina non potei celebrare per l'emicrania.

La Messa é il tempo più bello della nostra vita. Una Messa basterebbe a rendere felice chiunque giunge a celebrarla. Anche se dovessimo prepararci per quindici o vent'anni per celebrare una Messa, oh, quanto saremmo felici! Sarebbe già un ben grande compenso!... E dirne tante?... Che felicità!

Il B. Giovanni d'Avila, avendo udito ch'era morto un sacerdote dopo aver celebrato la sua prima Messa, esclamò: " Qual conto avrà dovuto rendere a Dio per questa sola Messa celebrata! "(691). Certamente si deve rendere conto, ma io penso diversamente. Penso che se uno ha cercato di ben prepararsi con lo studio, pietà, virtù, ecc., anche se si trova alla vigilia dell'Ordinazione un po' sprovvisto, si metta nelle mani di Dio ed Egli aiuterà la sua miseria. E così, se procura di vivere da buon sacerdote, di che cosa ha da rendere conto?

Oh, la felicità di dire la Messa! E quando, come a Natale, c'é da dirne tre, che gusto! Una Messa serve di preparamento all'altra,... é una gioia! Un anno mi venne l'emicrania dopo la prima e non potei più dire le altre due; sentivo un rincrescimento, una pena!... Ah, se comprendessimo che cosa vuol dire una Messa di più!

CELEBRARLA BENE - Per celebrare bene la Messa si richiede la preparazione remota e la preparazione prossima. Preparazione remota: conservarsi santi, con l'esercizio di tutte le virtù e un vivissimo spirito di fede. Preparazione prossima: cominciare il preparamento fin dalla sera precedente; poi, al mattino prima di celebrare, inginocchiarsi e raccogliersi almeno qual che minuto.

Durante la santa Messa pensare a ciò che si dice e a ciò che si fa; procurare di fare bene ogni cosa e a suo tempo; per esempio non incominciare prima che l'inserviente abbia terminata la sua parte. Si può mancare involontariamente nelle cerimonie, ma per lo più ciò avviene perché non si sono imparate bene, e si é colpevoli in causa.

Se ogni cosa vuol essere fatta sul serio, quanto più la celebrazione della Messa! S. Francesco di Sales, ordinato Sacerdote, si astenne per tre giorni dal celebrare onde prepararsi a dovere (692).

Dico sempre ai novelli Sacerdoti: " La direte ogni giorno, eccetto che dobbiate precipitarla ". Chi Messa precipita, nell'inferno precipita. Dopo Messa, non guardare l'orologio per vedere se uno se l'é sbrigata. Vergogna! Misurare il tempo al Signore! Se uno vuole guardi se é stato troppo breve, se ha mangiato le parole, se ha mescolato le cose. La Messa é per rimettere i peccati e non per gravare la coscienza di nuove colpe.

S. Filippo, celebrando nel suo oratorio privato, si faceva chiudere e se la godeva con Nostro Signore, anche per parecchie ore (693). Lui era solo; ma anche quando la si dice in pubblico, non bisogna strapazzarla. Io ho tratto tanti pensieri da un opuscolo di S. Alfonso: La Messa strapazzata, e li ho ridotti a trenta meditazioncelle: una per ogni giorno del mese. Ne leggo una tutte le mattine e trovo che aiuta nel preparamento alla Messa.

Alla Messa bisogna poi far seguire un conveniente ringraziamentí. Il Card. Agostino Richelmy, sempre che predicava gli esercizi spirituali al Clero, ricordava loro la sentenza di S. Giuseppe Cafasso a questo riguardo: che chi abitualmente lascia il ringraziamento alla Messa, non può essere assolto. È come chi ricevesse un amico per ospite e poi se ne andasse pei fatti suoi. Sapete il fatto di S. Filippo: avendo visto che un tale non aveva fatto il ringraziamento alla Comunione, gli mandò dietro due chierici con la torcia accesa, che gli si posero di fianco e l'accompagnarono. Quel tale capì la lezione e d'allora in poi non trascurò più il ringraziamento.

Soprattutto ricordare e praticare ciò che dice l'Imitazione: che il Sacerdote, celebrando la Messa, deve offrire se stesso in oblazione pura e santa, con tutte le forze e con il massimo fervore (694). Beato chi fa ogni giorno così! Ecco perché vi ripeto sempre di essere olocausti! Sì, siate olocausti!

Portiamo grande divozione sempre che ci accostiamo all'altare. Il Card. Bona esorta a celebrare ogni Messa come se fosse l'ultima e si dovesse morire subito dopo (695). S. Alfonso racconta di un Sacerdote che al Judica me Deus del principio della Messa, cadde morto (696).

Dopo tanti anni di Messa (*), sono contento; ho nessun rimorso di averla detta male; e ciò non dico per superbia, ché questa sarebbe una santa superbia. Le cerimonie le ho sempre fatte bene. E ciò consola. Ho tante miserie, ma la Messa ho sempre procurato di dirla bene. Impiegavo 27 minuti e adesso ne impiego 28-30. Nelle genuflessioni, nonostante l'età, cerco di andare fino a terra.

(*) Era nel settembre 1923 in occasione del suo giubileo sacerdolale.

Per altra parte, bisogna evitare gli scrupoli e le lungaggini. Ho assistito alla Messa di un bravo sacerdote che la diceva senza energia, perdeva tempo. Bisognava scuoterlo. Molti perdono tempo e non si accorgono che lo perdono senza motivo.

SERVIRE E ASCOLTARE LA MESSA - Dovete essere avidi di servire quante più Messe é possibile. S. Giuseppe Cafasso, dopo aver celebrato, ne ascoltava sempre un'altra e possibilmente la serviva. Anche S. Tommaso ne serviva sempre una dopo la sua. Il miglior ringraziamento é servirne un'altra; né si perde tempo nel fare ciò, mentre poi il Signore ci benedice in tutto il resto. I nostri Coadiutori devono ritenersi ben fortunati di poter servire tante Messe. Procurino di servirle bene, con fede, con gravità e anche con un certo decoro esterno.

Dobbiamo inoltre essere desiderosi di ascoltare quante più Messe possiamo. Tutto quello che abbiam detto del sacerdote che celebra si può pur dire dei fedeli che assistono alla Messa, perché il sacerdote intende sempre di celebrare anche per tutti i presenti. Il P. Bruno, quando era invitato a S. Ignazio per gli esercizi spirituali, veniva volentieri per aver occasione di ascoltare tante Messe. Si metteva sul coretto e di là sentiva le diciotto Messe che si celebravano contemporaneamente; alle volte le ascoltava tutte ottanta (697).

S. Giuseppe Cottolengo, quando qualcuno veniva a riscuotere denari, lo mandava prima ad assistere una Messa. Il P. Berti, fondatore della chiesa dell'Addolorata, tutti i giorni dell'anno veniva in Duomo ad assistere alla Messa cantata, poi saliva alla cappella della S. Sindone e là se v'erano delle Messe, le ascoltava. I Santi capiscono che cosa vuol dire ascoltare una Messa di più!... Alla Consolata, facendo il ringraziamento alla mia Messa, qualche volta andavo sui coretti; adesso i Convittori sono pochi; ma quando erano molti, sino ad ottanta, era un piacere!

Questa é la divozione delle divozioni. Supponete che I Nostro Signore avesse concesso solo al Papa la facoltà di celebrare la Messa, e di celebrarne una sola: tutto il mondo correrebbe a sentirla! E perché non corriamo noi a sentirla, mentre se ne dicono tante? L'essere molte, non ne diminuisce l'importanza. Ammiriamo ed eccitiamoci a comprendere il grande Mistero che vi si celebra.

Mons. Gastaldi nelle visite pastorali, non ometteva mai la predica sulla Messa per eccitare i fedeli ad assistervi volentieri e con divozione. La mia buona mamma mi domandava: " Sei andato a Messa? " - a Sì, sono andato ", - " Ma non sei andato alla Messa parrocchiale! ". Questo é il vero sensus Christi!

Il Conte Balbo, ottimo cristiano, lasciò per testamento un appello a tutti per la santa Messa; appello che fu stampato in opuscoletto. Raccontava che quando viveva suo papà, se uno della famiglia non si trovava per tempo al Judica me Deus della Messa, non faceva più colazione; e che lui stesso essendo giunto in chiesa che il sacerdote era già ai piedi dell'altare, non volle più fare colazione, nonostante le insistenze della sorella. Uomini di una volta!

S. Alfonso dice: " Molti fanno lunghi viaggi, corrono a visitare questo o quel santuario; per me, il santuario dei santuari é il Tabernacolo! " (698). Egli parlava della Visita al SS. Sacramento; ma la stessa cosa e a maggior diritto possiamo dire della Messa. Quando abbisogniamo di grazie straordinarie, chiediamole durante la Messa, perché allora é Nostro Signore che chiede per noi. Sono innumerevoli gli esempi di grazie ottenute per aver assistito bene alla santa Messa.

Prendete tanta divozione alla Messa; sia veramente la prima delle nostre divozioni. Se abbiamo fede, non la troviamo mai lunga; chi la trova lunga, non ha divozione. La preghiera della Messa comprende tutte le preghiere private. In queste siamo noi che preghiamo; nella Messa é Gesù con noi. Son poche le comunità che possono aver tante Messe quante ne avete voi. Vorrei proprio che faceste stima della Messa, che vi deste la massima importanza. Si dice che non sarà un buon confessore, chi non fu buon penitente; e io dico che non sarà mai un buon Celebrante, chi non é stato un buon assistente alla Messa.

COME ASSISTERE ALLA MESSA - Come assistere alla Messa? Qualunque preghiera aiuta, ma é molto meglio pensare alla Passione di Nostro Signore, perché come abbiamo detto, la Messa é la rinnovazione reale del Sacrificio della Croce.

Uno dei metodi, approvato e indulgenziato dalla Chiesa, é quello di S. Leonardo da Porto Maurizio (699). Esso consiste nell'unirci ai quattro fini per cui la Messa viene celebrata. Anch'io faccio così.

Mentre il celebrante dice il Confiteor, si fa un breve esame di coscienza, e intanto si chiede la grazia di assisterla con frutto.

Da quando il sacerdote ascende all'altare fino al Vangelo, I'anima fa suo il primo fine del Divin Sacrificio: lodare il Signore. Bisogna lasciar parlare il cuore; chi ha cuore, non ha bisogno di parole.

Dal Vangelo fino alla Consacrazione, il secondo fine: chiedere perdono dei peccati. Mettiamo tutte le nostre miserie nel calice. Chiediamo al Signore misericordia, non solo per non andare nell'inferno, ma neppure in purgatorio. Offriamoci a Lui.

Dalla Consacrazione alla Comunione il terzo fine: ringraziare il Signore delle grazie, sia particolari che generali, di quelle fatte a noi e di quelle fatte alla comunità. Come posso ringraziare? Calicem salutaris accipiam (700). Offro a Voi, mio Dio, questo calice e il vostro Sangue ringrazi per me. Giunti alla Comunione, la si fa sacramentale o spirituale.

Dopo la Comunione, il quarto fine: chiedere grazie. Chiediamo con fiducia, senza tema di chiedere troppo.

Anche facendo qualche preghiera speciale si può seguire questo metodo, indirizzando l'intenzione ad ogni punto. E tanto semplice! Questo é uno dei migliori mezzi per sentir bene la Messa e per farcela trovar corta. Però, prima d'incominciare, ravvivare la fede; aver fede viva, carità ardente, proprio come se fossimo sul Calvario.

Altro metodo confacente ai chierici sarebbe di accompagnare le preghiere del sacerdote. Queste preghiere sono le più adatte a farci partecipare alla santa azione del sacerdote. Sono preghiere della Chiesa, ispirate dallo Spirito Santo. Perciò i chierici, massime quelli già vicini alle sacre Ordinazioni, faranno bene a studiarle e a comprenderne i diversi sensi: letterale, mistico e storico. Parlo delle preghiere e dei riti che le accompagnano.

Ottima cosa é pure mettere l'intenzione di sentire tutte le Messe che si celebrano nel mondo. Quante Messe possiamo assistere spiritualmente! Non vi é proprio il merito come se fossimo presenti, tuttavia ce n'é.

IMITARE LA VITTIMA DIVINA - Vi suggerisco ancora tre brevi pensieri, che vi aiuteranno a ben celebrare la S. Messa o ad assistervi con devozione e frutto. Essi riguardano le virtù che maggiormente spiccano nella Vittima Divina e che noi dobbiamo imitare.

La prima é l'obbedienza. Nostro Signore, nell'istituire il Divin Sacrificio, volle darci una grande prova di obbedienza. Non gli bastò, infatti, operare il grande miracolo di cambiare il pane nel suo Corpo e il vino nel suo Sangue, ma volle in più conferire al sacerdote l'autorità di comandare a Lui stesso. Fate questo in mia commemorazione (679). È un ordine; e in forza di quest'ordine, il sacerdote ha autorità di far discendere e di immolare Nostro Signore sotto le specie del pane e del vino. E Gesù non si rifiuta mai. Fosse anche un sacerdote sacrilego, é lo stesso. Fosse pure scomunicato dal Papa, é lo stesso. Gesù s'é obbligato ad obbedire alla voce anche di questi sacerdoti E così tutti i giorni, in tutte le parti della terra, fino alla fine dei secoli! Supponiamo che un sacerdote volesse consacrare tante volte in uno stesso giorno (cosa che non deve fare), ebbene Gesù discenderebbe altrettante volte sull'altare sotto le specie del pane e del vino! Prendiamo tutti questa prima lezione: obbedienza cieca, senza badare alle qualità di chi comanda o al modo di comandare.

La seconda virtù della Vittima Divina é lo spirito di sacrificio. Nella Messa si ripete sempre il Sacrificio della Croce, tale e quale. È un sacrificio incruento; ma vero sacrificio rappresentato dalla separazione del Corpo e del Sangue. Gesù si sacrifica tutto intero. Ogni volta pertanto che assistiamo alla Messa, pensiamo all'offerta che Gesù fa di Se stesso e domandiamogli la grazia di sacrificarci con Lui in tutto.

La terza virtù é l'amore. La Comunione é parte della santa Messa. Il celebrante si comunica sempre nella Messa, e senza questa Comunione il Sacrificio non sarebbe completo. E voi che vi comunicate infra Missam, ringraziate il Signore, perché prendete parte più intima al Sacrificio stesso. Non é necessario questo, ma in questo modo uno si unisce di più.

Voglio farvi osservare l'amore immenso che Nostro Signore ha verso di noi. Il cibo si converte nella sostanza di chi lo mangia, e Gesù ha detto: Chi mangia me, vive per me (701). Non ci ha dimostrato il suo amore solo col darci un regalo, ma con darci tutto se stesso. Essendo infinitamente sapiente, non saprebbe darci di più; essendo infinitamente potente, non potrebbe darci di più. L'amore di Nostro Signore é l'amore di un Dio, che non sapendo più che fare per noi, si immedesima in noi!... E noi come corrispondiamo a tanto suo amore? Dopo la Comunione Gesù ci dice: " Io mi son dato tutto a te e tu datti tutto a me! ". Così dobbiamo fare: darci a Lui senza riserva, in corrispondenza di amore.

Ritenete questi tre pensieri. Han fatto del bene a me e possono farlo anche a voi; i frutti che da essi ho ricavato io, ricavateli anche voi.

Il Divino Ufficio

ECCELLENZA - Dopo la S. Messa, I'orazione più eccellente é il Divino Ufficio, che da S. Benedetto vien definito: Opus Dei (702). Da S. Bonaventura vien detto: " Un'imitazione del concerto celeste " (703). Come in Cielo gli Angeli e i Beati danno a Dio una lode incessante, così la Chiesa innalza a Dio, attraverso il Breviario, la laus perennis. Questo pensiero é assai bene espresso nell'Inno per la festa della Dedicazione delle chiese: " Nella celeste dimora - sempre risuona la lode - e con canto incessante - vien esaltato Dio Uno e Trino. - Noi nella lode ad essi ci uniamo - emuli dell'alma Sionne ".

Il Breviario é la preghiera pubblica della Chiesa. Esso esiste ab immemorabili; anzi, quanto ai Salmi, era già in vigore presso il giudaismo. Il IV Concilio Lateranense ne fece obbligo per i Sacerdoti, per i Beneficiati e per i Religiosi. Più tardi varie Congregazioni Religiose adottarono l'Ufficio della B. V. Maria, e così le confraternite dei secolari.

Il nostro Istituto ha la fortuna di avere già molti sacerdoti e chierici in Sacris, che recitano ogni giorno il grande Ufficio. Quante grazie attirano sulle nostre Missioni!... Tutti poi, anche gli studenti, cantano Vespri e così prendono parte alla preghiera pubblica della Chiesa. La pratica del canto dei Vespri, in tutte le domeniche, é sommamente lodevole. Non bisogna crederla cosa inutile, e che sia meglio sostituirla con altre preghiere. No, tale preghiera, anche se non ben compresa, attira le benedizioni di Dio.

S. Agostino a Milano si sentì attirato alla fede dal canto dei Salmi (704). S. Francesco di Sales aveva tanta stima del Divino Ufficio, che già sapeva recitarlo molto tempo prima che ricevesse gli Ordini. Studente a Padova, nei giorni festivi andava a recitarlo coi Teatini e nei viaggi lo recitava col suo precettore (705). S'era fatto una legge di recitarlo possibilmente in chiesa, stando in ginocchio o in piedi.

Ricordo che, essendo io chierico e poi sacerdote, e trovandomi in vacanza a Passerano, andavo a recitare il Breviario in chiesa con il cappellano della Contessa Radicati. Questa santa donna, sorella dell'Abate Faa' di Bruno, cieca, si metteva nel banco dietro a noi per udire la nostra recita e l'accompagnava con divozione. E così tanti altri secolari.

Non bisogna dunque credere che, solo perché non lo si capisce, sia meglio recitare altre preghiere. Anche le Suore non capiscono tutto, e gli stessi Sacerdoti qualche parola non la capiscono. Basta l'intenzione di pregare secondo lo spirito dei Salmi, in unione con la Chiesa. L'essenziale é che lo stimiamo.

È cosa lodevole prepararsi per tempo alla recita del Breviario, cioè fin da chierici, con lo studio delle relative rubriche, per non giungere al Suddiaconato impreparati.

Il Breviario poi non riguardatelo come un peso; é un sollievo per noi, una consolazione. Dopo la Messa c'é subito il Breviario come obbligo di Religione, ma é un giogo soave.

COME RECITARLO - Nella recita dell'Ufficio bisogna far propri i sentimenti espressi in ciò che si legge. Per esempio quando voi recitate i Salmi, ricordatevi di quello che dice S. Agostino: Se il Salmo geme, gemete; se prega, pregate; se gode, godete; se spera, sperate, se teme, temete (706). Bisognerebbe avere delle giornate intiere per poterli gustare bene. Tuttavia bisogna che facciamo quello che possiamo: dare almeno qualche beccata qua e là. Deus, Deus meus, ad te de luce vigilo: O mio Dio, fin dal primo spuntar del giorno la mia mente si rivolge a Te!.. . E poi: Sitivit in te anima mea! Dicendo queste parole, date uno sguardo al Tabernacolo, fate una Comunione spirituale e dite: " Non solo ho avuto sete, ma anche adesso ho sete, sete di Te!... ". Poi ancora: Quam multipliciter tibi caro mea! (707). La mia carne ha tanti, tanti bisogni; e essa che mi fa fare tanti peccati!... Qui si può chiedere anche un po' di salute, di ingegno. A questo modo non si trova lungo il Breviario.

Vedete come son belle le parole della Chiesa! Anzi, queste sono dello Spirito Santo. Anche voi che non sapete il latino, desidero che poco per volta riusciate a comprendere quello che dite nell'Ufficio. Mi ricordo che da chierico avevo fatto il proposito di leggere tutti i Salmi durante le vacanze. Non dico di averlo sempre mantenuto integralmente, ma l'avevo fatto; e ho sempre trovato che c'é da imparare. Quando uno si avvicina alle Sacre Ordinazioni, dovrebbe far passare tutti i Salmi per ben comprenderli.

Inoltre l'Ufficio divino si deve recitare digne, attente ac devote (708).

1 - Digne: internamente ed esternamente. Internamente: col cuore mondo da peccati; fare un atto di contrizione prima di recitarlo. Esternamente: osservando ciò che prescrive la Chiesa riguardo al tempo. I molti affari non devono, di regola, farci rimandare la recita del Breviario. Detto a tempo, é un dolce peso. I santi preti danno al Breviario il tempo più bello. Riguardo poi al luogo: se possibile, dirlo in chiesa che é la casa della preghiera. Voi dovete stimarvi fortunati delle varie volte che l'orario vi chiama in chiesa per l'Ufficio; avete così occasione di fare più frequenti visite a Gesù Sacramentato. Quando non é possibile dirlo in chiesa, scegliere un luogo fuori dei disturbi che ci alienano dalla preghiera. Dovendo per necessità recitarlo in pubblico, procurare d'internarci nel nostro cuore. Inoltre recitarlo con compostezza e decenza pensando che siamo alla presenza di Dio e per lodarlo.

2 - Attente. Attenzione materiale (alle parole), attenzione formale (al senso), attenzione finale (a Dio) La prima é necessaria per non omettere sillaba; la seconda non si può sempre avere da tutti, sia per le distrazioni, che per mancanza di istruzione, come é per le monache; la terza é più facile da osservarsi.

3 - Devote. La divozione ci sarà, se avremo le dette attenzioni e se ci sforzeremo di pregare abitualmente con gioia ed energia.

Ci aiuteranno le diverse speciali intenzioni da proporci, l'applicare ogni Ora a qualche punto della Passione di Nostro Signore; o le intenzioni di S. Giuseppe Cafasso, che sono così convenienti alle singole parti dell'ufficio. Passiamole brevemente in rassegna.

Naturalmente, dicendosi l'Ufficio a nome della Chiesa, la parte principale, il Mattutino, dev'essere per la Chiesa e i suoi speciali bisogni; noi possiamo aggiungere gli speciali bisogni delle nostre Missioni.

Le Lodi: per la conversione di qualche peccatore, perché in tale preghiera son tutti invitati a prendere parte nella lode a Dio, tranne i peccatori. Con la nostra intenzione, ottenendo almeno la conversione di un peccatore, facciamo entrare anche lui nel generale concerto di lode al Signore. E noi aggiungiamo anche qualche infedele o una particolare Stazione di Missione.

Dopo che per i peccatori, la nostra preghiera deve essere per le anime del Purgatorio. A Prima, dove si legge il martirologio, come va bene aumentare il numero dei Santi con mandare un'anima in Cielo!

Terza é dedicata allo Spirito Santo, che in tale ora discese sugli Apostoli. E che dobbiamo chiedere allo Spirito Santo, se non il buon spirito in tutte le nostre azioni?

Sesta é per ottenere una profonda umiltà: la virtù più necessaria, come fondamentale della nostra santificazione. I Salmi ce ne parlano con i sentimenti che esprimono e anche con le parole.

Dopo l'umiltà, la virtù che ci é più necessaria é la castità; quindi, a Nona, S. Giuseppe Cafasso ci invita a chiedere questa virtù; anche perché nel pomeriggio,| durante la digestione, siamo più tentati contro la purezza.

Il Vespro ci ricorda la morte di Nostro Signore et ci offre l'occasione di chiedere una santa morte, che é la grazia della perseveranza finale. Sant'Alfonso la chiedeva in ogni sua preghiera.

A Compieta chiediamo il condono del Purgatorio, per poter subito, a compimento di una santa morte, andare in Paradiso: grazia singolare che non apprezzeremo che nell'altra vita.

EVITARE GLI SCRUPOLI - Se desidero che nella recita del Breviario mettiate tutta la diligenza possibile, non per questo vi voglio scrupolosi. Il Teol. Guala, fondatore del Convitto Ecclesiastico, quando un Convittore era un po' scrupoloso nella recita del Divino Ufficio, lo conduceva in piazza Madama e lo faceva girare recitando con lui il Breviario. Era una medicina sui generis. Voi tenete le seguenti norme:

1- Non farsi scrupolo specialmente riguardo all'intenzione. Perché hai preso in mano il Breviario, se non per recitarlo?

2 - Non é necessario arrotondare le parole. Dir tutto bene, ma tranquillamente, come si direbbe una preghiera di libera elezione.

3 - Soprattutto non ripetere mai nulla.

4 - Quando si avesse a troncare un Salmo a metà mettere un segno e poi ripigliare dal punto lasciato Si può dire che tutti i Salmi sono rotti ed hanno senso compiuto ad ogni versetto. E poi con il Signore, non a bisogno di ricominciare un Salmo, solo perché l'abbiamo interrotto; Egli sa bene dove siam rimasti!

5 - Non turbarsi per le distrazioni, purché non siano volontarie.

6- Se anche avvenisse di trovarci alla fine di un Salmo e dubitare di averlo recitato, perché sorpresi dalle distrazioni, se non siamo proprio certi di averlo omesso, continuare tranquilli ché l'abbiamo recitato.

Concludo con le parole di S. Giuseppe da Copertino ad un Vescovo che l'aveva interrogato sul come procurare il benessere del proprio gregge: " Fate che i vostri sacerdoti dicano bene la messa ed il Breviario, e la vostra Diocesi sarà riformata e prospererà " (709). Oh, sì, dopo la Messa, il Breviario dev'essere la nostra principale occupazione, come sarà la nostra occupazione per tutta l'eternità il lodare il buon Dio!

Il canto sacro

Il Codice di Diritto Canonico con il can. 1365, parlando della formazione scientifica dei chierici prescrive che il corso quadriennale Teologico, oltre la Teologia Dogmatica e Morale, sia integrato con lo studio della S. Scrittura, Storia Ecclesiastica, Diritto Canonico, Liturgia, sacra eloquenza e canto ecclesiastico. Da questo Canone si deducono logicamente due conseguenze: a) Che lo studio del canto ecclesiastico é necessario come quello delle altre materie sacre. b) Che, a pubblica ed ufficiale sanzione pel profitto, si deve dare l'esame per passare ai corsi superiori e ciò nella stessa forma, solennità e serietà giustamente richiesta per le altre materie. Così si otterrà che i chierici, secondo l'attitudine individuale, siano preparati all'esecuzione dignitosa delle funzioni ecclesiastiche.

Il Bollettino Ceciliano (31-12-1917) raccontava il fatto seguente: Pio X, quand'era ancora Patriarca di Venezia, sempre che poteva, assisteva agli esami di canto prescritti ai suoi chierici, e qualche volta faceva da esaminatore. Una volta un candidato non ottenne la promozione per difetto di studio, e il Patriarca si rifiutò di ammetterlo alla sacra Ordinazione, finché non fosse convenientemente istruito. Anche S. Carlo Borromeo con i Vescovi Milanesi, nel IV Concilio Provinciale, ne prescrisse l'esame. È noto, inoltre, I'affetto al canto fermo del Papa S. Gregorio, da cui il canto fermo prese il nome. S. Agostino afferma di aver tante volte pianto all'udire i canti e gli inni della Chiesa: Quantum flevi in hymnis et canticis! (710).

Qual é per noi la conclusione?

a) Impegno di tutti, anche in chi ha poco orecchio o sta cambiando voce. Si supplisca a tale difetto coll'esercizio. Ai miei tempi in seminario v'era una scuola speciale per costoro, a cui tutti dovevano intervenire. Se qualcuno di voi é stonato, non deve per questo scoraggiarsi; a forza di udire gli altri, si piglia poi anche facilità. Io non sono cantore, e finiscono per dirmi che canto bene.

b) Preferire il canto fermo, vero canto della Chiesa. Quanto alla musica sacra, approvata dal regolamento della Chiesa, attenersi a cose semplici e comuni, ripetendole, perché tutti le imparino per le Missioni, dove anche in pochi canteranno.

c) Il Concilio Tridentino dice di cantare: reverenter, distincte et devote.

Raccomandatevi a S. Gregorio Magno; pregatelo che vi dia amore e desiderio del canto, specialmente del canto Gregoriano, e anche della musica e del suono per chi deve suonare.

Le sacre cerimonie

Vi confesso un mio debole, di cui però mi glorio in Domino, ed é per le sacre cerimonie. Compenetrato della loro importanza, per le esortazioni del Can. Soldati (*),

{(*) Nei suoi anni di Seminano (1866-1873) L'Allamano ebbe come Direttore Spirituale il Can. Giuseppe Soldati il quale fu in seguito anche Rettore (1875-1884). Dopo le tristi vicende del 1848, che portarono alla chiusura del Seminario Metropolitano di Torino fino al 1863, il Can. Soldati gli diede nuova vita facendon rifiorire un vigoroso spirito sacerdotale.}

le insegnai io pure come Direttore in seminario e poi nel Convitto Ecclesiastico. Apertosi l'Istituto, mi scelsi tale assunto, ma con pena non potei fare che poche scuole; fu però mia cura di parlarvene sovente, per inculcarvene la somma importanza.

Due sono i fini delle sacre cerimonie: l'onore di Dio e l'edificazione del prossimo.

1 - L'ONORE DI DIO. Le cerimonie ben fatte danno onore a Dio, il quale scelse le chiese per sua dimora; e come in Cielo é circondato e servito da miriadi di Angeli, così qui in terra vuol essere servito dai suoi ministri. Vedete come anche i sovrani di questo mondo sono circondati e serviti da ministri e cortigiani! E così pure i signori, da tanti servi. Quanto maggior onore é dovuto a Gesù Sacramentato, che é il Re dei re!

Nell'antico Testamento Dio stesso prescrisse le sacre cerimonie e le insegnò a Mosè e ad Aronne. Quante minuzie nelle prescrizioni di tali cerimonie! Eppure quante promesse a quelli che le osserveranno bene! E quante volte Dio unisce assieme i precetti e le cerimonie, ed anche minaccia coloro che non le fanno bene! Quanti esempi di persone punite, per non aver eseguito una cerimonia anche piccola!

Che dire del Nuovo Testamento, dove non abbiamo più solo la figura, ma il Signore vivo come é nei Cieli? Molte cerimonie sono di tradizione apostolica. S. Paolo scriveva a quei di Corinto: Le altre cose poi (riguardanti) L'Eucarestia e il culto Eucaristico) regolerò alla mia venuta (711).

La Chiesa, assistita dallo Spirito Santo, diede sempre molta importanza alle sacre cerimonie. Il Concilio di Trento dice: " La Chiesa ha sempre usato le sacre cerimonie per onorare la maestà di un tanto Sacrificio e affinché le menti dei fedeli, per questi segni visibili di religione, siano innalzate alla contemplazione degli altissimi Misteri nascosti in questo Sacrificio " (712). A tal fine é stata istituita a Roma la S. Congregazione dei Riti. Si radunano Cardinali e Consultori per una cerimonia!

Quante grazie il Signore dà a coloro che eseguiscono bene le sacre cerimonie! Sono certo che il Can. Soldati ha in cielo una gloria speciale, a premio del suo zelo per le sacre cerimonie. Per contro, quelli che non le osservano giungono fino all'indurimento del cuore; che se ora Dio non punisce più i trasgressori con morte improvvisa, punisce spiritualmente. Non castiga esteriormente, ma si riserva di farlo nella vita futura.

2 - L EDIFICAZIONE DEL PROSSIMO - I fedeli, nelle cose di religione, osservano noi come ci comportiamo. Se non ci comportiamo con fede, essi non assurgono alle cose celesti. Guai a noi, se con il nostro contegno e con far male le cerimonie, li ritraiamo dal culto di Dio! Il peccato dei figli di Heli fu punito, appunto perché distoglievano la gente dal far sacrifici Al Signore (713).

Le cerimonie ben fatte hanno operato delle conversioni; mentre, se mal fatte, le impediscono. Si narra di un protestante che, deciso di convertirsi, entrò in una chiesa di Roma ed assistette alla Messa, celebrata dal sacerdote con poca edificazione. Raggiuntolo poi in sacrestia, gli domandò se realmente credeva alla presenza reale di Nostro Signore, e concluse: a Se lei crede e intanto celebra così male, io non posso credere! ". E restò protestante. State certi: la gente conosce quei preti che strapazzano le cerimonie. Talora vengono in sacrestia e dicono: " Faccio dire una Messa, ma non la voglio da quel tal prete! ". La Messa é sempre Messa ma il sacerdote qualcosa aggiunge; se é un sacerdote santo, é molto meglio.

IL NOSTRO DOVERE - Qual'é dunque il nostro dovere? Il primo é lo studio assiduo delle sacre cerimonie, sia in sé, sia in ciò che significano. La scuola di sacre cerimonie é di massima importanza. Desidero che continuiate in questo studio con amore, perché voglio che le impariate bene, per poi eseguirle alla perfezione. Ogni tanto ripassare le cerimonie della Messa e, in tempo degli Esercizi, farsi assistere da qualcuno e correggersi a vicenda.

Chi ignora le cerimonie, ne lascia di quelle prescritte, ma ne fa sempre il doppio di quelle che andrebbero fatte. Tante volte vedo dei sacerdoti che, celebrando, alzano gli occhi, aggiungono, fanno cerimonie in più. E l'ignoranza delle cerimonie che porta a fare più del necessario. No, non si creda di perdere tempo, se ne dedichiamo un tantino a questo studio.

L'esecuzione sia precisa, con divozione esterna ed interna. Ci vuole gravità nel fare tutte le cerimonie Un giorno mi si riferì che un sacerdote, dicendo Messa nel voltarsi al Dominus vobiscum e specialmente all'Orate fratres, dava uno sguardo in giro, a tutti gli astanti, con scandalo dei medesimi. Glielo feci osservare e mi rispose che non se ne accorgeva. Bisogna essere compresi di quel che si fa, bisogna riflettere e pensare per eseguire le cerimonie il più perfettamente possibile.

I Santi vi davano grande importanza e dobbiamo darla anche noi, se vogliamo santificarci. S. Teresa diceva che per la minima cerimonia della Chiesa avrebbe dato la vita (714). Questa é fede! E non esagerava, se consideriamo la stima che il Signore ne fa. S. Francesco di Sales, durante le funzioni, non scacciava neppure le mosche dal capo, benché calvo (715). S. Giuseppe Cafasso riconosceva dal segno di croce se un sacerdote era di buon spirito.

Sì, date grande importanza alle sacre cerimonie, anche alle più minute. Ricordatevi che davanti a Dio non c'é nulla di piccolo; tutti i segni esteriori di nostra santa religione hanno la loro importanza. Accennerò in particolare a tre di essi: il segno di croce, la genuflessione e l'inchino.

Anzitutto il segno di croce. Un giorno dissi a un soldato: " Vieni un po' qua e fa il saluto come ve lo fanno fare in caserma ". Egli mi spiegò come, prima di tutto, fanno stare a un passo di distanza, sull'attenti, poi bisogna tener le dita unite, anche il pollice. " Bene, bene, - pensai - lo dirò ai miei giovani; se i militari esigono che per fare il saluto si tenga il pollice unito alle altre dita, non é troppo se il Rettore insiste sempre che si tengano unite le dita nel fare il segno di croce! ". Fa male vedere certi segni di croce di ecclesiastici!

Quando la Madonna comparve a S. Bernardetta a Lourdes, la prima cosa che le insegnò fu il segno di croce. La ragazza era una povera contadinella e forse lo faceva un po' alla buona; e la Madonna le insegnò a farlo bene. E notate: le insegnò proprio come vi insegno io, che é come dicono le rubriche: tener le dita unite. Se qualcuno le faceva osservazione al riguardo, rispondeva: " La Madonna le aveva proprio unite ". E lo faceva così bene, che la gente amava farglielo ripetere.

Aveva quindi ragione S. Giuseppe Cafasso a insegnare ai Convittori, che pure erano sacerdoti, a fare il segno di croce! E anch'io, quando vedo un Convittore che lo fa male, lo avverto subito. Dirà qualcuno: a Teste piccole! ". Ah, non é una testa piccola la Madonna e non credo di esserlo io a fare ciò che Ella faceva ciò che é tanto stimato in Paradiso!

Un sacerdote mi confidava l'impressione provate nel vedere i Missionari della Consolata entrare nella sua chiesa. Più di tutto l'aveva colpito il modo con cui facevano il segno di croce. E non é mica una testa piccola costui! I Santi avevano la testa grossa! Leggete la vita di S. Carlo Borromeo e vedrete quante minute prescrizioni dava al riguardo. Chi disprezza le cose piccole, disprezza anche le grandi.

State dunque attenti a non fare dei segni di croce che sono goffaggini. Non bisogna mai farli in fretta; piuttosto di farli malamente, é meglio non farli. Così pure far bene i segni di croce al Vangelo, che sono prescritti dalla Chiesa. La prima cosa che la Chiesa ci insegna a fare, é il segno di croce.

Ciò che ho detto del segno di croce, va ripetuto riguardo alla genuflessione. Mai farla in fretta, neppure quando si scopa in chiesa. Credete voi che si perda tempo a fare bene una genuflessione? Gesù dal tabernacolo effonde le sue grazie e benedizioni su chi fa bene la genuflessione davanti a Lui. Quindi mai aver fretta. Se anche c'é il fuoco da spegnere, ebbene si fa la genuflessione come va fatta e il fuoco aspetta.

Mi piace tanto il fatto di S. Alfonso che, all'età di 90 anni, si sforzava di farla fino a terra, benché poi non potesse più rialzarsi senza l'aiuto di due sacerdoti assistenti. E anch'io ho sempre procurato di farla bene. Alle volte, di ritorno da Roma, ero stanco, avevo le gambe irrigidite e non potevo farla; ma giù... mi sforzavo e la facevo fino a terra.

Anche gli inchini farli sempre bene. Vi sono tre sorta d'inchini: semplice, mediocre e profondo. Io attribuisco ad ogni inchino ben fatto una benedizione speciale.

LA SACRA EREDITA DEL PADRE - Tenete per segno di buon spirito delle Comunità, se le sacre cerimonie sono studiate ed eseguite bene; al contrario ritenete come I decadute o prossime a decadere le Comunità dove sacre cerimonie non sono tenute in pregio e non curate. La mancanza di amore alle sacre cerimonie, in una comunità Religiosa, va di pari passo col diminuire dello spirito. Questa é la storia di tutti i tempi.

Tutti i Fondatori di Case Religiose hanno dato importanza alle sacre cerimonie. Io sono certo che il Signore benedice quelle comunità e quegli individui, che hanno amore e stima delle sacre cerimonie: é un segno di buon spirito, perché il Signore ve lo conserva. Oh le benedizioni che attirano su una Congregazione le cerimonie ben eseguite!

Il nostro Istituto ha adesso per le sacre cerimonie l'amore che ebbero tutti gli Ordini nel loro primitivo fervore. Che gran piacere mi procurate con il farle bene! Lo conserverà l'Istituto questo affetto anche quando in Missione si incontreranno ostacoli per mancanza di chiese sontuose e di ricchi paramenti?

È mio desiderio che nel nostro Istituto le cerimonie si facciano poi sempre bene, che continui sempre l'impegno di studiarle, di capirle e di eseguirle. Voglio che in questo Istituto se ne faccia sempre gran caso e si dia importanza ad eseguirle bene.

L'esattezza nelle sacre cerimonie sia una caratteristica dei Missionari della Consolata. Ve lo voglio lasciare come mio speciale ricordo, e metterlo nel testamento: intendo lasciarvi in eredità la raccomandazione di far sempre molto bene i sacri riti.

È per eccitare in voi questo amore al sacro culto ed alle sacre cerimonie che ve ne parlo sovente, e che non lascio passare anno senza farvi questa raccomandazione. Volesse il Signore che le mie parole si stampassero bene nella vostra mente e nel vostro cuore! Potessi vedere sempre in vol questo impegno, in questa Cappella e nelle Missioni! Potessi poi dal Paradiso sempre, riconoscervi in ciò per miei cari figli!...

Non voglio propormi ad esempio; ma ringrazio il Signore che mi ha dato questo spirito, il gusto per le sacre cerimonie. E' una mia antica debolezza: per le sacre cerimonie ho sempre avuto un affetto particolare, un grande amore.

Debbo dirvelo? Per lo studio e la cura con cui sia in Seminario che in Convitto procurai di insegnare le sacre cerimonie, io mi aspetto misericordia al cospetto di Dio, che mi concederà il posto riservato in Paradiso a coloro che avranno procurato di onorare in terra Nostro Signore Gesù Cristo.

La Casa di Dio e i nostri doveri

CONSACRAZIONE DELLE CHIESE - Se ogni anno, il 12 novembre, entraste nel Santuario della Consolata, vedreste tutt'attorno dodici candele accese per tutto il giorno. Che significa ciò? È l'anniversario della consacrazione del Santuario avvenuta nel 1904. Il nostro Santuario, infatti, benché esistente da tanti secoli, non fu consacrato che in occasione delle feste centenarie del 1904, dopo i grandiosi restauri.

Questa festa era già solennissima ab antiquo. Sappiamo dalla S. Scrittura che, per la dedicazione del Tempio edificato da Salomone, si fece festa per sette giorni e sette notti consecutive. Il Signore, a dimostrare il proprio gradimento, avvolse tutto il Tempio con una nube, e il fuoco discese dal cielo a bruciare le vittime(716). Così, dopo la schiavitù di Babilonia, quando Zorobabele fece restaurare il Tempio, ne fecero anche la solenne dedicazione, celebrandone poi sempre 1'anniversario e l'ottava (717). Anche N. S. Gesù Cristo partecipava a questa festa, come apprendiamo dal Vangelo.

La Chiesa, ai tempi di Costantino, consacrò la Basilica del Salvatore, quella che oggi si chiama di S. Giovanni in Laterano. Fu consacrata dal Papa S. Silvestro. Vennero poi le altre Basiliche di S. Pietro, S. Paolo, ecc. La Chiesa ha sempre dato grande importanza alla consacrazione e alla benedizione dei Templi, e co sì dobbiamo darla noi. Al Santuario della Consolata, nel giorno anniversario della consacrazione, le dodici candele restano accese tutto il giorno; la gente non sa il perché e lo chiede ai sacrestani. Ho detto loro che spiegassero a tutti, come l'ho spiegato a voi. Queste cose fanno effetto e fanno del bene.

Quali sono i motivi di questa consacrazione? Secondo il Durando, sarebbero i seguenti: 1) Ut diabolus ab eis expellatur: perché il demonio ne sia scacciato. Questo luogo il Signore lo vuole per Sé; il demonio non ha più che farci, non deve nemmen più farvi capolino - 2) Ut ad eas confugientes salventur: affinché coloro che vi si rifugiano, siano salvi. Anticamente, quelli che erano cercati dalla giustizia per qualche delitto, se si rifugiavano in una chiesa, non potevano essere arrestati; lo stesso avveniva per le così dette a città di rifugio ". Questo era per difendere i colpevoli dalla ferocia degli inseguitori e dar tempo che si calmassero gli animi. È questo un diritto della Chiesa, come studierete, al quale essa non può rinunziare. Ora però il potere civile non bada più a queste cose. Tuttavia coloro che entrano in chiesa con la preghiera possono ottenere la grazia della conversione e quindi della salvezza eterna - 3) Ut ibi orationes exaudiantur: affinché ivi non solo si preghi, ma le preghiere siano più facilmente esaudite - 4) Ut ibi Sacramenta administrentur: perché vi siano amministrati i Sacramenti, quando si può. Così il Battesimo generalmente si conferisce in chiesa, come pure la Cresima, I'Eucaristia e, di regola, anche la Penitenza (718).

CASA DI DIO - Fermiamoci in particolare sulla parola più frequentemente usata: Domus Dei. In tutto il creato c'é Dio con la sua onnipresenza, perciò dovunque Egli dev'essere onorato. Tuttavia Egli ama scegliere alcuni luoghi in terra, nei quali vuol essere onorato in modo particolare, e sono le chiese.

Come già il Tempio di Gerusalemme, così ogni nostra chiesa, anche minima, é Domus Dei. Dalla Basilica di S. Pietro in Roma, alle Cattedrali consacrate fino alle misere cappelle delle nostre Missioni, in tutte abita il Signore come in proprio palazzo, circondato dagli Angeli. In antico Dio aveva in terra una sola casa, il Tempio di Gerusalemme. Nel sancta sanctorum non vi erano che le Tavole della Legge, un po' di manna, ecc., eppure solo il Sommo Pontefice poteva entrarvi, e una sola volta all'anno, dopo molti preparativi.

Quale maggiore stima non dovrebbe aversi di ogni nostra chiesa, anche la più misera! Queste superano immensamente in dignità il Tempio di Gerusalemme, perché vi si celebra il Divin Sacrificio, e in molte di esse Nostro Signore abita personalmente in Corpo, Sangue, Anima e Divinità. Di esse veramente deve dirsi: Questo luogo é santo! (719).

Eppure quanta noncuranza, quante irriverenze nelle nostre chiese! Nostro Signore die' di mano ai flagelli, perché veniva profanato il Tempio. Che farebbe al presente nel vedere tanta profanazione nelle nostre chiese, e per cose non necessarie al sacrificio, ma estranee ed ingiuriose a Dio stesso? A noi spetta riparare per tanti infelici... Ma che dire se fossimo noi tra questi, e più colpevoli per la maggior conoscenza del rispetto dovuto al luogo santo e la speciale bontà di Dio nell'averci eletti a ministri della sua Casa?

IL DECORO DELLE CHIESE - Quali sono dunque i nostri doveri verso la Casa di Dio? Il primo é di procurare che la chiesa sia anche materialmente decorosa. La Casa di Dio dev'essere splendida; questo é un dovere del sacerdote.

Per i restauri del Santuario della Consolata si spese un bel milione (si era alla fine del secolo scorso)! Qualcuno diceva: " Uh, che spreco! Perché adoperare marmo così prezioso? Non si poteva fare con marmo finto? ". Ed io a rispondere: " Per Mostro Signore, per la Madonna, non é mai troppo, non si spreca mai! Volete rappresentare la parte di Giuda che diceva: Ad quid perditio haec? (720). Bisogna che il Santuario sia bello! ".

Un secolare una volta mi suggeriva: " Perché non mettere lampadine elettriche davanti al quadro della Consolata? Le candele gocciolano, invece le lampadine non sarebbero mai da cambiare; é più pulito, più semplice e costa meno... ". - " Ah, ci siamo: costa meno! Niente affatto! Finché ci sarò io, voglio che davanti al quadro della Madonna e sull'altare ci sia cera, e cera vera, e non si metterà mai né luce elettrica né altro. Quando poi non ci sarò più, ci penserete voi. E se venissero a mancare i soldi, farò una colletta. Costi quel che costi voglio la cera! ". Fa piacere quando davanti al quadro della Consolata si mettono quelle belle candele lunghe... Io vado poi a vederle dopo un po' di tempo e le trovo già consumate a metà. Così noi dobbiamo essere tutti come altrettante candele: consumarci davanti a Nostro Signore. O Signore, se il mio cuore si consumasse d'amore per Voi!

ORDINE E PULIZIA - È certo conveniente la sontuosità delle nostre chiese ed io, come ho detto, per il Santuario della Consolata, ho " sperperato " tutto. Ma ciò non si può fare dappertutto. Voi in Missione dovrete accontentarvi di quello che avrete. Ma allora bisogna supplire, sia con il decoro interno, cioè con un cuore puro e ardente, e sia con l'ordine e la pulizia. Ciò non costa.

Sentite l'elogio che S. Girolamo faceva del giovane sacerdote Nepoziano a lui carissimo: " Era sollecito che l'altare fosse pulito, le pareti spolverate, i pavimenti tersi, il sacrario mondo, i vasi splendenti, e in tutte le cerimonie era piamente sollecito che tutto fosse in ordine. Non trascurava il suo ufficio né nel piccolo, né nel grande. Sempre che lo si cercava, lo si trovava in chiesa " (721). Imitiamo questo santo sacerdote! Imitiamolo non nel fare cose grandi, ma in queste che sono pur veramente grandi per l'onore di Dio e tanto lodate dai Santi!

In Missione Nostro Signore si contenta di essere povero coi poveri; ma voi dovete avere la santa ambizione che chiunque entri in chiesa, resti ammirato per l'ordine e la pulizia. Solo due candele, ma ben diritte; e poi che non ci sia polvere sulla balaustra, su cui si possa scrivere: " Sbadato! ". Così pure raccogliere i pezzi di carta che si trovano per terra... È una gloria lo scopare in chiesa, anche per un prete, anche per un parroco!

Inoltre far attenzione che le tovaglie siano benlinde. Pulizia nei calici, nei corporali. Non mettere un corporale per ogni borsa e poi cambiarli tutti assieme; ne avviene che il corporale che si usa di più, é sempre sporco. A tutti i Sacerdoti che vengono al Santuario, si dà un amitto loro proprio anche se stessero solo pochi giorni. Poi, fossero anche usati una volta sola, si mettono da parte e si mandano alle Suore che li lavino e li stirino.

Si deve poter dire con verità: Ho amato il decoro della tua Casa (722). Se non possiamo dire: dilexi le ricchezze, lo splendore, almeno la pulizia e l'ordine. Del resto, vivendo di Provvidenza il Signore ci pensa. In Missione c'é sempre bisogno di pianete e il Signore provvede. Più aumentano le Stazioni, più la Provvidenza provvede a mandare. E poi laggiù, per fare una solennità, non c'é bisogno della banda musicale; basta che si faccia qualcosa: una pianeta un po' più bella, se c'é. Il Card. Massaia, quand'ebbe a consacrare Mons. De Jacobis, per pastorale usò una canna di bambù!

Dove si può, si fa; e dove non si può, ci si accontenta. Nella mia cappella privata uso sempre la stessa pianeta e lo stesso calice, che é quello già usato da S.Giuseppe Cafasso. Ne ho dei più belli, ma preferisco quello. Anche i candelieri sono d'argento: li regalò il Principe di Carignano. Il corporale pure é bello. Il calice e il corporale sono tutto!... Ho anche il calice che usava il Card. Alimonda, che poi passò nelle mani del Conte di Robilant, il quale lo lasciò a me, con preghiera di servirmene tutte le mattine. È d'oro massiccio, con mosaici finissimi. Non lo uso, perché ho quello del Santo che mi attira di più; ora però ho stabilito di usarlo in qualche festa. Anche il calice che il Santo usava per le feste é tutto d'argento. Il Santuario é ricco di argento: tutte le lampade in chiesa sono d'argento; ve ne sono due regalate dal Duca d'Aosta. Mi piace il bello tutti i giorni, ma voi in Missione siete poveri e dovete fare come potete. Povertà sì, ma ordine e pulizia.

Volendo sapere se in una comunità c'é spirito, andate a vedere la chiesa se é ben tenuta. Se ci sono le candele storte, se la tovaglia é per traverso, ecc. é segno che in quella Casa non c'é spirito. Felici voi, se acquisterete questo spirito dell'onore di Dio e zelerete la sua gloria! Allora in Missione, nelle misere cappelle, terrete ordine e pulizia, e così sentirete in esse continuamente la presenza di Dio, e Dio sarà glorificato da voi!

RISPETTO E DEVOZIONE - Il secondo dovere verso la Casa di Dio é il pregare con divozione, come dice la Secreta della Messa della Dedicazione delle chiese: Ut plena et perfecta corporis et animae devotione placeamus. Pregare in modo da poter piacere a Dio con piena e perfetta divozione di corpo e di anima. Questo é uno dei nostri doveri verso la chiesa: divozione interna ed esterna, divozione piena e perfetta. Quindi stare sempre ben composti, non muoversi di qua e di là nelle funzioni, soprattutto non parlare. Quando per necessità lo si deve fare, si parli a bassa voce. Il Bollettino dei Sacerdoti Adoratori del 1912 scrive che ci vorrebbe anche un galateo ecclesiastico, per insegnarci il modo di stare e operare in chiesa. Quanto si manca in ciò dai cristiani e anche dai sacerdoti!... Come fa pena veder entrare nelle nostre chiese tanti, che senza riflettere alla santità del luogo, senza cercare per prima cosa il SS. Sacramento, girano curiosi qua e là, senza un pensiero per Gesù!

Il terzo dovere verso la Casa di Dio é di andarvi con affetto, con amore; desiderare di andarvi sovente e, quando ci siamo, starvi volentieri, ripetere le parole del Salmista: Quanto sono amabili i tuoi Tabernacoli, o Signore!... Anela e si strugge l'anima mi a per gli atri del Signore! (91). Sì, provo piacere, provo gusto a stare presso il Tuo tabernacolo, o Signore! Anche all'ultimo posto, in atria, l'anima mia si liquefa d'amore!... Tali sentimenti del Salmista molto più convengono ai cristiani, per la presenza reale di Nostro Signore nelle nostre chiese.

Ecco i tre doveri principali che abbiamo verso le chiese: procurarne il decoro e la mondezza, avere una divozione piena e perfetta di anima e di corpo, venirvi volentieri e starvi con amore. E questo in tutte le chiese: in quelle dove si conserva il SS. Sacramento e anche in quelle dove c'é solo il Crocifisso... Fate tutti questo proposito: di avere e accrescere sempre più questa fede e questo amore per la Casa di Dio. Hic domus Dei est et porta coeli! (723). Questa é la Casa di Dio e la porta del Cielo, l'anticamera del Paradiso!

Il Missionario deve possedere in alto grado la fortezza, che è quella che lo renderà sempre vittorioso nelle lotte che vengono ad assalirlo e tenteranno di abbatterlo. Le malinconie sono cagionate dal demonio e, senza la fortezza d'animo che opponga una resistenza pronta, sarebbe facile lasciarsi impadronire da esse.

Il martirio deve avere dei preliminari, e per ottenerlo è necessario essere di prima classe. S. Giuseppe Cafasso diceva che per le mezze volontà non c'è pane.

giuseppeallamano.consolata.org